Nessuna quiete dopo la tempesta
Le conseguenze sul lungo periodo di Vaia, nel progetto del fotografo Matteo de Mayda
Alla fine di ottobre del 2018 la tempesta Vaia, come fu chiamata dai meteorologi, distrusse molte foreste delle Dolomiti, causando ingenti danni in Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Gli effetti di quella tempesta sul territorio sono al centro del progetto There’s no calm after the storm del fotografo Matteo de Mayda, che per cinque anni si è dedicato a ricostruirli in un esteso lavoro fotografico che mette insieme foto d’archivio e di reportage, immagini satellitari e al microscopio, testimonianze della comunità e spiegazioni scientifiche.
Si stima che i venti di scirocco di Vaia, a oltre 200 chilometri orari, abbiano abbattuto circa 14 milioni di alberi, pari a 8,5 milioni di metri cubi di legname, su una superficie di 41mila ettari di terreno. La maggior parte di quegli alberi è stata raccolta, tagliata, rimossa dalle montagne e infine venduta, ma ancora oggi molti sono ancora a terra perché raccoglierli è un’operazione complessa, come mostra una serie di foto di de Mayda.
Gli alberi caduti, spiega de Mayda, non svolgono più la loro funzione di protezione contro frane e valanghe, e i letti dissestati dei torrenti non sono più in grado di incanalare e contenere l’acqua: «Mentre esperti e gente del luogo si rimboccano le maniche per riportare la situazione alla normalità, il danno economico complessivo è stato stimato in circa tre miliardi di euro».
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Oltre ad avere causato immediate e notevoli conseguenze economiche e ambientali, a peggiorare la situazione c’è stata poi l’infestazione di bostrico, noto anche come bostrico tipografo, un piccolo insetto colpevole della distruzione dei boschi a cui Vaia ha contribuito in modo determinante. È un coleottero di forma cilindrica e di colore bruno, lungo circa cinque millimetri, che cresce sotto la corteccia dell’abete rosso dove scava intricate gallerie che interrompono il flusso della linfa, e in questo modo causa la morte della pianta in breve tempo.
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There’s no calm after the storm non si limita a ricostruire la storia dei danni e delle procedure in atto per trovare soluzioni, ma parla di folklore, persone, aneddoti e storie locali di riutilizzo del legno degli alberi di Vaia. In Val di Fiemme gli abeti abbattuti da Vaia vengono utilizzati da un’impresa per fabbricare strumenti musicali: migliaia di pianoforti, arpe da concerto e strumenti di liuteria.
De Mayda, fotografo nato a Treviso che nei suoi lavori si occupa soprattutto di cause sociali e ambientali, ha collaborato con il giornalista Cosimo Bizzarri (che si è occupato della stesura dei testi e ha contribuito alle fasi di ricerca), con l’Università di Padova e con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Bologna.
There’s no calm after the storm (cioè Non c’è quiete dopo la tempesta) ha vinto l’Italian Sustainability Photo Award, premio assegnato a progetti che parlano di sostenibilità ambientale, ed è in mostra fino al 9 giugno al festival di Fotografia Europea di Reggio Emilia. Attualmente è in corso una campagna di crowdfunding per finanziare la realizzazione di un libro del progetto, e si può donare qui.