In migliaia di comuni italiani si vota anche per le amministrative
Oltre alle elezioni europee, sabato e domenica si vota per rinnovare il sindaco in circa 3.700 comuni, tra cui 23 capoluoghi di provincia e sei di regione, e in Piemonte si elegge il presidente
Sabato 8 e domenica 9 giugno in Italia non si vota solo per le elezioni europee, che nelle ultime settimane hanno occupato gran parte del dibattito politico: ci sono anche le elezioni regionali in Piemonte e le elezioni amministrative per rinnovare i sindaci in circa 3.700 comuni. Di questi 23 sono capoluoghi di provincia e sei anche di regione: Firenze, Bari, Cagliari, Perugia, Campobasso e Potenza.
Dei 29 capoluoghi, 13 sono amministrati dal centrosinistra, 12 dalla destra e due dal Movimento 5 Stelle da solo. Altri due comuni sono amministrati da sindaci indipendenti più difficilmente collocabili. Alle elezioni, la destra si presenta unita praticamente ovunque, e i tre partiti principali di governo (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) si sono messi quasi sempre d’accordo per sostenere uno stesso candidato. Al contrario, i partiti che si collocano nell’area del centrosinistra sono riusciti a mettersi d’accordo assai più raramente, specialmente i due che raccolgono più consensi, cioè Partito Democratico e Movimento 5 Stelle.
Gli altri 23 capoluoghi al voto sono: Biella, Verbania e Vercelli in Piemonte; Bergamo, Cremona e Pavia in Lombardia; Rovigo in Veneto; Cesena, Ferrara, Forlì, Modena e Reggio Emilia in Emilia-Romagna; Livorno e Prato in Toscana; Ascoli Piceno, Pesaro e Urbino nelle Marche; Pescara in Abruzzo; Avellino in Campania; Lecce in Puglia; Vibo Valentia in Calabria; Caltanissetta in Sicilia; Sassari in Sardegna. Complessivamente le elezioni comunali riguarderanno quasi 17 milioni di elettori.
Nei comuni con più di 15mila abitanti, che a questa tornata elettorale saranno 228, è previsto il ballottaggio: se nessuno dei candidati sindaco ottiene più del 50 per cento dei voti, i due più votati si affrontano in un secondo turno due settimane dopo, il 23 e il 24 giugno. Per i comuni con più di 15mila abitanti è previsto il voto disgiunto: si può votare contemporaneamente per un candidato sindaco e per una lista che non lo sostiene (in questo modo il secondo voto va ai candidati della lista per il consiglio comunale). Per ciascuna elezione gli ultimi sondaggi pubblicabili sono per legge quelli realizzati almeno due settimane prima del voto, un meccanismo pensato per non influenzare l’opinione pubblica ed evitare la diffusione di stime false.
La città più popolosa tra quelle al voto è Firenze, con i suoi oltre 360mila abitanti. È una città che dal Secondo dopoguerra è stata governata quasi ininterrottamente dalla sinistra o dal centrosinistra, e anche a queste elezioni la candidata data come favorita è Sara Funaro del Partito Democratico, attuale assessora con deleghe a Welfare, Sanità, Immigrazione e Istruzione. Oltre a lei ci sono altri quattro candidati e candidate collocabili nell’area del centrosinistra, che con ogni probabilità le toglieranno abbastanza consensi da rendere necessario il ballottaggio. Gran parte della campagna elettorale è però girata intorno a Eike Schmidt, il candidato sostenuto da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Schmidt, 56 anni, è da tempo molto influente a Firenze: è stato dal 2015 al 2023 direttore delle Gallerie degli Uffizi, il più importante museo della città, e in questi anni ha spesso criticato la giunta di centrosinistra guidata da Dario Nardella, il sindaco uscente che sta per concludere il suo secondo mandato (e quindi non ha potuto ricandidarsi).
Gli ultimi sondaggi disponibili davano Funaro tra il 37 e il 41 per cento, e Schmidt tra il 30 e il 34: a seconda delle rilevazioni il divario va da un minimo di 3 punti percentuali fino a 11 punti. Gli altri candidati con più consensi sono Stefania Saccardi di Italia Viva, vicepresidente della Toscana che in regione governa con il PD, data tra il 10 e il 12 per cento; Cecilia Del Re, ex assessora all’Urbanistica di Firenze che Nardella aveva escluso dalla giunta a marzo dell’anno scorso, data tra il 6 e il 7 per cento; Dmitrij Palagi, consigliere comunale della lista Sinistra Progetto Comune, dato intorno al 5 per cento; e il consigliere comunale Lorenzo Masi del Movimento 5 Stelle, dato al 3 per cento. Ci sono poi altri quattro candidati dati sotto all’1 per cento.
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Si vota anche a Bari (316mila abitanti e seconda città più popolosa al voto), dopo mesi molto travagliati per la politica locale a causa di alcune inchieste giudiziarie che hanno coinvolto direttamente prima il comune e vari membri del consiglio comunale e poi la Regione. Entrambi gli enti sono governati dal centrosinistra. Come conseguenza di queste indagini, a marzo il governo di Giorgia Meloni aveva avviato la procedura per valutare lo scioglimento del comune per mafia, e una consigliera di maggioranza era stata arrestata per voto di scambio. Ad aprile poi l’assessore al Bilancio Alessandro D’Adamo era stato rimosso perché indagato per truffa aggravata.
A Bari il sindaco uscente è Antonio Decaro, del PD, che ha un grande consenso personale in città ma non può ricandidarsi perché già al secondo mandato. Prima delle inchieste giudiziarie sembrava che a queste amministrative avrebbe vinto al primo turno una coalizione di centrosinistra formata da PD e M5S, che avrebbe dovuto scegliere il proprio candidato attraverso le primarie: dopo le inchieste però il Movimento 5 Stelle aveva deciso di ritirarsi dalle primarie, e i due partiti hanno presentato candidati diversi (che erano i rispettivi candidati alle primarie).
Il PD sostiene Vito Leccese, 61 anni, che fu attivo in politica soprattutto da giovane tra gli anni Ottanta e Novanta, quando fu più volte consigliere a Bari, poi consigliere regionale e deputato (sempre con il centrosinistra, prima con i Verdi e poi nell’alleanza dell’Ulivo). Dal 2001 ha avuto diversi incarichi nelle istituzioni, ma più manageriali che politici. L’ultimo sondaggio disponibile, dell’istituto Noto, lo dà al 39 per cento. Il M5S invece sostiene l’avvocato 62enne Michele Laforgia, che il sondaggio di Noto dava al 26 per cento. Le mancate primarie hanno diviso anche l’Alleanza Verdi e Sinistra: Europa Verde sostiene Leccese, mentre Sinistra Italiana Laforgia. La destra invece sostiene Saverio Romito, 36enne consigliere regionale della Lega, dato al 31 per cento dal sondaggio di Noto. È molto probabile quindi che si vada al ballottaggio: Laforgia e Leccese hanno già promesso che si sosterranno a vicenda in caso di sconfitta al primo turno.
Ci sono poi altri due candidati minori: uno è l’ex consigliere comunale Nicola Sciacovelli, sostenuto dal piccolo partito di destra antieuropeista Italexit; l’altro è Sabino Mangano, anche lui ex consigliere ed ex esponente del M5S, sostenuto da una lista civica.
A Cagliari il fatto più discusso di queste elezioni è stata la candidatura di Massimo Zedda, già sindaco della città per quasi due mandati tra il 2011 e il 2019, quando lasciò in anticipo l’incarico per diventare consigliere regionale della Sardegna dopo essersi candidato senza successo alla presidenza della Regione. Negli ultimi 5 anni invece la città è stata governata da una giunta di destra, guidata da Paolo Truzzu di Fratelli d’Italia, che è stato candidato presidente alle regionali di febbraio vinte poi dal centrosinistra con Alessandra Todde del Movimento 5 Stelle. Massimo Zedda è sostenuto da una coalizione di centrosinistra simile a quella con cui vinse Todde alle regionali, con PD, M5S e Alleanza Verdi e Sinistra. A destra invece è candidata Alessandra Zedda, consigliera regionale uscente di Forza Italia, sostenuta anche da Lega, Fratelli d’Italia e alcune liste regionali sarde con consensi non indifferenti, come il Partito Sardo d’Azione (autonomista, da anni alleato della Lega in regione) e i Riformatori Sardi. Ci sono poi altri tre candidati: Claudia Ortu sostenuta da una lista di sinistra, Giuseppe Farris sostenuto da una lista civica ed Emanuela Corda con Alternativa, il movimento fondato dall’ex deputato sardo del M5S Pino Cabras.
Sulle comunali di Cagliari non ci sono sondaggi, ma Massimo Zedda è considerato favorito da giornalisti e osservatori che seguono la Sardegna per diverse ragioni: la più immediata è che la giunta di destra di Truzzu negli ultimi cinque anni è andata piuttosto male, e infatti alle regionali di tre mesi e mezzo fa in città il centrosinistra vinse nettamente. Inoltre, nelle precedenti elezioni cittadine a cui ha partecipato e negli anni da sindaco Massimo Zedda ha dimostrato di avere un buon consenso personale. Negli ultimi trent’anni Cagliari è stata governata per cinque mandati dal centrodestra o dalla destra e solo per due mandati dal centrosinistra: entrambe le volte con Massimo Zedda sindaco.
Anche a Perugia il centrosinistra si presenta unito, e per questo un po’ inaspettatamente avrà possibilità di vittoria. Ha scelto una candidata civica, Vittoria Ferdinandi, 37 anni, fondatrice del ristorante Numero Zero che è anche un progetto di inclusione per pazienti psichiatrici. Ha posizioni che sono state descritte come piuttosto radicali, ma sarà sostenuta da un’ampia coalizione con PD, M5S, Alleanza Verdi e Sinistra, Azione e una parte di Italia Viva. Il sindaco uscente è Andrea Romizi di Forza Italia, che non può candidarsi perché ha appena concluso il secondo mandato consecutivo. Nelle ultime due elezioni comunali Romizi vinse sempre contro un centrosinistra frammentato: questa volta i sondaggi danno le due coalizioni sostanzialmente alla pari, intorno al 48 per cento. Il restante 4 per cento è diviso tra tre candidati: Massimo Monni, Leonardo Caponi e Davide Baiocco.
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A Potenza, in Basilicata, la destra è invece nettamente favorita, anche per le divisioni nel centrosinistra. Negli ultimi 10 anni è stata governata prima da Fratelli d’Italia, con Dario De Luca, e poi dalla Lega con Mario Guarente. A queste elezioni però la coalizione presenta un nuovo candidato, Francesco Fanelli, 42enne anche lui della Lega ed ex vicepresidente regionale della Basilicata. I sondaggi dell’istituto Noto lo danno intorno al 50 per cento, e quindi potrebbe vincere già al primo turno. Sono più o meno 15 punti in più di quelli attribuiti al principale candidato del centrosinistra, Vincenzo Telesca, 48 anni. È stato scelto dal Partito Democratico, ma il simbolo del partito nella scheda non ci sarà per via di alcune divisioni interne. Il Movimento 5 Stelle sostiene un altro candidato, Pierluigi Smaldone, 34enne che ha fatto parte dell’ultimo consiglio comunale, dato al 9 per cento. Ci sono altri due candidati con consensi minori: il consigliere comunale uscente Francesco Giuzio, appoggiato da una lista civica, e Maria Grazia Marino, sostenuta dal movimento Forza del Popolo.
L’ultimo capoluogo di regione al voto è Campobasso, in Molise. È uno dei due comuni al voto governato dal Movimento 5 Stelle: nel 2019 fu eletto Roberto Gravina, che però si dimise nel 2023 dopo essersi candidato alla presidenza della regione (perse e venne eletto in consiglio regionale). Al suo posto subentrò la vicesindaca Paola Gravina, che però non è candidata a queste elezioni: a questa tornata il Movimento 5 Stelle sostiene Marialuisa Forte, dirigente scolastica, insieme a PD e Alleanza Verdi e Sinistra. La destra invece sostiene Aldo De Benedittis, avvocato ed ex assessore al Bilancio nella giunta di centrodestra che governò la città dal 2004 al 2009. C’è un terzo candidato, Pino Ruta, anche lui avvocato, che si presenta come civico dopo che alle ultime regionali la sua lista aveva sostenuto il centrosinistra. Non sono stati pubblicati sondaggi indipendenti e quindi è un po’ difficile fare previsioni.
Tra le città non capoluogo di regione più interessanti al voto c’è Bergamo, dove non può ricandidarsi il sindaco uscente, Giorgio Gori, a capo di una giunta di centrosinistra per due mandati consecutivi (nei comuni sopra i 15mila abitanti non ci si può candidare per un terzo mandato consecutivo). Per sostituirlo il centrosinistra candida Elena Carnevali, ex deputata del PD, mentre il candidato della destra è l’avvocato Andrea Pezzotta, assessore all’Urbanistica tra il 2009 e il 2014. Non ci sono sondaggi indipendenti e l’esito è incerto, ma il centrosinistra è considerato leggermente favorito perché i due mandati di Gori in città sono stati generalmente apprezzati.
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Un’altra città interessante da guardare tra i non capoluoghi di regione è Modena: è amministrata da 79 anni dal centrosinistra e anche stavolta per la destra sarà molto difficile vincere. Il sindaco uscente, Gian Carlo Muzzarelli del PD, non può però ricandidarsi perché ha già fatto due mandati consecutivi: al suo posto il PD sostiene Massimo Mezzetti, 62 anni, che dal 2010 al 2020 è stato assessore regionale alla Cultura e alla Legalità e in passato ha fatto parte di Sinistra Ecologia Libertà. Oltre al PD lo sostiene un’ampia coalizione di centrosinistra, con Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra, Azione, +Europa e Italia viva. La destra sostiene invece Luca Negrini, imprenditore 33enne che fa parte di Fratelli d’Italia.
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Le regionali in Piemonte
Sono forse le più scontate di tutta questa tornata elettorale, e infatti se n’è parlato molto poco, al punto che sono stati commissionati pochissimi sondaggi nonostante si elegga la giunta di una regione importante e tra le più popolose d’Italia. È data per certa la riconferma del presidente di regione uscente, Alberto Cirio, alla guida di una giunta di destra sostenuta dai partiti di governo Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia: secondo gli ultimi sondaggi pubblicati avrebbe più di 20 punti di vantaggio sulla principale avversaria, Gianna Pentenero, assessora al Lavoro del comune di Torino sostenuta da una coalizione di centrosinistra con PD, Alleanza Verdi e Sinistra, Italia Viva e +Europa. Pentenero fu annunciata come candidata dal PD già a marzo, creando una spaccatura con il Movimento 5 Stelle che avrebbe voluto essere coinvolto nella scelta: il M5S ha allora presentato una propria candidata, Sarah Disabato, consigliera regionale uscente.
Anche se il risultato sembra scontato, la riconferma di Cirio sarebbe in controtendenza con la storia politica del Piemonte dei decenni più recenti, visto che negli ultimi 25 anni c’era sempre stata alternanza tra le giunte di centrosinistra e quelle di centrodestra o di destra. Cirio è dato dai sondaggi tra il 50 e il 55 per cento, e in Piemonte alle elezioni regionali non è previsto ballottaggio.