La Corte costituzionale turca ha annullato un decreto che autorizzava il presidente a licenziare il governatore della Banca centrale
Una sentenza della Corte costituzionale turca ha dichiarato incostituzionale e annullato diverse parti di un decreto approvato nel 2018 dal presidente Recep Tayyip Erdoğan, fra cui quella che permetteva al presidente di licenziare i governatori della Banca centrale turca. È un potere che Erdoğan ha usato cinque volte negli ultimi cinque anni, fra cui la più recente a febbraio. Secondo la Corte, tale autorità dovrebbe essere sancita da una legge approvata dal parlamento, e non da un decreto presidenziale. La sentenza risponde a un ricorso presentato nel 2018 dal Partito popolare repubblicano, il principale partito di opposizione in Turchia. Diversi giudici della Corte sono stati nominati proprio da Erdoğan: è piuttosto raro che la Corte si opponga a una decisione del presidente.
Erdoğan, che governa dal 2003 e nel 2017 aveva fatto approvare una riforma costituzionale per dare maggiori poteri al presidente, fino a un anno fa aveva esercitato grosse pressioni sui governatori della Banca centrale turca per spingerli ad abbassare i tassi di interesse. Le politiche economiche bizzarre e scriteriate del presidente avevano portato l’inflazione a livelli altissimi.
Dopo le elezioni di maggio 2023, che ha vinto, Erdoğan aveva promesso di adottare politiche più «razionali», e nominato una nuova governatrice della Banca centrale, la banchiera Hafize Gaye Erkan. Erkan aveva aumentato moltissimo i tassi di interesse, per far scendere il tasso di inflazione. A febbraio era stata licenziata perché alcuni giornali l’avevano accusata di aver abusato della propria posizione (cosa che lei ha negato). È stata sostituita dall’economista Fatih Karahan, che ha proseguito la strategia di innalzare i tassi di interesse.
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