Joe Biden dice che ci sono «tutte le ragioni» per pensare che Benjamin Netanyahu stia prolungando la guerra a Gaza per motivi politici

In un'intervista alla rivista “Time” il presidente degli Stati Uniti ha detto di non voler commentare personalmente questa ipotesi, ma ha aggiunto di capire perché in molti lo pensano

Joe Biden durante un comizio a Nashua, nello stato del New Hampshire, 21 maggio 2024 (AP Photo/Alex Brandon)
Joe Biden durante un comizio a Nashua, nello stato del New Hampshire, 21 maggio 2024 (AP Photo/Alex Brandon)

In un’intervista con la rivista americana Time, al presidente degli Stati Uniti Joe Biden è stato chiesto se secondo lui il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu stia prolungando la guerra nella Striscia di Gaza per ragioni politiche e personali, ossia per mantenere il proprio incarico e restare al potere. Biden ha detto di non voler commentare personalmente l’ipotesi, ma ha poi aggiunto che «ci sono tutte le ragioni perché le persone possano trarre questa conclusione».

L’intervista è stata condotta dal giornalista Massimo Calabresi lo scorso 28 maggio, ma è stata pubblicata oggi. In altri momenti della conversazione Biden è stato più cauto nel commentare le decisioni del governo israeliano sulla guerra in corso nella Striscia di Gaza. Per esempio, Biden ha detto di non credere che il governo di Netanyahu stia usando la fame come arma contro Hamas e la popolazione palestinese, sebbene abbia intrapreso delle «attività inappropriate». Ha anche detto di non considerare Netanyahu come direttamente responsabile per il feroce attacco di Hamas contro Israele dello scorso 7 ottobre, che ha dato inizio alla guerra.

La guerra nella Striscia di Gaza tra Israele e Hamas va avanti ormai da più di otto mesi, durante i quali l’esercito israeliano ha ucciso più di 37mila palestinesi: ci sono stati vari tentativi di mediare un accordo tra le due parti per un cessate il fuoco, il più recente dei quali è ancora in discussione ed è stato reso pubblico proprio da Biden lo scorso venerdì. Biden aveva presentato i dettagli del piano davanti ai media in un discorso che era stato visto anche come un tentativo di mettere pressione su Netanyahu, che invece aveva evitato di parlarne pubblicamente in modo esaustivo.

Netanyahu è da tempo molto criticato dall’opinione pubblica israeliana per la sua gestione della guerra ed è messo sotto pressione anche dai suoi alleati di governo: è ormai opinione comune, sia in Israele che all’estero, che la fine della guerra significherebbe con ogni probabilità anche la fine del suo mandato da primo ministro, visto il malcontento nei suoi confronti. Da qui sono sorte le accuse secondo cui starebbe prolungando il più possibile la guerra con l’obiettivo di restare in carica: nell’intervista di Time Biden ha sostanzialmente detto di essere d’accordo con questa tesi.

La proposta di cessate il fuoco fatta da Joe Biden venerdì non è ancora stata accettata né dal governo di Israele né da Hamas: entrambe le parti la stanno valutando.

Nell’intervista di Time Biden non ha invece risposto a una domanda in cui gli si chiedeva se Netanyahu fosse il principale oppositore di un accordo con l’Arabia Saudita, all’interno del quale quest’ultima riconoscerebbe ufficialmente per la prima volta Israele come Stato, in cambio di un aiuto a costruirsi un’industria nucleare e a creare uno Stato palestinese. Netanyahu però si è sempre detto contrario a uno Stato palestinese.

Negli ultimi mesi i rapporti tra Biden e Netanyahu si sono molto deteriorati, e l’atteggiamento del presidente statunitense nei confronti di Israele e dell’invasione della Striscia di Gaza è diventato sempre meno accondiscendente. Tra i vari motivi c’è anche il fatto che in più occasioni Netanyahu ha ignorato gli appelli degli Stati Uniti a far entrare più aiuti umanitari nella Striscia di Gaza.

L’invasione israeliana della Striscia di Gaza era cominciata in risposta all’attacco senza precedenti di Hamas in territorio israeliano del 7 ottobre 2023, durante il quale erano state uccise brutalmente in Israele circa 1.200 persone e altre 250 erano state rapite da Hamas e portate nella Striscia di Gaza. A Netanyahu si contesta che in questi otto mesi l’invasione non abbia raggiunto i suoi principali obiettivi: cioè liberare tutti gli ostaggi israeliani, molti dei quali nel frattempo sono stati uccisi, e smantellare definitivamente Hamas. Inoltre il primo ministro israeliano è molto criticato per le gravi carenze nella sicurezza israeliana che avevano permesso l’attacco del 7 ottobre, e su cui sono in corso indagini.