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  • Venerdì 31 maggio 2024

Non è un buon momento per la libertà di stampa in Slovacchia

Dopo l'attentato al primo ministro Robert Fico le cose non sono cambiate, anzi: i partiti di governo stanno promuovendo nuove leggi per rendere più difficile fare giornalismo

Alcuni giornalisti circondano il ministro della Difesa Robert Kaliňák dopo una conferenza stampa. (AP/Peter David Josek)
Alcuni giornalisti circondano il ministro della Difesa Robert Kaliňák dopo una conferenza stampa. (AP/Peter David Josek)
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Quando due settimane fa il primo ministro slovacco Robert Fico venne gravemente ferito in un attentato, molti si chiesero cosa sarebbe successo alla politica slovacca, che già da qualche tempo era diventata tossica per i difficili rapporti tra il governo, populista e filorusso, e i partiti più europeisti dell’opposizione.

L’ipotesi di molti era che non ci sarebbe stata alcuna distensione tra partiti avversari, ma anzi che Fico e i suoi alleati avrebbero sfruttato l’attacco, diciamo così, per restringere ulteriormente la libertà di stampa nel paese, un processo che era già stato avviato in precedenza e che tra le altre cose aveva portato il governo a proporre di abolire l’emittente pubblica del paese, Radio e Televisione della Slovacchia (RTVS), e sostituirla con un nuovo ente, la Slovacchia Televisione e Radio (STVR), su cui avrebbe potuto esercitare maggior controllo. Oggi sembra che quelle ipotesi si stiano concretizzando.

Lunedì 27 maggio il Partito Nazionale Slovacco (SNS), che fa parte della coalizione di governo insieme a Voce (HLAS) e a Direzione-Socialdemocrazia (Smer) di Robert Fico, ha presentato in parlamento alcune modifiche alla legge sui media e a quella che regola il diritto di accesso alle informazioni. Gli emendamenti proposti vorrebbero introdurre un «diritto di correzione», che potrebbe obbligare i media a cambiare i contenuti che danneggiano «l’onore, la dignità o la buona reputazione» del richiedente. Le modifiche prevedono anche la possibilità per la pubblica amministrazione di chiedere il pagamento di una somma per le domande di informazioni giudicate «eccezionalmente lunghe e complicate».

Secondo i critici, la formulazione degli emendamenti sarebbe troppo vaga (anche nella parte che stabilisce la somma da pagare) e lascerebbe troppo spazio a potenziali abusi. Diversi giornali slovacchi hanno scritto che le modifiche renderebbero più difficile soprattutto il lavoro dei media locali, che ottengono molte informazioni inviando richieste formali alle amministrazioni comunali. I sostenitori degli emendamenti hanno invece detto che approvarli significherebbe rendere più oggettivo e imparziale il lavoro dei giornalisti, e controllare che il discorso pubblico non diventi troppo violento, soprattutto dopo l’attentato contro Fico dello scorso 15 maggio (Fico è stato dimesso venerdì mattina, ma la sua convalescenza sarà lunga).

Il primo ministro slovacco Robert Fico

Il primo ministro slovacco Robert Fico (AP/Denes Erdos)

Gli emendamenti sono stati proposti da Andrej Danko, il leader dell’SNS, che dopo l’attentato aveva detto che «l’era dell’insolenza» dei giornalisti doveva finire.

Oltre agli emendamenti alla legge sui media e a quella sulla libertà di accesso alle informazioni, i parlamentari dell’SNS hanno anche presentato un piano per «limitare la diffusione dell’odio online», che tra le altre cose prevede che le persone che vogliono commentare un articolo, oppure chi partecipa alla discussione di un forum, possano farlo solo creando un profilo che permetta di identificarle, attraverso il loro codice identificativo di nascita (l’equivalente del nostro codice fiscale), il numero di telefono e la copia di un documento di identità.

Secondo l’SNS le modifiche avrebbero lo scopo di rendere più facile l’identificazione da parte della polizia e quindi di prevenire la diffusione di messaggi di odio su internet; secondo i critici però avrebbero lo scopo di limitare la libertà di espressione sui siti dei giornali, dal momento che le stesse norme non si applicheranno alle piattaforme social.

Negli ultimi giorni, poi, si è discusso molto di un altro episodio che riguarda la libertà dei media, e in particolare delle televisioni. Domenica sera uno dei giornalisti televisivi più noti del paese, Michal Kovačič, alla conclusione dell’episodio della sua trasmissione di attualità politica Na telo, ha rivolto un appello agli spettatori denunciando le pressioni politiche di cui la trasmissione sarebbe stata oggetto, e ha parlato del rischio di «orbanizzazione» delle televisioni del paese (facendo riferimento all’Ungheria e al governo di Viktor Orbán, che negli ultimi anni ha reso molto più difficile il lavoro dei media indipendenti).

La trasmissione Na telo aveva già avuto dei problemi: da mesi i partiti della coalizione di governo rifiutavano gli inviti a parteciparvi, e la televisione che la trasmette (un’emittente privata, TV Markíza) aveva deciso di anticipare la fine di questa stagione. Dopo l’intervento di Kovačič, però, gli amministratori di TV Markíza hanno deciso proprio di cancellarla, sostenendo che il conduttore «avesse abusato dello spazio a sua disposizione per promuovere le sue idee personali».

La cancellazione di Na telo è stata commentata diversamente dai politici dell’opposizione e da quelli che appartengono al governo: Michal Šimečka, il leader del principale partito di opposizione Slovacchia Progressista (PS), ha difeso Kovačič e ha sostenuto la necessità di proteggere l’indipendenza dei media. Il ministro della Difesa Robert Kaliňák (Smer), che sta ricoprendo il ruolo di primo ministro da quando Fico è ricoverato, ha invece criticato Kovačič, sostenendo che i media in Slovacchia non siano imparziali e che parlare di riconciliazione «è impossibile». Ha aggiunto che parlare di «orbanizzazione» dei media servirebbe solo «a incitare all’odio il pubblico». Kaliňák ha proposto ai rappresentanti dei media in Slovacchia di discutere insieme delle proposte che aiuterebbero a migliorare il lavoro dei giornalisti nel paese.