È stata confermata in appello la condanna di Amanda Knox a tre anni di carcere per aver calunniato Patrick Lumumba

Amanda Knox prima dell'udienza, il 5 giugno 2024, con suo marito, a destra, e il suo avvocato, a sinistra (AP Photo/Antonio Calanni)
Amanda Knox prima dell'udienza, il 5 giugno 2024, con suo marito, a destra, e il suo avvocato, a sinistra (AP Photo/Antonio Calanni)

La Corte d’Assise d’appello di Firenze ha confermato la condanna di Amanda Knox a tre anni di carcere, nel secondo processo di appello contro di lei per le accuse di calunnie verso Patrick Lumumba. Knox aveva indicato alla polizia Lumumba come responsabile dell’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher nel 2007, omicidio per cui la stessa Knox era stata condannata e poi assolta in Cassazione. Lumumba aveva passato 14 giorni in carcerazione preventiva, ed era poi stato liberato in quanto totalmente estraneo ai fatti.

Anche se la sentenza di mercoledì dovesse essere confermata dalla Corte di Cassazione in un probabile ricorso, Knox non andrebbe in carcere, perché è già stata in carcerazione preventiva per quasi quattro anni, tra il 2007 e il 2011, quando era accusata dell’omicidio di Kercher. Knox era già stata condannata in via definitiva per calunnia, ma la Corte di Cassazione aveva disposto un nuovo processo dopo che la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva condannato l’Italia per irregolarità nell’interrogatorio in cui Knox aveva accusato Lumumba.

Knox, coinquilina di Kercher, indicò come responsabile Lumumba, al tempo suo datore di lavoro in un pub, durante un interrogatorio nella questura di Perugia il 6 novembre 2007, descritto da Knox come estremamente stressante. Nel 2019 la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva condannato l’Italia per le condizioni in cui Knox venne interrogata: non le venne detto che era indagata e non fu chiamato un avvocato; l’interprete che tradusse domande e risposte era una funzionaria della questura e non una professionista esterna accreditata alla polizia, come da protocollo. Knox sostenne anche di essere stata colpita con schiaffi alla testa perché riferisse alla polizia un nome.

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