Cosa si sa del femminicidio di Giada Zanola, in provincia di Padova
L'ex compagno della donna, Andrea Favero, ha detto alla polizia di averla buttata oltre il parapetto sul cavalcavia dell'autostrada A4: ma non era in presenza di un avvocato e non vale come confessione
Nella notte tra il 28 e il 29 maggio una donna di 34 anni, Giada Zanola, è morta cadendo da un cavalcavia sull’autostrada A4 a Vigonza, un comune di 23mila abitanti in provincia di Padova. La sua morte è descritta come un femminicidio perché l’ex compagno di Zanola, Andrea Favero, 38 anni, avrebbe detto alla polizia di averla sollevata e spinta oltre il parapetto del cavalcavia. Dal punto di vista giuridico non si tratta di una confessione, perché Favero avrebbe fatto questa ammissione in assenza di un avvocato e poi non l’ha ripetuta, ma è comunque un’informazione che ha indirizzato le prime indagini ed è riportata nell’ordinanza di custodia cautelare della giudice per le indagini preliminari Laura Alcaro. L’uomo è accusato di omicidio volontario e si trova in carcere.
Zanola e Favero avevano un figlio insieme, si erano lasciati e lei si era impegnata in una nuova relazione. Lo stesso Favero ha raccontato alla polizia che la sera della morte della donna avevano “litigato”. Oltre all’iniziale ammissione di colpa ci sono altri indizi sulla sua presunta colpevolezza, a partire dal fatto che in passato lui l’aveva aggredita: Zanola aveva condiviso alcune fotografie dei lividi causati dai maltrattamenti subiti da Favero con un’amica e con il nuovo compagno. Inoltre la mattina del 30 maggio Favero aveva mandato un messaggio al cellulare di Zanola in cui si lamentava del fatto che lei non fosse passata a salutarlo: l’ipotesi dell’accusa è che sia stato scritto nel tentativo di depistare le indagini.
L’autopsia sul corpo di Zanola, effettuata il 31 maggio, conferma che la donna era viva quando è caduta dal cavalcavia. Devono essere fatte altre misurazioni per ricostruire più precisamente la dinamica della caduta e le modalità con cui il corpo di Zanola ha superato il parapetto, alto un metro e 96 centimetri. Nelle sue prime dichiarazioni Favero avrebbe detto di averla afferrata per le ginocchia, sollevata e spinta. Si attendono inoltre gli esiti degli esami tossicologici per stabilire se Zanola avesse assunto sostanze che potrebbero averla stordita: ci vorrà circa un mese perché siano disponibili.
Gli investigatori nel frattempo analizzeranno il cellulare di Favero e stanno continuando a cercare quello di Zanola, che finora non è stato trovato: sospettano che l’uomo lo abbia nascosto. L’ultimo segnale registrato dal telefono risale alle 4 del 29 maggio.