• Mondo
  • Lunedì 3 giugno 2024

In sei mesi da presidente dell’Argentina Javier Milei non ha approvato nemmeno una legge

Finora ha governato solo per decreto, e non è riuscito a far passare nessuna delle sue riforme in parlamento: ora ci prova cambiando capo di gabinetto

Javier Milei durante le celebrazioni dell'anniversario dell'indipendenza argentina, il 25 maggio 2024 (AP Photo/Nicolas Aguilera)
Javier Milei durante le celebrazioni dell'anniversario dell'indipendenza argentina, il 25 maggio 2024 (AP Photo/Nicolas Aguilera)
Caricamento player

Fra una settimana, il 10 giugno, l’ultraliberista Javier Milei completerà i primi sei mesi di mandato da presidente dell’Argentina. Arriverà a questa data senza essere riuscito a far approvare nemmeno una legge dal parlamento argentino, dove il suo partito, La Libertad Avanza, ha un numero molto limitato di rappresentanti. È il peggior risultato in quanto a produttività legislativa dalla fine della dittatura militare e dal ritorno della democrazia, nel 1983.

Milei finora ha governato utilizzando lo strumento dei decreti presidenziali e ha attuato una serie di tagli al bilancio pubblico e di politiche economiche con l’obiettivo di risanare i conti dello stato e limitare l’inflazione. Ma i due progetti di riforma più strutturali, la legge omnibus e la legge bases, non hanno trovato sostegno in parlamento. La prima è stata ritirata, la seconda è attualmente in discussione in Senato (poi dovrà ripassare alla Camera): la sua approvazione è in dubbio e comunque non avverrà in tempi stretti.

Per rispondere a queste difficoltà nei rapporti con il parlamento Milei ha sostituito la scorsa settimana il suo capo di gabinetto Nicolás Posse, un ingegnere proveniente dal settore privato con nessuna esperienza politica precedente, con Guillermo Francos, di 74 anni, che invece ha un lungo trascorso politico e che era già ministro dell’Interno. È un cambio di direzione politica particolarmente importante: Posse era stato decisivo nella sua campagna elettorale, i maggiori poteri concessi a Francos sembrano indicare una maggiore disponibilità a scendere a patti con i partiti tradizionali, che Milei in campagna elettorale aveva promesso di «mandare a casa».

Javier Milei durante la presentazione dei suo ultimo libro, il 22 maggio 2024 (Photo by Marcelo Endelli/Getty Images)

Milei, che si definisce un anarco-capitalista e che è stato eletto con un programma radicale di rinnovamento dell’economia e della società argentina, ha instaurato in questi mesi un rapporto molto conflittuale con i parlamentari eletti: anche quelli più disposti a scendere a compromessi sono stati attaccati e insultati dal presidente, che ha portato avanti una retorica populista e di totale rottura con il resto del mondo politico argentino, la stessa che lo ha portato nel dicembre 2023 a un’inattesa elezione in risposta a una crisi economica che dura da anni.

Nonostante il sostegno al suo governo da parte della coalizione di centrodestra Juntos por el Cambio (che ha anche alcuni ministri), questa contrapposizione totale con il mondo politico ha causato una completa assenza di risultati sul piano legislativo. Milei è stato eletto con il 56 per cento dei voti al secondo turno delle elezioni presidenziali, ma i seggi alla Camera e al Senato sono stati assegnati secondo i risultati del primo turno e il suo partito è rappresentato solo da 38 deputati su 257 alla Camera e da 7 senatori su 72 al Senato.

La prima legge presentata da Milei, la legge omnibus, conteneva oltre 660 articoli ed era stata presentata come l’unico modo per superare la gravissima crisi economica che l’Argentina sta attraversando da diversi anni. Prevedeva riforme molto varie e contestate, che non riguardavano esclusivamente l’ambito economico: un’importante riforma elettorale, la privatizzazione di una quarantina di aziende statali, l’aumento delle pene per chi organizza manifestazioni non autorizzate e il temporaneo trasferimento di poteri dal parlamento al presidente per motivi di “emergenza pubblica”. Non ha mai trovato una maggioranza disposta a sostenerla ed è stata sostituita da una versione ridotta, ma comunque di oltre 230 articoli, la legge bases: le dimensioni e la radicalità delle riforme proposte hanno complicato anche l’approvazione di questa, attualmente passata alla Camera, ma modificata e in discussione al Senato.

Nei primi sei mesi quindi Milei non riuscirà ad approvare nessuna legge: nel primo semestre del 1983 Raúl Alfonsín, primo presidente dopo il ritorno della democrazia, ne fece approvare 30, nel 2003 Nestor Kirchner di centrosinistra 14, il liberista Carlos Menem nel 1989 7, fra cui una che prevedeva alcune importanti privatizzazioni di aziende pubbliche (uno degli obiettivi anche di Milei). Il parlamento argentino da quando Milei è presidente ha invece approvato tre leggi, che però avevano iniziato l’iter nella precedente legislatura ed erano state proposte dal governo peronista e di centrosinistra.

Un pupazzo del presidente durante una protesta degli scorsi mesi. Il cartello dice: “Non ci sono soldi” (AP Photo/Rodrigo Abd)

Il fallimento legislativo di Milei è frutto ovviamente della sua debolezza parlamentare, ma anche della sua totale indisponibilità al compromesso, nonché della sua aggressività verbale nei confronti di quasi tutti gli esponenti della politica argentina. La cerchia ristretta dei suoi collaboratori e consiglieri più fidati ha inoltre mostrato un’attenzione limitata nel costruire un sostegno parlamentare: l’ex capo di gabinetto Posse era un tecnico poco disposto al dialogo con alleati e stampa; la sorella Karina Milei, segretaria generale della presidenza, è focalizzata sull’organizzazione del partito; il consigliere strategico Santiago Caputo ha come principale obiettivo mantenere alta la popolarità di Milei, anche in vista delle elezioni di metà mandato del 2025; il ministro dell’Economia Luis Caputo, zio di Santiago e già ministro con il presidente di centrodestra Mauricio Macri (2017-18), non ha permesso alcuna concessione economica agli alleati per favorire l’approvazione delle leggi.

La nomina a capo di gabinetto di Francos, che i media argentini hanno già definito “superministro”, nelle intenzioni di Milei dovrebbe rappresentare una svolta nei rapporti col parlamento e nell’azione di governo. Francos si definì qualche mese fa «l’altra faccia della medaglia Milei»: riflessivo, calmo, disposto al dialogo e con una grande fiducia nei compromessi, ha una lunga esperienza di lavoro politico con i conservatori classici argentini e anche con le parti più moderate del peronismo. È stato però anche uno dei primi a intuire le possibilità politiche di Milei quando questi era ancora solo un economista che si faceva notare nelle trasmissioni televisive per la sua retorica incendiaria.

Francos avrà come ulteriore compito razionalizzare la gestione del potere: l’amministrazione Milei si è mostrata in questi mesi piuttosto caotica e il presidente è stato attivo soprattutto in viaggi all’estero, per partecipare a forum economici e riunioni dell’estrema destra o per incontrare imprenditori come Elon Musk, amministratore delegato di Tesla. Nessun presidente argentino aveva mai viaggiato così tanto: sabato è stato a El Salvador ospite di Nayib Bukele nel giorno del suo secondo insediamento, a metà giugno andrà in Europa per una serie di incontri, anche in Italia e Francia.

La popolarità di Milei resta piuttosto alta, soprattutto fra i giovani delle classi basse e medie. In questa prima fase della sua presidenza il governo ha chiesto nuovi sacrifici economici alla popolazione, con la promessa che l’ulteriore peggioramento momentaneo delle loro condizioni economiche sia un passaggio verso una soluzione definitiva della crisi. Senza riforme strutturali e risultati in ambito legislativo alla lunga rischia però di perdere la fiducia accordatagli da una parte dell’elettorato (un’altra parte è stata protagonista di animate e partecipate proteste).

– Leggi anche: La diplomazia dell’insulto di Javier Milei