I problemi nella costruzione della nuova capitale dell’Indonesia non finiscono più
Dopo diversi rallentamenti e difficoltà a trovare finanziamenti stranieri, lunedì si sono dimessi i due principali responsabili del progetto per la costruzione di Nusantara, senza dare spiegazioni ufficiali
Lunedì si sono dimessi senza dare spiegazioni ufficiali i due principali dirigenti che stanno seguendo il progetto di costruzione della nuova capitale dell’Indonesia, Nusantara. Il trasferimento della capitale da Giacarta a una zona centrale del Borneo, fino a pochi anni fa completamente occupata da foreste, è un ambizioso piano del presidente uscente Joko “Jokowi” Widodo, presentato nel 2019 e approvato nel 2022. L’attuale capitale Giacarta è infatti una città con molti problemi: abitata da 10 milioni di persone, è congestionata dal traffico, inquinatissima, senza parchi o spazi culturali e soggetta a frequenti alluvioni. Il problema principale è l’innalzamento del livello del mare e il contemporaneo sprofondare della città: il suolo di Giacarta sprofonda in alcune zone della città fino a 15 centimetri l’anno.
Le dimissioni del direttore e del vicedirettore della Nusantara National Capital Authority, Bambang Susantono e Dhony Rahajoe, sono state interpretate come un ulteriore segnale di difficoltà nel progetto, i cui costi sono stimati in oltre 30 miliardi di euro. Lo stato indonesiano finanzia il 20 per cento dei lavori, ma sta faticando a trovare investitori internazionali.
Secondo i piani, la nuova città dovrebbe essere inaugurata il 17 agosto, il giorno in cui si celebra l’anniversario dell’indipendenza indonesiana. Ci vorrà però molto tempo per finire di costruirla: secondo il governo indonesiano verrà completata nel 2045, l’anno del centesimo anniversario dell’indipendenza della nazione dai Paesi Bassi.
L’Indonesia ha deciso di spostare la sua capitale dall’isola di Giava, la più importante, più ricca e influente del proprio arcipelago, nel 2019. I lavori per costruire dal nulla Nusantara sono iniziati nel 2022: il cantiere della nuova città si trova nella parte orientale del Kalimantan, l’area indonesiana del Borneo (il Borneo è la grande isola asiatica il cui territorio è diviso tra gli stati di Malesia, Brunei e Indonesia). Il governo aveva detto a dicembre che le infrastrutture necessarie per la città, come strade, dighe, ponti e uffici governativi, erano state completate al 63 per cento, e la loro costruzione sarebbe finita entro la fine del 2024.
Ad agosto sarebbe dovuto avvenire il primo trasferimento di 12.000 dipendenti pubblici, ma è stato rinviato di almeno un mese perché gli edifici in cui dovranno abitare non sono stati completati. Già martedì il presidente Jokowi arriverà a Nusantara per inaugurare alcune scuole e altre opere. A novembre 2023 per la prima volta il presidente era atterrato nel nuovo aeroporto, che è stato costruito a circa 15 chilometri dal futuro centro della città: il governo sostiene che sarà completamente operativo entro l’anno.
Nusantara è un progetto fortemente voluto da Jokowi, il cui secondo e ultimo mandato da presidente scade a ottobre. A marzo è stato eletto come suo successore l’ex generale Prabowo Subianto, ministro della Difesa uscente, sostenuto dallo stesso Jokowi. Subianto ha annunciato che continuerà il progetto nella sua forma originaria.
Negli ultimi mesi sono emersi però diversi problemi, soprattutto legati a questioni di conformazione del terreno, che hanno rallentato i lavori e fatto nascere molti dubbi fra gli investitori stranieri, preoccupati anche dalla gestione della transizione fra i due presidenti. Un’altra questione riguarda la proprietà dei terreni su cui sorgerà la città: attualmente sono dello stato, che non ha ancora deciso se affittarli o venderli ai privati.
Le dimissioni dei due massimi dirigenti della società statale che gestisce il progetto non hanno al momento una spiegazione ufficiale, ma i due interessati hanno solamente smentito che fossero legate all’insoddisfazione del governo per i risultati ottenuti. Avrebbero quindi scelto di lasciare il progetto di propria volontà, cosa che alcuni osservatori ritengono ancora più preoccupante.
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