Bergamo deve capire cosa fare di tutti questi turisti

Negli ultimi dieci anni sono raddoppiati portando ricchezza e qualche problema, che dovrà essere gestito da chi vincerà le elezioni comunali

Turisti sulla corsarola, la strada principale di Città Alta, il centro storico di Bergamo
Turisti sulla corsarola, la strada principale di Città Alta, il centro storico di Bergamo (Chiara Cremaschi)

In mezzo alla confusione di una domenica mattina di maggio è complicato raggiungere piazza Vecchia. In via Bartolomeo Colleoni, la strada che a Bergamo tutte le persone chiamano corsarola, bisogna districarsi tra i trolley dei turisti, evitare le code di fronte alle gelaterie e ai ristoranti, scansare qualche avventato ciclista incurante della folla, aggirare gruppetti intenti ad ascoltare i musicisti di strada. A passo lento per via degli ostacoli, servono almeno dieci minuti per intravedere la sagoma bianca della biblioteca Angelo Mai, affacciata sulla piazza più nota di Città Alta, come viene chiamato il centro storico di Bergamo. «C’è più gente che in piazza Duomo a Milano il sabato pomeriggio», dice un turista allargando le braccia, spazientito.

A dar retta agli stereotipi Bergamo – dove questo fine settimana si vota per eleggere un nuovo sindaco – sarebbe solo la città del lavoro, dell’industria e dell’Atalanta, la squadra di calcio vincitrice dell’Europa League. Negli ultimi dieci anni, invece, la città si è scoperta più a misura di turista. Le persone in arrivo da altre regioni italiane o dall’estero sono più che raddoppiate così come i passeggeri dell’aeroporto di Orio al Serio, il terzo in Italia dopo Fiumicino e Malpensa.

Grazie ai turisti sono raddoppiati anche i posti letto negli alberghi e sono più che triplicati quelli nei B&B. Per strada è normale sentire parlare inglese, spagnolo, francese, tedesco in vari accenti e inflessioni. La spinta del turismo è stata così significativa da superare il crollo degli arrivi dovuto alle restrizioni della pandemia, che proprio a Bergamo nella sua prima fase causò più morti che in qualsiasi altra città al mondo.

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Quando fu eletto sindaco per la prima volta, dieci anni fa, Giorgio Gori non poteva aspettarsi tutto questo: non questa crescita dei turisti, sicuramente non la pandemia. Nel suo ultimo discorso durante l’ultimo consiglio comunale dei suoi due mandati ha ammesso che quando si candidò nel 2014 era convinto di risolvere i problemi come aveva sempre fatto, da manager. Invece negli anni ha imparato che amministrare una città come Bergamo è un impegno più totalizzante, da vivere in una «dimensione più relazionale ed emotiva» con le persone. «Abbiamo lavorato per far passare il messaggio che eravamo non solo la città più colpita dal Covid, ma anche quella che aveva reagito meglio», ha detto in una lunga intervista all’Eco di Bergamo. «Non mi stupisce che il 70 per cento dei turisti arrivati l’anno scorso siano stranieri».

I risultati ottenuti nel turismo, che ha contribuito a cambiare la città, la sua economia e in parte la sua società, sono un pezzo dell’eredità che dovrà raccogliere e valorizzare chi vincerà le prossime elezioni comunali in programma sabato 8 e domenica 9 giugno.

Per chiunque vincerà – Elena Carnevali del centrosinistra, ex deputata del PD, o Andrea Pezzotta, avvocato sostenuto dal centrodestra, assessore all’Urbanistica tra il 2009 e il 2014 – non sarà un compito semplice. Ormai è evidente in molte città italiane: il turismo è un fenomeno che oltre a essere incentivato va governato prima che diventi ingestibile. Alla crescita notevole degli ultimi anni dovranno seguire attente riflessioni sulla vocazione della città, del suo centro storico, e una strategia che tenga conto dei cambiamenti in altri settori: la mobilità, l’urbanistica, l’offerta culturale. Come e forse più di altre città, insomma, Bergamo deve capire cosa fare di tutti questi turisti.

Una turista di fronte alla cappella Colleoni, in piazza Duomo a Bergamo

Una turista di fronte alla cappella Colleoni, in piazza Duomo a Bergamo (Chiara Cremaschi)

Avere un’idea più precisa di quanto sia rilevante il turismo in città e in provincia è stato uno sviluppo tutt’altro che trascurabile. Fino a dieci anni fa i dati venivano raccolti con una certa lentezza, elaborati e presentati a un anno di distanza. Quanti turisti hanno alloggiato in città? Quanti in provincia? In albergo o in B&B? Da dove sono arrivati? Quanto tempo sono rimasti? Le risposte a queste domande arrivavano molto in ritardo e gli amministratori avevano pochi strumenti per capire come e dove intervenire.

Ora i dati relativi alle presenze turistiche vengono aggiornati quasi in tempo reale grazie agli accordi fatti con gli albergatori e i gestori dei B&B che li trasmettono ogni giorno a Visit Bergamo, l’agenzia del turismo creata nel 2015. È possibile rispondere a molte più domande rispetto al passato, e più velocemente: dove erano i turisti 24 ore prima di arrivare in città? Dove sono andati 24 ore dopo?

Più di recente si sono aggiunte altre risposte, per esempio stime più accurate relative all’impatto economico dei turisti sulle attività commerciali della città, cioè quanto spendono e dove spendono. «A Bergamo il turismo era da sempre visto come qualcosa di accessorio, ora è una parte significativa dell’economia della città», dice Christophe Sanchez, amministratore delegato di Visit Bergamo e capo di gabinetto del sindaco Gori, che ha raggiunto a Bergamo dopo aver lavorato con lui per diversi anni nella società di produzione televisiva Magnolia e prima ancora a Mediaset.

Negli anni precedenti al 2014 le presenze in città, ossia il numero delle notti trascorse nelle strutture ricettive, erano state sempre intorno a 450mila all’anno. Nel 2023 sono state poco più di un milione, di cui il 74,3% di stranieri e il 25,7% di italiani. In tutta la provincia sono stati superati 2,5 milioni di presenze.

I turisti arrivano soprattutto dalla Polonia, dalla Spagna, dalla Germania, dalla Francia, dal Regno Unito. Vanno poi aggiunte le migliaia di persone che ogni settimana, in particolare nel fine settimana, arrivano a Bergamo in auto o in treno per una gita di un giorno da Milano, Brescia, Cremona, Verona. «Sono tutti benvenuti, però va fatta una netta distinzione tra i turisti e i cosiddetti escursionisti», continua Sanchez. «Il turismo che per noi è fondamentale è quello nazionale e internazionale, delle persone che vivono la città per diversi giorni. L’obiettivo è farli rimanere più a lungo».

Non servono particolari strumenti e dati per capire che l’aeroporto di Orio al Serio ha contribuito alla notorietà della città fuori dai confini della Lombardia e dell’Italia. Negli ultimi 20 anni è cresciuto come nessun altro scalo italiano grazie alla compagnia low cost Ryanair, che qui ha insediato una delle sue più importanti sedi europee. Nel 2023 da Orio sono passati quasi 16 milioni di passeggeri, nel 2014 erano stati 8,7 milioni.

Sono aumentati anche i problemi: la pista dista poco più di due chilometri dal centro della città e le rotte sorvolano alcuni quartieri a sud come Colognola e Campagnola, dove abitano migliaia di persone. Gli aerei atterrano di notte, spesso oltre le 23, il limite imposto dalla legge. Finora è stato impossibile trovare un compromesso tra chi considera l’aeroporto una ricchezza, un polo economico che merita di essere sviluppato il più possibile, e chi invoca dei limiti nel rispetto dell’ambiente.

Il comune è in una posizione scomoda perché ha il 13,84 per cento delle quote di Sacbo, la società che gestisce l’aeroporto: è controllore e controllato. Deve sostenere la crescita dello scalo in quanto azionista, ma non può ignorare le sollecitazioni degli abitanti.

Sia Elena Carnevali che Andrea Pezzotta non si sono sbilanciati su questo tema durante la campagna elettorale. Hanno promesso di ascoltare le richieste dei comitati, se verranno eletti, senza però parlare esplicitamente di limiti ai voli o allo sviluppo. Perfino Vittorio Apicella, candidato sindaco per il Movimento 5 Stelle, in teoria più libero di osare perché senza possibilità di vittoria, ha solo detto che «bisogna trovare il modo di limitare il rumore, soprattutto nella fascia notturna».

Lo scorso marzo, in uno degli ultimi consigli comunali del mandato, è stato approvato un ordine del giorno per chiedere di «minimizzare e se possibile eliminare i voli notturni». L’ordine del giorno – un provvedimento comunque non vincolante – è stato presentato da Ambiente Partecipazione Futuro, una lista a sinistra della coalizione che sosteneva Giorgio Gori. In dieci anni il centrosinistra non era mai riuscito a proporre e votare un vincolo.

Oriana Ruzzini, ex consigliera di Ambiente Partecipazione Futuro ora candidata con la lista Futura, dice che non si può continuare a sostenere lo sviluppo incontrollato di un aeroporto così a ridosso della città: «Già mettere un tetto ai voli significherebbe governare meglio il turismo. Purtroppo negli anni è stato concesso troppo potere a Ryanair, che di fatto è libera di decidere il futuro economico e turistico della città. Non possiamo certo rinunciare all’aeroporto, ma serve più equilibrio».

Le parole di diverse persone candidate con Andrea Pezzotta non sono troppo diverse. Adonella Vanotti, che per la lista civica Pezzotta sindaco ha contribuito alla parte del programma elettorale relativa al turismo, dice che l’aeroporto è andato troppo avanti per conto suo: «Gli abitanti di Colognola sono disperati, li abbiamo ascoltati più volte durante la campagna elettorale. Bisogna trovare una mediazione tra lo sviluppo e la convivenza con gli abitanti in una città così piccola, con un aeroporto così vicino. Mi sembra che negli ultimi anni nessuno abbia dato risposte, anzi i voli aumentano».

La meta preferita di chi arriva a Orio al Serio e si ferma qualche giorno è Città Alta, il centro storico medievale circondato dalle mura veneziane. Qui si concentrano i monumenti e i posti più interessanti per i turisti: piazza Vecchia, la cattedrale di Santa Maria Maggiore, il duomo, la cappella Colleoni, il palazzo della Ragione, la biblioteca Angelo Mai, la Rocca. Nel 2023, anno in cui Bergamo e Brescia sono state insieme capitale italiana della cultura, quasi 100mila persone hanno visitato l’installazione Infinito presente dell’artista giapponese Yayoi Kusama allestita a palazzo della Ragione.

Intervistato dall’Eco di Bergamo, Andrea Pezzotta ha detto che Città Alta sta perdendo le caratteristiche dei centri storici a causa del «dilagare del turismo di massa». Secondo Pezzotta i ristoranti e i bar hanno preso troppo spazio ai negozi di vicinato e ai servizi per gli abitanti. Per Elena Carnevali va più valorizzato il turismo legato all’arte, all’enogastronomia, al business e anche il cicloturismo per «non far perdere a Città Alta la sua autenticità». Sono risposte ai timori condivisi dagli abitanti che hanno visto cambiare in pochi anni il posto in cui vivono. Abitare in Città Alta è più faticoso rispetto al passato: ci si sposta più lentamente, è complicato andare alla posta, in banca, portare i figli all’asilo o a scuola, e soprattutto nei fine settimana è aumentato il caos, anche a tarda ora.

Persone di fronte a una panetteria in Città Alta, a Bergamo

Persone di fronte a una panetteria in Città Alta, a Bergamo (Chiara Cremaschi)

«C’è chi dice che non è più la Città Alta di una volta. Beh, certo, le città cambiano. Pensare al passato serve a nutrire la memoria, non ad alimentare la nostalgia», dice Robi Amaddeo, che negli ultimi due mandati è stato consigliere delegato di Città Alta ed esponente della lista civica Gori sindaco, che alle prossime elezioni sosterrà Elena Carnevali.

Amaddeo ricorda tutti gli interventi approvati dall’amministrazione per governare il turismo e non subirlo. Trenta appartamenti di Città Alta sono stati inseriti nei bandi comunali per l’assegnazione di case popolari, dieci sono stati dedicati al reinserimento sociale delle persone uscite dal carcere. È stato approvato un regolamento per tutelare le facciate, le vetrine e le insegne dei negozi che devono essere in armonia con l’architettura degli edifici. In teoria non potrebbero essere aperti fast food, self service e friggitorie anche se negli anni diverse catene hanno trovato un modo per sfruttare le possibilità lasciate dal regolamento.

Secondo Amaddeo, il trasferimento di alcuni abitanti che hanno deciso di andarsene dal centro storico è stato compensato da molti arrivi di persone attratte dall’atmosfera di un quartiere ancora vissuto. «È molto importante tenere qui le scuole, gli asili, l’università, i musei civici», dice. «Chiaramente ci sono meno famiglie e più single, però succede in tutta la città. L’obiettivo è frenare lo spopolamento senza illudersi di fermarlo del tutto».

Per farlo servirebbero anche regole più chiare per limitare la trasformazione degli appartamenti in B&B messi sul mercato su piattaforme online come Airbnb. I comuni non hanno poteri, anzi è perfino difficile dire quanti sono e dove sono questi B&B. Il sindaco Gori ha più volte chiesto al governo di dare la possibilità alle amministrazioni di intervenire con regole, anche diverse di quartiere in quartiere. Finora né lui né altri sindaci sono stati ascoltati. Anche in questo caso le proposte di Carnevali e Pezzotta sono simili: «Città Alta va protetta», ha detto la candidata del centrosinistra, mentre secondo Pezzotta il fenomeno degli affitti brevi ha avuto «un’espansione eccessiva».

La mobilità, cioè le modalità di accesso a Città Alta – in auto, in autobus, con la funicolare che parte dalla parte bassa di Bergamo, in bici, a piedi – è uno dei problemi più ostici affrontati dall’amministrazione uscente. La colpa è soprattutto di un grande parcheggio interrato da 469 posti costruito sotto il colle di Sant’Eufemia. È chiamato parcheggio della Fara, perché vicino a un prato noto appunto come la Fara, oppure parcheggio dell’ex faunistico perché fino agli anni Ottanta in quel punto c’era lo zoo comunale di Bergamo. È stato un progetto contestato e tormentato, che negli ultimi 20 anni ha spesso monopolizzato il dibattito pubblico.

I lavori iniziarono nell’estate del 2008 e furono interrotti dopo pochi mesi per la frana della collina. Il cantiere rimase fermo per anni e riaprì solo nel 2016 dopo l’approvazione di diverse costose modifiche. In questi anni il preventivo di spesa è è passato da 8 a 25 milioni di euro.

I costi sono stati sostenuti da una società creata da una multinazionale austriaca privata, Best in Parking, e da Atb, l’azienda che gestisce il trasporto pubblico della città. La società si è impegnata a costruire il parcheggio in cambio degli incassi per i prossimi 30 anni. Contro questo progetto sono stati presentati ricorsi, denunce alla procura, esposti alla Corte dei Conti, sono state organizzate diverse manifestazioni e raccolte firme dall’associazione Città Alta e i Colli e dal comitato NoParkingFara.

Una delle tante critiche ha riguardato il cambio di impostazione. Inizialmente pensato per metterci le auto degli abitanti togliendole dalle piazze del centro storico, è stato poi dedicato dall’amministrazione alle auto dei non residenti, visitatori e turisti. «Il ragionamento che abbiamo fatto è che chi arriva da fuori riesce a sapere prima se c’è posto grazie alla segnaletica luminosa», dice Stefano Zenoni, assessore alla Mobilità. «Prima c’erano le processioni di auto sulle mura in cerca di parcheggio, ora sai già dove andare». Il parcheggio è stato aperto il 4 maggio e finora è rimasto mezzo vuoto, anche se è presto per fare valutazioni.

Lo stesso assessore giudica il trasporto pubblico troppo debole per soddisfare la crescita della domanda assicurata dai turisti. La diminuzione dei passeggeri causata dalla pandemia non è stata ancora recuperata e i contributi dello Stato e della regione sono rimasti gli stessi. In serata le corse sono poche e anche nei fine settimana la frequenza scende.

Turisti sul bastione di porta san Giacomo, a Bergamo

(Chiara Cremaschi)

Sui pochi autobus salgono sempre meno persone che garantiscono pochi biglietti, poche entrate e quindi sempre meno investimenti, un problema difficile da risolvere. In provincia le cose vanno perfino peggio. «Stendiamo un velo pietoso», dice Zenoni. «Nei giorni festivi non è possibile andare da Bergamo al lago d’Iseo o in montagna con un mezzo pubblico. Possiamo dire quanto vogliamo che dobbiamo portare i turisti a scoprire la provincia, ma senza mezzi pubblici è complicato». Scarsi sono anche i collegamenti con Milano a causa dei guasti ricorrenti registrati da Trenord.

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L’idea è di far calare almeno in parte l’attenzione su Città Alta e spingere i turisti in altri quartieri della città – con una migliore offerta culturale nel polo museale tra l’accademia Carrara e la galleria di arte moderna (Gamec) in costruzione al posto del vecchio palazzetto dello sport – e anche in provincia, in Val Brembana e in Val Seriana, in collina oppure nella zona del lago d’Iseo. Ma non solo, dice Sanchez di Visit Bergamo, anche fuori dai confini della provincia, al lago di Garda, al lago di Como, a Milano, Mantova e in altri capoluoghi lombardi.

Bergamo, in effetti, è al centro della Lombardia, in un punto strategico per gli spostamenti, e ben collegato con l’estero grazie all’aeroporto di Orio al Serio. «Il nostro territorio deve essere più allargato dal punto di vista turistico», continua Sanchez. «La montagna deve crescere. Le presenze in provincia non devono essere concentrate soltanto nei mesi estivi».

Oltre a “destagionalizzare”, cioè a distribuire le presenze durante tutto l’anno per far sì che il turismo sia più sostenibile e meno assillante, l’obiettivo è convincere le persone a rimanere più giorni. «Bergamo deve essere una città dove un turista si trova così bene da voler rimanere qui, abitare qui e magari fare figli qui», dice Sanchez, con una certa ambizione. «Siamo a poca distanza da Milano e siamo una città che raccoglie il meglio di Milano, con un tipo di relazione molto più umana. Considerare i turisti come abitanti temporanei, che hanno bisogno di servizi, può aiutarci a trovare risposte a problemi più grandi apparentemente scollegati come la crisi abitativa e il calo demografico».