Il terzo incomodo tra Macron e l’estrema destra francese
Raphaël Glucksmann è il leader della lista che alle europee tiene dentro un partito di recente formazione e i Socialisti, da tempo diventati quasi ininfluenti: stando ai sondaggi potrebbero avere ora i voti per creare scompiglio
Nelle ultime settimane il presidente francese Emmanuel Macron è stato costretto a modificare la propria campagna elettorale per le europee a causa della crescita nei sondaggi della lista di centrosinistra guidata da Raphaël Glucksmann, di cui fanno parte il suo partito, Place publique (di formazione recente), e i Socialisti, partito che ha a lungo dominato la politica francese e che da tempo è piuttosto ininfluente. Macron ha impostato la strategia della sua campagna per il voto del 9 giugno cercando di ripetere quella del 2019 e quella delle ultime presidenziali francesi: presentare le elezioni come un confronto diretto tra partiti nazionalisti, come il Rassemblement National di Marine Le Pen (di estrema destra), e partiti progressisti, come il suo.
L’inaspettato successo di Glucksmann ha fatto però saltare questo approccio togliendo a Macron il “monopolio” di argine all’estrema destra, costringendolo a rivendicare le politiche di centrosinistra portate avanti dal suo governo, che però non sono molte, e a recuperare voti da quell’area politica.
Figlio del filosofo francese André Glucksmann, scrittore e eurodeputato nel gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo dal 2019, Raphaël Glucksmann ha 44 anni. Ha lavorato come consigliere del presidente georgiano Mikheil Saakashvili tra il 2009 e il 2012, ha vissuto in Ucraina quando l’ormai ex moglie Eka Zgouladze era viceministra dell’Interno, tra il 2014 e il 2016, e ha collaborato con Vitali Klitschko, il pugile diventato sindaco di Kiev che nel 2014 fu uno dei leader del movimento ucraino filoeuropeo noto come Euromaidan, nel quale lo stesso Glucksmann venne coinvolto.
Durante il suo mandato in Europa, Glucksmann si è impegnato contro il genocidio degli uiguri, gruppo etnico a maggioranza musulmana perseguitato dal governo cinese; ha difeso le norme ambientaliste del Green Deal; ha sostenuto l’integrazione dell’Ucraina nell’Unione europea e la riforma del regolamento di Dublino, la principale norma europea che regola la gestione di persone migranti e richiedenti asilo.
Glucksmann ha annunciato la propria ricandidatura alle europee nel settembre 2023 con lo slogan “Le combat continue” (“la lotta continua”). E nel febbraio del 2024 Place Publique (Pp) e il Partito socialista (Ps) hanno ufficializzato un accordo in vista delle europee.
Nel novembre del 2023 le intenzioni di voto per questa lista erano al 10,5 per cento, con una distanza di 9 punti dalla lista di Macron guidata da Valérie Hayer. In marzo erano salite all’11,5 per cento, in aprile al 14 per cento e secondo i sondaggi degli ultimi giorni sono al 14,5 per cento, a un solo punto e mezzo dalla lista della maggioranza di governo. Glucksmann ha inoltre superato le liste di sinistra Europe Ecologie-Les Verts (EELV) e La France Insoumise (LFI), che sono rispettivamente al 6 e all’8 per cento.
Sempre secondo i sondaggi, da inizio marzo a fine maggio il 9 per cento degli elettori ha cambiato idea su chi andare a votare alle europee: di tale volatilità ha beneficiato, oltre all’estrema destra del Rassemblement National (attualmente al 33 per cento delle intenzioni di voto), la lista di Glucksmann, che ha dunque guadagnato nuovi elettori che provengono soprattutto dal Partito Comunista, dai Verdi e dal partito di Macron.
I motivi del successo di Glucksmann sono diversi. Sono innanzitutto legati alla debolezza e alla crisi dei suoi più diretti avversari: il partito di Jean-Luc Mélenchon, La France Insoumise, che negli ultimi mesi ha assunto posizioni piuttosto radicali soprattutto su questioni di politica estera che hanno allontanato anche il suo tradizionale elettorato, e i Verdi le cui questioni principali, sempre secondo i sondaggi, non sono più in cima come un tempo alle preoccupazioni dei francesi. Se la lista guidata da Raphaël Glucksmann sta avanzando, ha scritto a fine aprile il quotidiano Le Monde, è in primo luogo perché La France Insoumise e gli ecologisti «se la passano male e quella lista compensa in parte le loro debolezze».
L’altro elemento che spiega il successo di Glucksmann è che sta abilmente sfruttando le difficoltà di Emmanuel Macron e cercando di portare dalla propria parte i suoi elettori ed elettrici.
Macron ha da tempo grossi problemi di popolarità per via di varie riforme e misure controverse che ha voluto e fatto approvare: la riforma sulle pensioni, ad esempio, che aveva causato manifestazioni e proteste in tutto il paese, o quella sull’immigrazione fatta passare con l’appoggio della destra e dell’estrema destra. Alle elezioni legislative del 2022 Macron aveva perso la maggioranza assoluta in parlamento: era stato accusato di essere distante dalle persone, di governare in modo verticistico facendo frequente ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione, una procedura legislativa che permette di forzare l’approvazione di un testo senza passare dal voto dei deputati. Secondo diversi analisti, Macron avrebbe poi commesso l’errore di scoprirsi a sinistra, concentrando la campagna elettorale per le europee esclusivamente sulla competizione con il RN di Le Pen e ignorando i temi che potevano attirare gli elettori di sinistra, lasciando così spazio ai Socialisti.
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Sembra inoltre che Glucksmann stia facendo una campagna elettorale efficiente: parla di Europa, soprattutto, e sta sottraendo al campo macronista il “monopolio” che Macron stesso aveva nel 2019, quello di incarnare il voto europeista contro l’estrema destra ostile o critica verso l’Europa. In aprile, durante un comizio a Rouen, Glucksmann ha promesso agli elettori di «riprendere la bandiera europea dalle mani di Macron».
Nelle ultime settimane, Glucksmann ha poi parlato spesso di tassazione dei patrimoni più grandi, della necessità dell’istituzione di un salario minimo europeo, di transizione ecologica, questione su cui Macron e il suo governo hanno fatto diversi passi indietro. Ha mostrato di avere una linea chiara sull’Ucraina, ma anche su quel che sta accadendo a Gaza: ha denunciato le violenze di Hamas ed è stato assai critico nei confronti di Israele. Infine, scrive Le Monde, è «la persona giusta al posto giusto»: i francesi non lo percepiscono come un candidato che vuole posizionarsi in vista delle future elezioni presidenziali, ma come un politico «autenticamente europeo che fa campagna su questo tema».
Se i numeri dei sondaggi venissero confermati, vi sarebbe una riorganizzazione generale degli scenari politici francesi e di quello che dal 2017 è stato definito il nuovo bipartitismo francese, basato sull’opposizione tra l’estrema destra di Marine Le Pen e il partito di Macron. Il Partito socialista tornerebbe inoltre a contare qualcosa, dopo che era praticamente scomparso nel 2017 a seguito della presidenza di François Hollande, che era stata molto impopolare, della disoccupazione, della debole crescita economica, degli attentati terroristici che avevano colpito il paese, ma anche a causa della nascita del movimento di Macron a cui avevano, fin da subito, aderito molti esponenti socialisti di rilievo.