A Perugia il centrosinistra se la gioca
Dopo un decennio complicato e pieno di guai ha una candidata unitaria alle prossime amministrative, Vittoria Ferdinandi, sostenuta da PD, M5S, Alleanza Verdi e Sinistra e Terzo polo
Vittoria Ferdinandi preferisce definirlo «nuovo sistema di alleanze», e non “campo largo”. Di questo sistema (formato da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra, Azione e una parte di Italia Viva) Ferdinandi è la candidata sindaca a Perugia per le amministrative del prossimo weekend. Sarà per scaramanzia che lo definisce così, visto che in Abruzzo alle ultime regionali con il “campo largo” non è andata bene; o forse perché a Perugia si ricordano ancora quanto fosse artificioso quell’esperimento che da quelle parti fu tentato per la prima volta nel 2019, quando tutti i leader del centrosinistra si riunirono a Narni per candidare insieme Vincenzo Bianconi alle regionali umbre, stravinte poi dalla destra. «Questa alleanza è nata sul territorio, partendo dai temi concreti e non dalle formule politiche», dice Ferdinandi.
Evidentemente anche per i suoi avversari l’unità del fronte progressista è un fattore rilevante, in questa competizione elettorale: e infatti mettono un po’ le mani avanti quando gli si chiede un pronostico. Margherita Scoccia, l’assessora all’Urbanistica uscente che il suo partito, Fratelli d’Italia, ha proposto come candidata del centrodestra, lo fa parlando di un fermento in città che non si vedeva da tempo per un’elezione: «Stavolta il centrosinistra si presenta compatto, per cui sarà sfida vera».
Nel 2014 non fu così. Allora un fronte progressista diviso in quattro consentì una vittoria agevole al centrodestra. Non fu così neanche alle politiche del 2022. Eppure i dirigenti di Fratelli d’Italia più esperti – come Emanuele Prisco, coordinatore regionale e sottosegretario all’Interno, e Marco Squarta, presidente del Consiglio regionale e ora candidato alle europee – nelle riunioni coi militanti hanno invitato a guardare ai numeri di quelle elezioni in maniera diversa. Alle ultime politiche, nonostante la larga vittoria di Giorgia Meloni un po’ ovunque, a Perugia la destra ottenne il 40,1 per cento: vinse, ma solo perché dall’altro lato ognuno era andato per conto suo. Messi insieme, però, i voti del PD, del M5S e del Terzo Polo arrivavano al 55 per cento.
Quindi unirsi, per il centrosinistra allargato, è stato un modo per non condannarsi di nuovo alla sconfitta: e le premesse per recuperare una città che dal Dopoguerra fino a dieci anni fa era stata governata dalla sinistra e dal centrosinistra ci sono.
«Da oltre dieci anni in Umbria non si vedeva più questo clima, anche per via di logoramenti, divisioni e limiti del centrosinistra», racconta Walter Verini, senatore locale del PD. Il riferimento è al complicatissimo periodo che il centrosinistra ha attraversato negli ultimi anni: la sconfitta del 2014 a Perugia fu il preludio, poi vennero altre sconfitte a Terni, Todi, Spoleto, Bastia, tutti i principali centri che nel giro di pochi anni hanno abbandonato il centrosinistra. Poi ci fu il caso politico e giudiziario: nell’aprile del 2019 il segretario locale del PD e l’assessore regionale alla Salute vennero arrestati per presunti illeciti nella gestione dei concorsi in ambito sanitario; poco dopo anche la presidente Catiuscia Marini, anche lei coinvolta nell’inchiesta, si dimise. Il processo è ancora in corso, la sentenza di primo grado è attesa nelle prossime settimane. Ma nel novembre del 2019 la regione che per più di 50 anni era stata definita “rossa” insieme alle altre del Centro-Nord fu vinta dalla leghista Donatella Tesei, che ora cerca la riconferma in autunno.
Il decennio di traversie del centrosinistra è coinciso con i due mandati da sindaco di Perugia di Andrea Romizi, giovane esponente di Forza Italia. Il primo lo ottenne nel 2014 in maniera un po’ rocambolesca: il centrosinistra per meno di tremila voti non riuscì a riconfermare al primo turno l’uscente Wladimiro Boccali, e poi venne sabotato più o meno esplicitamente dal M5S al ballottaggio, vinto a sorpresa dal centrodestra. Cinque anni dopo Romizi venne rieletto, vincendo nettamente contro un centrosinistra ancora una volta frammentato. «Dieci anni di torpore amministrativo, sia pure gentile», commenta Verini, riconoscendo comunque a Romizi una misura e un garbo eccezionali per un centrodestra che nel frattempo è diventato sempre più estremo, in Umbria e non solo. Invece secondo Ferdinandi la sua azione è stata troppo di «corto respiro», eccessivamente concentrata sull’ordinaria amministrazione e poco su una «prospettiva di vero rilancio della città».
In realtà, a dispetto delle ovvie critiche dell’opposizione, il lavoro di Romizi è ritenuto abbastanza unanimamente positivo per quanto riguarda strettamente l’amministrazione: se non altro per aver risanato i conti del comune, che nel 2014 era quasi in dissesto con un debito di oltre 120 milioni di euro. E lui è piuttosto stimato in città. Inoltre il rilancio della città potrebbe concretizzarsi con i 490 milioni d’investimenti previsti – grazie soprattutto al PNRR, il Piano di ripresa e resilienza finanziato coi fondi europei del Next Generation EU – da distribuire su oltre 440 progetti.
Scoccia negli ultimi cinque anni ha fatto parte della giunta di Romizi, e da sindaca punta ad affiancare alla prudenza amministrativa uno slancio di rinnovamento: «Il PNRR, ma non solo, ci permette di ripensare la città. Ci sono in ballo progetti importanti: la realizzazione della cittadella giudiziaria in centro, la riqualificazione dei quartieri più degradati, come Ponte San Giovanni, Fontivegge e San Sisto. Si potrà così portare a compimento un impegno iniziato dieci anni fa», dice.
Pensando invece alla candidatura con cui il centrosinistra cerca di mettere fine al suo decennio di guai, insiste su una narrazione molto diffusa nella destra perugina: «Anche se ora prova a moderarsi, Ferdinandi è e resta una candidatura estrema, lo dimostrano le sue rievocazioni nostalgiche del marxismo, i pugni chiusi che si vedono tra il pubblico alle sue manifestazioni». Tesi che in effetti è condivisa anche da alcuni dirigenti del PD locale. A gennaio il segretario provinciale Sauro Cristofani si era dimesso proprio in polemica contro la candidatura di Ferdinandi. La corrente moderata del partito avrebbe preferito l’urbanista Paolo Belardi, in passato direttore dell’Accademia di Belle Arti di Perugia. A un certo punto addirittura Serse Cosmi, l’ex allenatore del Perugia, era sembrata un’ipotesi degna di considerazione, ma alla fine ha prevalso Ferdinandi.
L’accusa di essere un’estremista Ferdinandi la respinge. «Il mio universo di valori è certamente quello di sinistra», dice. «Ma il tentativo di schiacciarmi su posizioni massimaliste è solo l’appiglio retorico dei miei avversari per tentare di spaventare l’elettorato moderato. Che poi: sarei io la radicale? Se guardiamo alla nostra carriera politica, non sono certo io quella che militava in una formazione di estrema destra».
Ferdinandi allude all’inizio della carriera politica di Scoccia, che da giovane militò in Azione Universitaria, l’associazione giovanile di Alleanza Nazionale e poi di Fratelli d’Italia. «Io il mio impegno civico e politico l’ho fatto altrove», dice. Persino la sua laurea in filosofia politica è finita nella polemica elettorale, per via della sua tesi su un aspetto del pensiero di Ernst Bloch che è considerato dalla destra come una sorta di manifesto di radicalismo (la cosiddetta “corrente calda” del marxismo).
Ferdinandi è laureata anche in psicologia clinica. Il suo primo attivismo fu proprio in questo campo, collaborando con la Città del Sole, una fondazione impegnata nel reinserimento sociale di persone con disagi psichici animata dalla scrittrice Clara Sereni e da suo marito Stefano Rulli (quello di Rulli & Petraglia, uno degli sceneggiatori più apprezzati degli ultimi quarant’anni di cinema italiano). Nell’aprile nel 2019 Ferdinandi aprì Numero Zero, il primo «ristorante inclusivo» della regione dove vengono impiegati pazienti psichiatrici, e per questo progetto a novembre del 2021 venne premiata da Sergio Mattarella Cavaliera al merito della Repubblica.
«Una grande emozione, sì, e una grande soddisfazione», ricorda Ferdinandi, poi saluta perché «ho poca voce rimasta, e me la devo conservare per gli ultimi giorni di campagna elettorale». L’elezione nei fatti è una competizione a due tra lei e Scoccia e potrebbe risolversi già al primo turno se una delle due superasse il 50 per cento dei voti: ipotesi abbastanza probabile, vista l’inconsistenza degli altri tre candidati.