I candidati italiani alle europee da tenere d’occhio

I leader puntano come al solito su personaggi esterni ai partiti per mobilitare più consenso, ma si affidano anche a dirigenti storici radicati sul territorio

Roberto Vannacci al comizio elettorale della Lega per le europee a Milano, 1 giugno 2024 (Claudio Furlan/Lapresse)
Roberto Vannacci al comizio elettorale della Lega per le europee a Milano, 1 giugno 2024 (Claudio Furlan/Lapresse)
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La composizione delle liste elettorali per le europee riflette sempre le volontà dei leader che le decidono. Negli anni si è sempre più consolidata la tendenza a riservare un certo spazio e una certa visibilità a personaggi esterni ai partiti: un tempo si chiamavano indipendenti, oggi ci si riferisce a loro perlopiù come civici. Sono persone non iscritte ad alcun partito ma il cui profilo viene ritenuto in sintonia con alcune sensibilità o alcune battaglie politiche: candidandoli, dunque, i leader sperano di allargare il proprio consenso pescando in un elettorato più ampio, quello che appunto si riconosce nel candidato indipendente.

Non è un fenomeno nuovo. Già nel 1979, alle prime elezioni per il Parlamento Europeo, la Democrazia Cristiana candidò e fece eleggere il giornalista aquilano Angelo Narducci, che fino a quel momento non aveva mai fatto politica; cinque anni dopo, il Partito Comunista Italiano inserì nelle sue liste lo scrittore Alberto Moravia, che fu europarlamentare per l’intera legislatura, e nel 1984 come indipendente nel PCI fu candidato ed eletto il politologo francese Maurice Duverger. Se all’inizio i partiti sceglievano soprattutto intellettuali considerati ideologicamente affini, col tempo la ricerca esasperata del consenso in un contesto di progressiva disaffezione alle ideologie ha portato i leader a candidare piuttosto personaggi dello spettacolo o dello sport, soprattutto a partire dalle europee del 1994.

Quell’anno, la neonata Forza Italia candidò l’ex calciatore della Juventus Giampiero Boniperti e la cantante Ombretta Colli. Il Partito dei Democratici di Sinistra (PDS) candidò invece, tra gli altri, l’attore Enrico Montesano. Negli anni seguenti, altri sportivi e personaggi dello spettacolo (come la sciatrice Manuela Di Centa o la cantante Iva Zanicchi) vennero poi candidati dai partiti di Silvio Berlusconi; a sinistra, invece, sono andati per la maggiore giornalisti e conduttori televisivi (Corrado Augias nel 1994, Michele Santoro e Lilli Gruber nel 2004), un’abitudine che dura ancora oggi.

Alle ultime elezioni poi la ricerca di personaggi già noti per conto proprio è stata accentuata dal fatto che le elezioni europee sono rimaste le uniche elezioni nazionali, in Italia, in cui è possibile eleggere dei candidati con le preferenze, cioè scrivendo il loro nome sulla scheda.

Anche a questo giro se ne vedono tanti di candidati di questo genere nelle liste elettorali. Qui di seguito ne abbiamo raccolti alcuni tra quelli da tenere d’occhio, citando anche candidati che “esterni” non sono, ma che comunque hanno buone probabilità di risultare eletti.

Salvini punta tutto su Vannacci
Tra i candidati esterni, uno di quelli che stanno avendo maggiore visibilità è Roberto Vannacci, generale dell’Esercito e autore di libri controversi pieni di tesi razziste e omofobe, candidato dalla Lega in tutte e cinque le circoscrizioni elettorali in cui si suddivide il territorio italiano per le europee.

Il leader della Lega Matteo Salvini alla presentazione del suo libro insieme al generale Roberto Vannacci, il 30 aprile 2024 (Alessandra Tarantino/LaPresse)

La scelta di Matteo Salvini ha generato molti malumori tra i dirigenti della Lega: i presidenti di Veneto e Friuli Venezia Giulia, Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, hanno detto che sosterranno candidati “del territorio”; analogamente, il capogruppo alla Camera e il vicepresidente del Senato, Riccardo Molinari e Gian Marco Centinaio, hanno lamentato una mancanza di rispetto per i militanti storici del partito oscurati da Vannacci. Anche Giancarlo Giorgetti ha manifestato il suo fastidio, durante un comizio per la candidata Isabella Tovaglieri, varesotta come il ministro dell’Economia, che parlando in privato coi parlamentari a lui più vicini ha commentato la decisione di candidare il generale con parole molto aspre. Per Salvini, però, la scelta di Vannacci si spiega con alcuni sondaggi svolti nelle passate settimane, secondo cui il generale risulterebbe molto attrattivo per l’elettorato più radicale di destra e sovranista, e garantirebbe alla Lega fino a due punti percentuali in più: il che sarebbe decisivo per raggiungere quella soglia minima dell’8-9 per cento (in linea con le politiche del 2022) che metterebbe al riparo la leadership di Salvini dalle contestazioni interne.

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Poi ci sarà il problema del seggio da attribuire a Vannacci: essendo candidato in tutte e cinque le circoscrizioni, se eletto in più di una dovrà scegliere il suo collegio di riferimento. È una scelta non banale, perché la sua rinuncia consentirebbe l’elezione automatica del primo dei non eletti. Anche se decisioni definitive non sono state ancora prese, l’orientamento prevalente tra i collaboratori di Salvini è verso la circoscrizione Nordovest, essendo l’unica dove la Lega può concretamente sperare di eleggere tre europarlamentari. Oltre a Vannacci, in quel caso, i più accreditati sarebbero Silvia Sardone, europarlamentare leghista uscente con un passato in Forza Italia, e Angelo Ciocca, europarlamentare dal 2016.

Noto soprattutto per le sue pittoresche e sbracate proteste contro le istituzioni europee, mesi fa Ciocca aveva duramente criticato Salvini («Il progetto di Matteo Salvini è fallito», aveva detto), cercando anche di costruirsi un rapporto di confidenza col giornalista Andrea Giambruno quando era ancora il compagno di Giorgia Meloni, e di entrare in Fratelli d’Italia. Riabilitato da Salvini, che conta molto sullo storico bacino di preferenze di Ciocca nella provincia di Pavia – già Umberto Bossi, molti anni fa, scherzava sui tanti «amici calabresi» di Ciocca a Pavia  – ora Ciocca si sta facendo notare per una campagna elettorale piuttosto folkloristica.

Oltre alla riconferma in lista di alcuni europarlamentari uscenti a lui molto legati (il veronese Paolo Borchia, l’ossolano Alessandro Panza), Salvini ha deciso di candidare Aldo Patriciello, passato alla Lega nel febbraio scorso dopo una più che decennale carriera politica in Forza Italia e in altri partiti centristi moderati. Spesso critico nei confronti dell’approccio nazionalista di Salvini, finora ferocemente ostile al progetto dell’autonomia differenziata voluto dalla Lega (e da lui definito “la secessione dei ricchi”), Patriciello, europarlamentare da quattro legislature, è entrato in conflitto con Antonio Tajani, segretario di Forza Italia, e ha deciso di ricandidarsi con la Lega nella circoscrizione Sud. Porta con sé le sue molte preferenze personali (83mila nel 2019, 115mila nel 2014, 114mila nel 2009), preziose per Salvini in un’area, quella del Sud Italia, dove la Lega è in forte crisi di consensi.

I candidati di Alleanza Verdi e Sinistra che preoccupano il PD
Anche Alleanza Verdi e Sinistra (AVS), la coalizione guidata da Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, ha deciso di candidare personaggi noti esterni alla politica. Una su tutti: Ilaria Salis, l’insegnante arrestata nel febbraio 2023 a Budapest con l’accusa di aver aggredito dei militanti di estrema destra che partecipavano a una manifestazione d’ispirazione neonazista nella capitale ungherese, e finita al centro di una disputa politica e diplomatica. La segretaria del Partito Democratico Elly Schlein aveva cercato di convincere Salis ad accettare la candidatura nel suo partito, con la prospettiva di un’agevole elezione al Parlamento Europeo e il conseguente ottenimento dell’immunità che le avrebbe consentito di non essere più detenuta.

Salis, che nel frattempo ha ottenuto gli arresti domiciliari a Budapest, ha invece scelto AVS, convinta in particolare da Fratoianni e da Ilaria Cucchi. La candidatura con questo partito è più rischiosa, visto che non è affatto scontato che la lista superi la soglia di sbarramento del 4 per cento alle elezioni, necessaria per eleggere europarlamentari.

Ignazio Marino arriva in bici alla presentazione della sua candidatura con AVS, il 4 aprile 2024 (Mauro Scrobogna/LaPresse)

Oltre che con motivazioni umanitarie, la scelta di Salis si spiega con la volontà di Bonelli e Fratoianni di mobilitare pezzi di elettorato disillusi: militanti di sinistra radicale, attivisti dei centri sociali, di associazioni femministe e ambientaliste e, più in generale, tutto quel mondo di sinistra che non si riconosce nel PD, considerato troppo moderato su molti temi. Più o meno la stessa logica seguita nel candidare Ignazio Marino, ex sindaco di Roma eletto nel giugno del 2013 come espressione di una sinistra “movimentista” e poi costretto alle dimissioni due anni più tardi per via dei suoi contrasti col segretario del PD di allora, Matteo Renzi.

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Il sistema di voto proporzionale alle europee del resto induce spesso i partiti a cercare consensi esasperando le differenze non con gli avversari, ma coi partiti più vicini, così da convincere gli elettori contesi, cioè in bilico tra partiti simili. In questo senso, è significativa anche la candidatura di Massimiliano Smeriglio: ex deputato di Rifondazione Comunista e poi esponente di Sinistra Ecologia Libertà, nel 2019 era stato eletto al Parlamento Europeo con il PD, anche in virtù di una sua vicinanza a Nicola Zingaretti. Dopo una lunga fase di conflitto col PD stesso, però, nel gennaio scorso ha lasciato il gruppo parlamentare di cui faceva parte e accettato poi la candidatura in AVS.

L’equilibrismo del PD di Schlein
Dopo lunghe e faticose trattative con le correnti interne al suo partito, la segretaria del PD Schlein ha infine definito liste elettorali piuttosto equilibrate, in cui anche le minoranze interne hanno molta rappresentanza. E così, oltre alla riconferma di vari europarlamentari uscenti che pure non avevano sostenuto Schlein al congresso del PD (Brando Benifei, Irene Tinagli, Elisabetta Gualmini, Pina Picierno, Alessandra Moretti, tra gli altri), e oltre a garantire il posto di capolista nel Nordest a Stefano Bonaccini (il suo avversario alle primarie), Schlein ha dato molto spazio a sindaci di grandi città, anche a quelli non particolarmente in sintonia con la sua linea politica: Giorgio Gori di Bergamo, Dario Nardella di Firenze, Antonio Decaro di Bari e Matteo Ricci di Pesaro.

La scelta di fare liste molto collegiali per Schlein ha una duplice logica: da un lato, poter sfruttare le tante preferenze che ex europarlamentari e amministratori locali in genere hanno e coinvolgerli dunque a pieno titolo nella campagna elettorale, così da poter sfruttare anche il loro consenso; dall’altro, evitare il rischio che un eventuale insuccesso elettorale del partito, cosa che succederebbe se il PD non andasse oltre il 20-21 per cento, possa venire attribuito solo a lei.

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Schlein ha comunque riservato posti importanti a candidati a lei più vicini, individuati perlopiù al di fuori del partito. È il caso di Cecilia Strada – attivista, scrittrice e figlia del fondatore di Emergency Gino Strada – come capolista al Nordovest, e della giornalista Lucia Annunziata capolista al Sud. Poi ci sono anche Eleonora Evi, esponente dei Verdi e già parlamentare europea col M5S, che ha però litigato con Bonelli dopo la sua elezione alla Camera, e Jasmine Cristallo, animatrice del movimento delle “sardine”, nato nel 2019 come un’aggregazione delle opposizioni alla Lega di Salvini.

Vecchie glorie e dispetti a Salvini
Il tentativo di sottrarre voti e candidati ai propri alleati è evidente a sinistra, ma lo è ancora di più a destra. Abbiamo detto di Patriciello, storico dirigente molisano di Forza Italia andato con la Lega. Ma anche in Forza Italia ci sono due candidati che hanno una lunga storia nel partito di Salvini, e che sono stati scelti da Tajani proprio per togliere consensi dalla Lega al Nord. Flavio Tosi, ex sindaco di Verona e a lungo rivale interno di Salvini, eletto deputato con Forza Italia nel 2022, da mesi porta avanti una dura campagna contro Zaia in Veneto. Roberto Cota, ex presidente del Piemonte, aveva aderito a Forza Italia già nel 2020, ma restando sempre un po’ ai margini. Ora con la sua candidatura nel Nordovest Tajani spera di accaparrarsi molti voti in quella regione, a cui appartengono anche altri due personaggi importanti messi in lista: Paolo Damilano, candidato sindaco di Torino nel 2021 e sconfitto da Stefano Lo Russo del PD, e Claudia Porchietto, storica dirigente locale di Forza Italia.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani e Letizia Moratti alla conferenza stampa di Forza Italia per le elezioni europee, il 23 Marzo 2024 (Marco Cremonesi/LaPresse)

La candidatura su cui però Tajani punta di più al Nordovest è quella di Letizia Moratti, ex ministra che si candidò col Terzo Polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda alle ultime regionali in Lombardia del 2023, e che ha poi deciso di tornare in Forza Italia, il partito che l’aveva sostenuta nella sua esperienza da sindaca di Milano. Per Tajani, il ritorno di Moratti e la sua candidatura testimoniano la vitalità del partito, che in molti davano per spacciato dopo la morte di Silvio Berlusconi. Chi ha consuetudine con Moratti dice che lei non fa mistero di sperare in un incarico da ministra, magari in sostituzione di uno degli attuali membri di governo di Forza Italia, e che un ottimo risultato alle europee potrebbe aiutarla in questo intento.

Come per Moratti, ma in un contesto molto diverso, è notevole anche il ritorno di Renata Polverini. L’ex presidente del Lazio era uscita dal partito di Berlusconi nel gennaio del 2021, quando aveva deciso di votare la fiducia al governo di Giuseppe Conte in dissenso dal suo gruppo. Vi era poi tornata pochi mesi dopo, ma alle politiche del 2022 non era stata ricandidata. Ora è in lista nella circoscrizione del Centro. Al Sud, Tajani confida in Fulvio Martusciello, suo fedelissimo, capodelegazione di Forza Italia a Bruxelles negli ultimi anni ed europarlamentare per due legislature. Nelle isole la capolista è Caterina Chinnici, figlia di Rocco Chinnici, capo del pool antimafia di Palermo ucciso da Cosa Nostra nel 1983. Era stata eletta col PD nel 2019, poi aderì a Forza Italia nell’aprile del 2023.

Questioni di famiglie
Ci sono alcuni parenti di personaggi noti, nelle liste di Fratelli d’Italia. Uno è Giovanni Crosetto, nipote del ministro della Difesa Guido Crosetto, a cui alcuni dirigenti piemontesi del partito avevano chiesto di candidarsi. Oltre a lui c’è anche Alessandro Ciriani, sindaco di Pordenone dal 2016 e fratello di Luca, ministro per i Rapporti col parlamento. Nella stessa circoscrizione, Nordest, sono candidati anche il vicentino Sergio Berlato, europarlamentare per quattro legislature e animatore negli scorsi anni di campagne negazioniste e complottiste sul Covid, ed Elena Donazzan, più volte consigliera e assessora regionale veneta, che in passato si fece notare per alcune sue uscite nostalgiche del regime fascista.

Marion Maréchal, dirigente del partito di estrema destra Reconquête, insieme al compagno Vincenzo Sofo, eletto al Parlamento Europeo nel 2019 con la Lega e ora ricandidato con Fratelli d’Italia (ANSA/CIRO FUSCO)

Poi c’è Vincenzo Sofo, eletto cinque anni fa con la Lega e poi passato in Fratelli d’Italia nel giugno del 2021. Sofo è noto, tra l’altro, per essere il compagno di Marion Maréchal, nipote della leader del Rassemblement National Marine Le Pen. Maréchal è però una dirigente di Reconquête, il partito ancora più di destra guidato da Éric Zemmour, recentemente alleatosi con Fratelli d’Italia nel gruppo dei Conservatori e riformisti europei (ECR). Nelle liste di Fratelli d’Italia ci sono poi alcuni degli europarlamentari uscenti del partito, come Nicola Procaccini, uno dei giovani dirigenti più in vista, e Carlo Fidanza, capodelegazione del partito negli ultimi anni benché durante il mandato sia stato accusato di essere molto vicino ad ambienti neofascisti e abbia patteggiato una condanna per corruzione.

La candidatura da tenere davvero d’occhio, però, è proprio quella di Giorgia Meloni, che ha deciso di candidarsi nonostante sia presidente del Consiglio e dunque non potrà accettare la sua elezione al Parlamento Europeo (l’unico precedente analogo è quello di Silvio Berlusconi). La sua scelta di candidarsi capolista in tutte le circoscrizioni dimostra la sua intenzione di considerare il voto europeo come una sorta di test per verificare il gradimento suo e del suo governo. Sarà interessante osservare le differenze tra le sue preferenze e quelle che raccoglieranno Elly Schlein (che è candidata solo al Centro e nelle isole) e Antonio Tajani (capolista in quattro circoscrizioni, ma non candidato nelle isole). L’altro confronto da fare sarà con Matteo Salvini: nel 2019, da vicepresidente del Consiglio, candidandosi capolista ovunque ottenne circa 2,2 milioni di preferenze.

Scelte diverse per Renzi e Calenda
Alla fine Carlo Calenda e Matteo Renzi hanno deciso di andare separati, dopo l’ennesimo litigio. Il primo guida le liste di Azione, e si è candidato in prima persona pur sapendo che non accetterà l’elezione preferendo restare senatore, nonostante avesse criticato poco prima i leader che scelgono per queste candidature fittizie. Come lui anche Elena Bonetti, deputata transitata in Azione dopo una lunga permanenza in Italia Viva di Renzi. Tra i candidati che ambiscono a ottenere maggiori preferenze ci sono l’ex sindaco grillino di Parma Federico Pizzarotti e Marcello Pittella, presidente della Basilicata tra il 2013 e il 2019 e storico dirigente locale del PD, prima di entrare in Azione nell’agosto del 2022.

Renzi ha invece fatto un accordo elettorale con Emma Bonino, storica dirigente dei Radicali: la loro lista si chiama Stati Uniti d’Europa, a cui hanno aderito varie formazioni centriste ed europeiste. Sia Renzi sia Bonino sono candidati, ma con la promessa di accettare il seggio al Parlamento Europeo in caso di elezioni. Nelle liste ci sono, tra gli altri, esponenti di Italia Viva vicini a Renzi (la senatrice Raffaella Paita, l’ex ministra Teresa Bellanova e l’ex deputato Davide Bendinelli) ed ex dirigenti dei Radicali come Rita Bernardini. L’avvocato Gian Domenico Caiazza, ex presidente dell’Unione delle Camere penali e animatore di molte battaglie “garantiste”, è capolista nella circoscrizione del Centro. Il britannico Graham Watson, già europarlamentare per quattro legislature nel gruppo dei Liberali e Democratici di cui è stato a lungo dirigente, è invece capolista nel Nordest.

Il Movimento tra vecchio e nuovo
Per le sue liste Giuseppe Conte ha cercato a lungo personalità mediatiche. Alla fine, tra gli altri, si candideranno con il Movimento 5 Stelle il giornalista Gaetano Pedullà e l’ex calciatrice Carolina Morace. Al Sud il capolista è Pasquale Tridico, nominato presidente dell’INPS (Istituto nazionale della previdenza sociale) dal M5S nel 2019 e spesso criticato durante il suo mandato (concluso nel 2023) per una gestione dell’ente troppo accomodante nei confronti del partito che l’aveva nominato.

Anche ex parlamentari ed europarlamentari uscenti trovano spazio nelle liste. Tra gli altri, l’ex senatore campano Gianluca Ferrara, coinvolto nella scorsa legislatura in varie polemiche per le sue numerose prese di posizione in favore dei regimi cinese e russo. Fra i candidati nella circoscrizione Nordest c’è anche Paolo Bernini, ex deputato fra il 2013 e il 2018 assai noto per le sue posizioni complottiste.

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