L’ong Medici Senza Frontiere ha recuperato i corpi di 11 persone migranti al largo della Libia, dopo averne soccorse più di 160
Venerdì la nave Geo Barents dell’ong Medici Senza Frontiere (MSF) ha recuperato i corpi di 11 persone migranti al largo delle coste della Libia, dopo averne soccorse più di 160 che stavano attraversando il Mediterraneo su tre diverse imbarcazioni. La nave di MSF si stava dirigendo al porto assegnatole per lo sbarco quando un aereo dell’organizzazione Sea-Watch ha informato l’equipaggio di aver avvistato alcuni corpi galleggiare in mare. La Guardia costiera italiana ha quindi dato alla Geo Barents il permesso di tornare indietro per recuperarli: ora la nave è in viaggio verso Lampedusa, dove non attraccherà ma consegnerà gli 11 corpi a una motovedetta della Guardia costiera italiana, che li porterà sull’isola. La nave di Medici Senza Frontiere si dirigerà quindi verso il porto assegnatole, quello di Genova, a più di 650 miglia nautiche (circa 1.200 chilometri) dal luogo in cui i corpi sono stati trovati.
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È molto raro che le organizzazioni che offrono assistenza alle persone migranti nel mar Mediterraneo riescano a recuperare i corpi di coloro che sono morti provando ad attraversarlo, perché è molto difficile individuarli. Le Nazioni Unite hanno stimato che dal 2014 siano morte o scomparse più di 20mila persone nel Mediterraneo, rendendo questa rotta migratoria la più pericolosa al mondo.
Medici Senza Frontiere ha scritto su X (Twitter) che questo è il «risultato delle devastanti e sanguinose politiche europee in materia di immigrazione e di mancata assistenza per le persone che si imbarcano nel Mediterraneo». Negli ultimi anni il governo di Giorgia Meloni ha approvato norme che limitano molto le capacità operative delle ong: spesso le loro navi sono obbligate a far sbarcare le persone migranti in porti molto lontani dal luogo in cui avvengono i soccorsi, e se non rispettano le regole possono essere soggette a lunghi fermi amministrativi.
Sabato Sea Watch ha detto di aver individuato il corpo di un’altra persona migrante.