A Torino la “stanza per l’ascolto” per le donne che vogliono abortire aprirà a giugno

Nonostante la lunga opposizione dei sindacati e di un movimento femminista, giovedì sono state consegnate simbolicamente le chiavi all'associazione antiabortista che la gestirà

Manifestazione delle attiviste di Non Una Di Meno per la giornata per l'aborto sicuro, a Torino, nel settembre 2022. (Ansa/Tino Romano)
Manifestazione delle attiviste di Non Una Di Meno per la giornata per l'aborto sicuro, a Torino, nel settembre 2022. (Ansa/Tino Romano)
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A fine giugno aprirà all’ospedale pubblico Sant’Anna di Torino la cosiddetta “stanza per l’ascolto”, uno sportello rivolto alle donne che vogliono interrompere una gravidanza: sarà gestito dalla federazione regionale del Movimento per la Vita, un’associazione antiabortista di ispirazione cattolica legata politicamente alla destra. Lo ha annunciato Maurizio Marrone, assessore regionale alle Politiche sociali di Fratelli d’Italia, che giovedì ha consegnato simbolicamente le chiavi della stanza al Movimento per la Vita. La “stanza per l’ascolto” è frutto di un accordo tra l’associazione e l’Azienda Città della Salute e della Scienza di Torino, uno dei poli sanitari pubblici più grandi in Italia, ed è stata fortemente criticata dai movimenti femministi, che l’avevano definita «un salto indietro di decenni».

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A ottobre il sindacato CGIL e il movimento femminista Se Non Ora Quando Torino si erano opposti all’apertura della “stanza per l’ascolto” presentando un ricorso al TAR, il tribunale amministrativo regionale, chiedendo che l’accordo venisse revocato perché ritenuto in violazione dei principi della legge 194 che consente l’aborto. A gennaio però il TAR aveva respinto il ricorso d’urgenza, perché la stanza era inagibile quindi l’urgenza non sussisteva, rimandando a un’udienza ancora da fissare la discussione sull’opportunità o meno di aprire il centro all’interno dell’ospedale. Su questa seconda parte del ricorso quindi il TAR deve ancora esprimersi. Intanto con un comunicato CGIL e SeNonOraQuando?Torino fanno sapere che, ora che la stanza è agibile, «procederanno attraverso i loro uffici legali con la proposizione di un ricorso d’urgenza in corso di causa per bloccare l’attivazione della stanza».

Concretamente la “stanza per l’ascolto” prevede che un gruppo di volontari e volontarie del Movimento per la Vita riceva su appuntamento le donne in una stanza dedicata dell’ospedale pubblico Sant’Anna: le utenti potranno essere indirizzate al servizio sia dal personale sanitario oppure potranno contattare spontaneamente e direttamente i volontari. Attraverso la “stanza per l’ascolto” il Movimento per la Vita dovrebbe fornire un sostegno economico una tantum alle donne e alle famiglie che scelgono di non abortire attingendo al “Fondo vita nascente”, approvato con una delibera dalla Regione Piemonte e finanziato negli anni scorsi con oltre 400mila euro e poi con un 1 milione di euro per il 2024.

Parlando con il Corriere Torino, il movimento femminista Non Una Di Meno, che in città ha aperto un consultorio autogestito che fa accompagnamento all’aborto, ha detto che le donne non hanno bisogno di «antiabortisti in ospedale che si occupino di salute riproduttiva», ma «di abortire in modo più accessibile, di maggiore supporto al parto e alla genitorialità». Sempre secondo Non Una Di Meno, che si dice favorevole a politiche di welfare pubblico che aiutino la genitorialità e consentano scelte realmente consapevoli, il nome di questo “sportello” non deve trarre in inganno perché si tratterà di un luogo sostenuto con fondi pubblici dove verrà esercitata una forte pressione sulle donne per convincerle, in cambio di un piccolo aiuto economico, a non abortire facendo leva sul loro presunto senso di colpa.

Il ginecologo del Sant’Anna Silvio Viale – consigliere comunale a Torino denunciato da quattro ex pazienti lo scorso febbraio – ha detto che la stanza sarà lontana «da ogni interferenza con le donne che seguiranno il percorso di interruzione volontaria di gravidanza per cui non cambierà nulla», aggiungendo che saranno gli operatori a seguire le donne e a garantire che i volontari antiabortisti «rimangano lontano dal servizio della 194».

L’ospedale Sant’Anna di Torino è il primo in Italia per numero di parti (nel 2022 ce ne sono stati 6.414) ed è anche il primo in Piemonte per numero di interruzioni volontarie di gravidanza: nel 2021 ne sono state fatte circa 2.500, il 90 per cento di quelle effettuate a Torino e il 50 per cento di tutta la regione.

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Rispondendo ad alcune critiche sull’istituzione della “stanza dell’ascolto”, il direttore sanitario dell’ospedale Sant’Anna di Torino Umberto Fiandra aveva detto che l’iniziativa è di fatto resa possibile dalla legge 194, quella che in Italia regolamenta l’accesso all’aborto. Quella legge fu approvata nel 1978, grazie alle pressioni dei movimenti femministi e dopo un passaggio parlamentare durato circa due anni durante il quale molte forze politiche provarono, con più o meno forza, a opporsi alla proposta.

La legge 194 ha molti limiti: uno di questi nasce dalla possibilità che ospedali, consultori e strutture socio-sanitarie si attivino non solo per garantire l’accesso all’aborto, ma anche per esaminare «possibili soluzioni» e aiutare la persona «a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza», come previsto dall’articolo 5. In molti casi questo ha permesso ai gruppi antiabortisti di inserirsi facilmente all’interno degli ospedali e dei luoghi pubblici per la salute per opporsi ai diritti sessuali e riproduttivi delle donne.

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