Ursula von der Leyen avrà bisogno anche dei Verdi
Per essere rieletta a presidente della Commissione Europea le serve un discreto numero di seggi, e allargare l'attuale maggioranza verso destra non sembra praticabile
Lo scrutinio delle elezioni europee è quasi del tutto concluso, e ormai da lunedì è chiaro che anche nella prossima legislatura il Parlamento Europeo continuerà ad essere controllato dalla maggioranza uscente, formata da Partito Popolare Europeo (PPE, di centrodestra), Socialisti (centrosinistra) e Renew (Liberali). I tre partiti insieme però avranno circa una ventina di seggi in meno rispetto alla legislatura uscente: sarà una questione rilevante sia per la stabilità della coalizione sia per il voto più importante che dovrà tenere il nuovo parlamento nella prima parte del suo mandato, cioè la nomina del presidente o della presidente della Commissione Europea, che si terrà a settembre.
Il PPE ha ottenuto il numero di seggi più alto e ha già indicato di voler proporre al Consiglio Europeo la nomina della presidente uscente, Ursula von der Leyen (il Consiglio Europeo è l’organo che comprende i 27 capi di stato e di governo, a cui a fine giugno spetterà formalmente l’incarico di indicare il candidato presidente della Commissione). Ad oggi però von der Leyen ha una maggioranza più ristretta rispetto a quando fu nominata nel 2019: e mentre fino ad alcuni mesi fa lei stessa lasciava intuire di volerla allargare verso destra, da lunedì si parla apertamente della possibilità che cerchi consensi più a sinistra, cioè nel gruppo europeo dei Verdi.
Secondo i calcoli possibili finora, al momento la maggioranza fra PPE, Socialisti e Liberali controllerà al Parlamento Europeo 400 seggi. A von der Leyen per farsi rieleggere ne bastano 361, cioè la metà dei seggi totali più uno. Diversi funzionari dei partiti europei contattati da Politico però si aspettano che almeno il 10 per cento dei parlamentari di questi tre gruppi voti contro von der Leyen, per ragioni personali o logiche nazionali (il voto per il presidente della Commissione è segreto). Nel 2019 in teoria von der Leyen poteva contare su almeno 440 seggi, e finì per essere eletta con uno scarto di soli 9 voti sulla maggioranza assoluta.
Molti danno per scontato che von der Leyen cercherà di allargare la sua maggioranza, e le direzioni possibili sembrano soltanto due: negoziare un accordo col gruppo di estrema destra ECR, che avrà 73 seggi, è guidato da Fratelli d’Italia ed è quello più vicino al PPE; oppure fare un accordo coi Verdi. La prima opzione sembra complicata. «Se è con ECR, è senza di noi», ha detto il segretario generale del Partito Socialista Europeo, Giacomo Filibeck, parlando della futura maggioranza. «Se l’allargamento della piattaforma va in una direzione che non è quella dei Verdi, non possiamo negoziare», ha aggiunto. Anche i Liberali hanno smentito di volere accordi strutturali con ECR.
Ad oggi un allargamento ai Verdi sembra insomma l’unica opzione percorribile. I Verdi possono contare su 53 seggi, e un loro appoggio farebbe molto comodo a von der Leyen. Al momento però le trattative sembrano molto complicate.
I Verdi escono infatti piuttosto ridimensionati da queste elezioni europee. Alle elezioni del 2019 avevano ottenuto circa 20 milioni di preferenze in tutta Europa e un numero mai così alto di europarlamentari, 74, anche grazie alla spinta delle proteste di migliaia di giovani europei ed europee che fra 2018 e 2019 manifestarono chiedendo ai propri governi misure più incisive contro il cambiamento climatico. Ora quella spinta sembra essersi un po’ esaurita, e secondo le proiezioni nel prossimo Parlamento i Verdi controlleranno solo 53 seggi.
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È andato molto male in particolare il partito nazionale che negli ultimi anni ha guidato il gruppo, cioè quello dei Verdi tedeschi, passati dal 20,53 per cento del 2019 all’11,9 per cento di queste elezioni (i loro seggi da 23 diventeranno 16). Anche i Verdi francesi passeranno da 12 seggi ad appena 5.
Nel 2019, quando erano al picco dei consensi, i Verdi europei scelsero di non votare per la nomina di von der Leyen a presidente della Commissione. Lo fecero soprattutto su spinta dei Verdi tedeschi, che per anni sono stati all’opposizione della CDU, il partito tedesco di von der Leyen. Con quella decisione scelsero di fatto di non entrare nella maggioranza che controlla i lavori del Parlamento.
Sembra difficile che una versione politicamente più debole di quel gruppo possa prendere una decisione diversa e sostenere von der Leyen. Anche perché negli ultimi mesi del suo mandato la presidente uscente ha cercato di contrastare le proteste degli agricoltori organizzate in tutta Europa smantellando alcuni pezzi del Green Deal, l’ambizioso piano per contrastare il cambiamento climatico che aveva promosso per i primi anni del suo mandato (con il sostegno dei Verdi, in Parlamento, su alcuni singoli voti).
Sembra comunque che le trattative siano già state avviate. Lunedì il giornalista Jack Parrock, che da diversi anni segue le istituzioni europee a Bruxelles, ha scritto che i funzionari politici dei partiti europei che compongono la maggioranza si sono già incontrati per discutere di una eventuale riconferma di von der Leyen come presidente della Commissione. Secondo Parrock all’incontro hanno partecipato anche i Verdi.
Sempre lunedì il segretario generale del PPE Thanasis Bakolas ha detto a Euronews che il suo partito «cercherà di formare una maggioranza al Parlamento Europeo con gli amici e alleati con cui abbiamo lavorato finora, cioè con i Socialisti, i Liberali e forse auspicabilmente anche con i Verdi».
Trovare un accordo non sarà semplice. Parlando con Politico uno dei leader del gruppo parlamentare dei Verdi, Bas Eickhout, ha confermato che i Verdi stanno valutando se appoggiare o meno von der Leyen. Eickhout però ha aggiunto che per ottenere il loro appoggio von der Leyen dovrà impegnarsi a non smantellare ulteriormente il Green Deal, e anzi a spingere gli agricoltori europei a ridurre le emissioni inquinanti.
È un punto su cui quasi sicuramente ci saranno lunghe trattative politiche. Negli ultimi mesi di campagna elettorale il PPE aveva cercato di venire incontro agli agricoltori europei e dopo il buon risultato alle elezioni ha fatto sapere che discuterà internamente se proporre di eliminare il divieto di vendere auto a diesel e benzina a partire dal 2035, un pezzo molto importante del Green Deal.