Cosa succede quando ci sono le elezioni ma nessun candidato

È il caso di sette comuni italiani che avrebbero dovuto eleggere i loro nuovi sindaci e consigli comunali ma non lo faranno per motivi diversi, dagli errori burocratici alle infiltrazioni mafiose

L'immagine mostra decine di case molto vicine fra loro tutte costruite sul terreno scosceso di una montagna verde
San Luca, in Calabria (Jacopo Werther/Wikimedia Commons)
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Oltre alle elezioni europee, l’8 e il 9 giugno in quasi 3.700 comuni italiani si vota anche per eleggere i nuovi sindaci e sindache e i membri dei consigli comunali. Sette comuni che avrebbero dovuto votare però non lo faranno a causa dell’assenza formale di candidati, dovuta in alcuni casi al fatto che nessuno si è proposto, e in altri a problemi burocratici nella presentazione delle liste. Sono Melissa (Crotone), San Lorenzo e San Luca (Reggio Calabria), Saliceto (Cuneo), Cafasse (Torino), San Daniele Po (Cremona) e San Prospero (Modena). Non si voterà nemmeno nel comune di Corte Palasio, in provincia di Lodi, dove le elezioni sono state rimandate al 28 luglio in seguito alla morte di uno dei candidati a sindaco.

Quando a un’elezione non viene presentata alcuna lista elettorale la legge prevede che venga nominato un commissario prefettizio, ossia una persona che amministri il comune fino alle elezioni successive. La stessa procedura si segue anche quando un comune viene sciolto per vari motivi, dalle dimissioni di molti consiglieri comunali contemporaneamente alla possibilità che ci siano state infiltrazioni mafiose.

In Calabria il caso più noto è quello di San Luca, un paese di circa 3.500 abitanti alle pendici dell’Aspromonte che gli ’ndranghetisti definiscono «la mamma», cioè il luogo in cui sono custodite le regole e le tradizioni dell’organizzazione criminale calabrese. Il 21 maggio il sindaco uscente Bruno Bartolo, un infermiere in pensione, ha detto di aver deciso di non ricandidarsi perché «sono stati cinque anni tremendi, mi sono sentito molto solo, abbandonato», innanzitutto dalla Regione Calabria e dal governo.

A San Luca non è la prima volta che salta un’elezione: dal 2000 a oggi, il comune ha avuto appena tre sindaci ed è stato commissariato complessivamente per 11 anni. Nel 2013 fu sciolto per infiltrazioni mafiose, mentre nel 2015 si presentò una lista sola e a votare non andò quasi nessuno: le elezioni furono annullate. Bartolo fu eletto perché nel 2019, per smuovere la situazione arrivò a candidarsi il massmediologo svizzero Klaus Davi, presentando una lista di persone che non erano di San Luca. Per impedirne la vittoria si formò un’altra lista civica chiamata «San Luca ai sanluchesi» con a capo Bartolo, che ottenne il 90 per cento dei voti.

Ora che il mandato di Bartolo è in scadenza e nessuno, incluso lui, si vuole candidare, la situazione è tornata quella vista più volte fino a cinque anni fa. «C’è rassegnazione», ha detto Bartolo, ma soprattutto c’è la ’ndrangheta, che in un paese piccolo vuol dire anche «che siamo tutti parenti e sospettabili», e basta poco perché le elezioni vengano invalidate e il Comune venga sciolto per infiltrazioni mafiose. Bartolo ha negato di aver ricevuto qualsiasi «condizionamento ’ndranghetistico o malavitoso».

A Melissa non è stata presentata nessuna lista perché è in corso un’indagine che nei prossimi tre mesi potrebbe portare allo scioglimento del comune per infiltrazioni mafiose. San Lorenzo invece è governata da un commissario prefettizio già da settembre del 2023, quando oltre metà dei consiglieri comunali si dimise ritenendo che il sindaco Giuseppe Floccari non stesse riuscendo a risolvere i principali problemi del paese nonostante le sollecitazioni del consiglio comunale. Alle elezioni dell’8 e del 9 giugno nessuno si è candidato.

– Leggi anche: Tre elezioni comunali condizionate dalla mafia

A Saliceto nessuno si è candidato, così come a San Daniele Po, mentre a Cafasse e a San Prospero tutte le liste sono state escluse per errori di forma nella presentazione delle raccolte firme necessarie per candidarsi. A Cafasse le due liste civiche candidate avevano posto il loro simbolo solo sul primo foglio dei moduli per la raccolta firme e non su tutti. La commissione elettorale circondariale assegnata al comune aveva quindi invalidato le raccolte, poiché gli elettori avrebbero potuto non essere a conoscenza della lista per la quale stavano firmando. Entrambe le liste hanno fatto ricorso prima al Tribunale amministrativo regionale (TAR) del Piemonte e poi al Consiglio di Stato, l’organo più importante in Italia in materia di giustizia nell’amministrazione pubblica, che hanno però confermato la decisione della commissione elettorale. Anche a San Prospero è stato commesso lo stesso errore, e anche lì Consiglio di Stato ha invalidato le candidature.