In Sicilia è finito anche il fieno
I campi sono brulli a causa della persistente siccità, gli animali non hanno da mangiare e gli allevatori sono costretti a comprare il foraggio dalle altre regioni
A differenza che in tutte le altre regioni italiane, negli ultimi mesi in Sicilia ha piovuto pochissimo: i fiumi sono in secca, il livello dei laghi è basso e gli agricoltori non hanno abbastanza acqua per coltivare i campi. Le conseguenze di questa siccità sono sempre più gravi perché con l’arrivo della primavera la situazione non è migliorata, e in estate è difficile che lo farà. Uno dei problemi più significativi riguarda gli animali da allevamento – mucche, pecore, capre, cavalli – che non hanno cibo a sufficienza.
Secondo i dati diffusi dal servizio agrometeorologico siciliano (Sias), nell’ultimo anno in Sicilia la media regionale delle precipitazioni è stata di 453 millimetri, un valore mai così basso dal 2002. Le zone dove ha piovuto di meno sono la Sicilia centro-orientale e la fascia meridionale, dove sono caduti meno di 300 millimetri di pioggia. A Catania, una delle aree agricole più importanti della regione, le precipitazioni sono calate di oltre il 60 per cento rispetto allo scorso anno.
Uno dei primi provvedimenti presi dalla Regione Siciliana è stato il razionamento dell’acqua potabile distribuita nelle case e nelle aziende. Tra gennaio e marzo l’acqua è stata razionata in quasi 200 comuni, in particolare nelle province di Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Trapani, dove durante buona parte della giornata il flusso è stato ridotto fino al 45 per cento.
A inizio febbraio il presidente della regione Renato Schifani ha dichiarato lo stato di calamità naturale su tutto il territorio. «La Sicilia è l’unica regione d’Italia, e tra le poche d’Europa, in zona rossa per carenza di risorse idriche. Stessa situazione si ritrova in Marocco ed Algeria», aveva scritto la regione in un comunicato aggiungendo che i danni maggiori li stavano subendo agricoltori e allevatori. Ad aggravare la situazione c’è anche un problema comune a molte altre regioni italiane, cioè le perdite di acqua dalle reti idriche e la scarsa manutenzione alle dighe e agli invasi, che per questo hanno una capacità limitata rispetto al previsto.
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Senz’acqua i campi sono brulli e spogli, inadatti a far pascolare gli animali. Gli allevatori hanno dato fondo alle scorte di fieno accumulate nei fienili la scorsa estate. Il fieno è l’erba che viene lasciata crescere nei campi, tagliata e lasciata essiccare al sole per un certo periodo prima di essere raccolta – spesso nella tipica forma cilindrica, le balle di fieno – e stipata nei fienili in vista dell’inverno.
L’erba falciata in primavera, tra la fine di aprile e la metà di maggio, viene chiamata “primo taglio” e produce un fieno migliore, con un più alto valore nutrizionale per gli animali. Più l’erba è vecchia e più il valore nutrizionale si abbassa. Oltre ad aver finito il vecchio fieno, in molte zone della Sicilia quest’anno non è stato possibile fare il primo taglio.
L’unico modo per dare da mangiare agli animali è comprare il fieno dalle altre regioni che per via delle precipitazioni sopra la media degli ultimi anni ne hanno in abbondanza. Martedì Schifani ha incontrato i rappresentanti delle associazioni di agricoltori e allevatori a cui è stato comunicato uno stanziamento di 10,5 milioni di euro per l’acquisto di foraggio e fieno. Verranno concessi dei voucher, cioè dei buoni per l’acquisto, assegnati in proporzione al numero degli animali allevati e alla situazione idrica dei territori in cui si trovano gli allevamenti.
Tuttavia, al termine dell’incontro con la regione, le associazioni degli allevatori hanno detto che i 10,5 milioni di euro non saranno sufficienti per rispondere a tutte le richieste. Finora è stato essenziale l’aiuto arrivato dai colleghi di altre regioni, che hanno risposto all’appello diffuso dalla Coldiretti ai suoi associati. Nelle ultime settimane sono state portate in Sicilia 1.500 tonnellate di fieno raccolto nelle regioni del Centro e del Nord dall’azienda Bonifiche Ferraresi, dai consorzi agrari e da Fedana, la federazione degli allevatori. «L’aiuto dei colleghi del Centro-Nord è un gesto di solidarietà che ci rincuora, ma che non risolverà i nostri problemi», ha detto a Repubblica Palermo Salvatore Morreale, allevatore della provincia di Caltanissetta. «Manca cibo e acqua e chi si occupa della zootecnia rischia di finire sul lastrico. Stiamo vivendo una siccità senza precedenti e rischiamo di compromettere un grande patrimonio».
Nei casi più estremi, quando i costi per alimentare gli animali non sono più sostenibili, alcuni allevatori siciliani hanno deciso di macellare mucche, capre e pecore prima del tempo, traendone così però un guadagno inferiore.
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