In Giappone dovranno essere sostituiti milioni di casse e distributori automatici

Perché incompatibili con le nuove banconote che saranno messe in circolazione a luglio: sono usati soprattutto nei ristoranti, ma cambiarli costa parecchio

(AP Photo/Aaron Favila)
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A partire dal 3 luglio in Giappone entreranno in circolazione delle nuove banconote da 10mila, 5mila e mille yen (rispettivamente circa 59, 29 e 6 euro). Si tratta di una pratica piuttosto frequente nel paese, dove più o meno ogni vent’anni la Nippon Ginkō, la banca centrale giapponese, immette delle nuove banconote come misura per scoraggiare le attività di contraffazione. Come già successo in passato, il cambiamento avrà conseguenze concrete sull’attività di molti esercizi commerciali: tra le altre cose, le nuove banconote non saranno accettate dalle casse e dai distributori automatici usati per velocizzare il lavoro soprattutto dai ristoranti e dai negozi che vendono ramen, che quindi dovranno essere sostituiti o eliminati.

Secondo la società di settore Nikkei Compass, gli apparecchi di questo tipo attualmente in funzione sono quasi 4 milioni. La prospettiva di doverli cambiare nel giro di pochi mesi preoccupa molti commercianti giapponesi, per cui queste macchine rappresentano uno strumento di lavoro fondamentale. Da un lato infatti consentono di smaltire più velocemente le centinaia di ordini che ricevono ogni giorno, dall’altro permettono un risparmio sui costi del lavoro: senza l’ausilio delle casse automatiche, dovrebbero infatti assumere molti più dipendenti.

Ne hanno scritto di recente i corrispondenti del New York Times Kiuko Notoya e John Yoon, intervistando alcuni ristoratori che dovranno sostituire le loro casse automatiche tra qualche mese. Anche se alcuni comuni offrono dei sussidi per coprire le spese, la maggior parte dei costi ricadrà sui gestori dei negozi. Casse e distributori automatici hanno un costo abbastanza alto: Masahiro Kawamura, direttore delle vendite di Elcom, una società di Tokyo che vende apparecchi di questo tipo, ha detto al New York Times che in media costano 2 milioni di yen (più o meno 12mila euro).

Yoshihiro Serizawa, che gestisce un negozio di soba – una pasta di grano saraceno con una forma simile a quella degli spaghetti, tipica della cucina giapponese – a Tokyo, ha detto di aver speso circa 19mila dollari (più o meno 17mila euro) per sostituire la vecchia cassa automatica e acquistarne una che accetta anche pagamenti elettronici. Parlando con il New York Times, ha definito la spesa «un enorme onere finanziario» e ha spiegato che la cifra equivale al prezzo di circa 6mila ordini del suo piatto più richiesto, la soba con verdure miste e tempura di frutti di mare.

Negli ultimi anni le difficoltà finanziarie dei gestori di negozi di ramen o soba erano già aumentate per via dell’aumento dell’inflazione, che tra le altre cose ha fatto salire i prezzi dell’elettricità e della farina. Gli analisti dell’istituto di ricerca Tokyo Shoko Research hanno stimato che, nel 2023, in Giappone almeno 45 ristoranti di ramen hanno dichiarato il fallimento, il numero più alto dal 2009.

Tradizionalmente, hanno scritto Notoya e Yoon, in Giappone il costo di una ciotola di ramen non supera i mille yen (6 euro) e i ristoratori sono piuttosto restii ad aumentare i prezzi per paura di perdere clienti. Quando il Giappone pubblicò l’ultima serie di banconote nel 2004, la sostituzione dei distributori automatici e l’emissione di 10 miliardi di nuove banconote costò centinaia di milioni di dollari: la domanda era così alta che un produttore di casse automatiche di Osaka, chiamato Glory, quell’anno triplicò il suo utile netto.