A Bologna si potrà fare un referendum sulla “città 30”

Il quesito proposto dai partiti di destra è stato considerato ammissibile: ora dovranno raccogliere 9mila firme entro l'estate

Un cartello stradale al centro della foto con scritto "zona 30", in una zona ombreggiata
Uno dei cartelli che indicano la Zona 30 a Bologna (Michele Nucci / LaPresse)
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Il Comitato dei garanti del comune di Bologna, un organo che giudica l’ammissibilità delle proposte di referendum consultivi, ha giudicato ammissibile la richiesta dei partiti di destra di tenere un referendum consultivo sul limite di velocità di 30 chilometri all’ora imposto in città nella maggior parte delle strade da gennaio dall’amministrazione di centrosinistra.

Ora i partiti avranno circa tre mesi per raccogliere 9mila firme, necessarie per poter organizzare il voto. Se riusciranno a farlo – 9mila firme non sono moltissime, per un comune di 392mila abitanti – il referendum si terrà probabilmente nei primi mesi del 2025.

Il limite di velocità di 30 chilometri all’ora è entrato in vigore a Bologna il 16 gennaio 2024, anche se la misura era stata introdotta gradualmente già dal 2023. Grazie a questa iniziativa Bologna è diventata la prima grande “città 30” in Italia.

La decisione era stata molto criticata dai partiti di destra che sostengono il governo nazionale, in particolare dalla Lega: il suo leader e ministro dei Trasporti Matteo Salvini aveva sostenuto che limiti di velocità del genere «non hanno senso e creano solo danni». In realtà diverse grandi città europee, tra cui Berlino, Barcellona, Bruxelles e Parigi, sono già “città 30” e hanno dimostrato come l’introduzione di limiti alla velocità delle auto non comporti un allungamento dei tempi di percorrenza per gli automobilisti, ma anzi favorisca un sostanziale decongestionamento del traffico, se accompagnato con adeguati investimenti su mezzi alternativi.

L’opposizione della Lega ha portato la sezione cittadina del partito, insieme a quelle di Forza Italia e Fratelli d’Italia, a proporre un referendum consultivo in cui verrà chiesto ai bolognesi e alle bolognesi, in sostanza, se sono contrari o favorevoli al nuovo limite. Il quesito è stato approvato dal Comitato dei garanti, che avranno un mese per preparare la raccolta firme e farsi dare gli appositi fogli timbrati dalla segreteria generale del comune. I moduli con le 9mila firme poi andranno depositati «entro tre mesi dalla data della prima vidimazione dei fogli».

Il sindaco di Bologna Matteo Lepore, del Partito Democratico, ha accolto in maniera positiva la notizia dell’approvazione del quesito da parte del Comitato dei garanti. In un comunicato ha definito il futuro referendum «una bella e ulteriore occasione di partecipazione e di confronto»: «continuiamo a lavorare con serenità su questo provvedimento, che riteniamo fondamentale per salvare vite, migliorare la sicurezza e la qualità dello spazio pubblico».

Ad aprile del 2024 è stata registrata in città una diminuzione del 16 per cento degli incidenti e 73 feriti in meno rispetto allo stesso periodo del 2023, quando la zona 30 non era ancora stata introdotta. L’amministrazione bolognese ha difeso fortemente il progetto della città 30, anche di fronte a diverse critiche arrivate nelle prime settimane di introduzione dei divieti. Per incentivare l’utilizzo di mezzi alternativi all’auto il Comune ha anche promesso la realizzazione di nuove piste ciclabili e marciapiedi più larghi, oltre che il potenziamento dei mezzi pubblici.

– Leggi anche: Cos’è davvero una “città 30”

Nel caso si dovesse tenere, quello sulla città 30 sarà un referendum consultivo comunale: un voto previsto dalla legge italiana in cui viene chiesto ai residenti di esprimere un’opinione riguardo a specifiche questioni legate all’amministrazione della loro città. Questi referendum possono riguardare solo questioni di competenza comunale: non si può, per esempio, fare un referendum comunale sulla legge sulle unioni civili. Soprattutto non prevedono un quorum e il loro risultato non è vincolante: anche se la maggioranza dei votanti si esprimesse contrariamente alla misura, l’amministrazione potrebbe scegliere comunque di non eliminarla, o di modificarla solo in parte.

Nella pratica però i risultati di questi referendum sono tenuti molto in considerazione: specialmente in casi come questo, quando il quesito riguarda un progetto molto importante per l’amministrazione in carica e anche piuttosto divisivo in città. Lepore ha fatto dell’iniziativa città 30 uno dei punti principali della sua amministrazione e se la città votasse contro sarebbe un duro colpo a livello di opinione pubblica e stabilità politica.