A queste elezioni europee guardano tutti a destra
Nella campagna elettorale in corso si parla quasi solo del rapporto tra Giorgia Meloni, Ursula von der Leyen e Marine Le Pen, da cui probabilmente dipenderà il prossimo Parlamento Europeo
Il risultato dei partiti di destra ed estrema destra alle elezioni europee di giugno è diventato il tema centrale delle campagne elettorali di molti paesi dell’Unione Europea. Stando ai sondaggi, infatti, è possibile che per la prima volta nella storia dell’Unione al Parlamento si formi una maggioranza solo di destra, che prenda il posto della coalizione che ha dominato il Parlamento sin dalla sua creazione, formata dal Partito Popolare Europeo (PPE), il più grande gruppo europeo e di centrodestra, i Socialisti, di centrosinistra, e i Liberali.
Al di là dei sondaggi, il tema è diventato assai discusso dopo che mesi fa Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, aveva aperto alla possibilità che il PPE (il gruppo a cui lei stessa appartiene) si alleasse con alcuni partiti di destra ed estrema destra dopo le elezioni: tra questi c’è Fratelli d’Italia, che guida il gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR), uno dei due gruppi di estrema destra del Parlamento Europeo (l’altro è Identità e Democrazia, ID). L’unico limite di cui aveva parlato von der Leyen era che questi partiti avrebbero dovuto essere a favore dell’Unione Europea e dell’invio di armi in Ucraina, e che avrebbero dovuto rispettare lo stato di diritto: una condizione, quest’ultima, che sembra escludere partiti come Diritto e Giustizia, che ha governato la Polonia in modo semi-autoritario fino al 2023 e che guida ECR insieme a Fratelli d’Italia, e Fidesz, il partito del primo ministro ungherese Viktor Orbán, a cui Meloni è vicina.
Nonostante un’alleanza del PPE con i partiti di destra sia inedita, non lo è la collaborazione su diversi temi anche importanti discussi al Parlamento Europeo. Negli ultimi anni alcuni partiti di estrema destra, come Fratelli d’Italia, hanno infatti lavorato insieme a von der Leyen in materia di politiche migratorie, riuscendo per esempio a far approvare alla maggioranza moderata del Parlamento Europeo un inasprimento delle regole per i richiedenti asilo.
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Von der Leyen sta cercando di essere rieletta per un secondo mandato, e nonostante non l’abbia mai detto chiaramente la sua ricerca di un appoggio da destra deriva dalla possibilità che i gruppi dei Socialisti e dei Liberali che l’avevano sostenuta durante lo scorso mandato non riescano a eleggere abbastanza parlamentari: già nel 2019 venne eletta per pochissimi voti poiché diversi europarlamentari appartenenti a questi gruppi non la votarono.
In questi mesi il gruppo dell’Alleanza dei Socialisti e dei Democratici (S&D) e quello dei Liberali di Renew Europe (RE) hanno invece detto più volte di non avere alcuna intenzione di allearsi con Meloni o con qualsiasi altro partito di estrema destra, e hanno chiesto a von der Leyen di ripensarci.
A inizio maggio i due gruppi, insieme al gruppo ambientalista dei Verdi/Alleanza Libera Europea e quello di Sinistra (GUE/NGL), avevano pubblicato un comunicato congiunto in cui parlavano proprio di questa questione, condannando allo stesso tempo gli attacchi compiuti da alcuni manifestanti di estrema destra contro politici dei Verdi e di sinistra tedeschi. Nel messaggio chiedevano a von der Leyen di «rifiutare fermamente qualsiasi normalizzazione, cooperazione o alleanza con i partiti di estrema destra e radicali».
Molte attenzioni si sono rivolte in particolare a una possibile alleanza tra von der Leyen e Meloni, osteggiata non solo dai gruppi al Parlamento Europeo che avevano scritto il comunicato di maggio, ma anche da molti leader dei partiti che compongono il PPE e dal partito stesso di von der Leyen, l’Unione Cristiano-Democratica di Germania, guidato per anni da Angela Merkel.
Da parte sua, durante un’intervista del 26 maggio alla trasmissione In mezz’ora su Rai 3, Meloni ha detto che sarebbe interessata a far parte di una «maggioranza di centrodestra», ma anche di essere disposta ad allearsi con qualsiasi partito a patto che non sia di sinistra.
Di fatto ha incluso non solo i partiti che fanno parte di ECR, che come detto è il gruppo a cui appartiene Fratelli d’Italia e a cui sono iscritte anche forze politiche con cui almeno sulla carta von der Leyen ha detto di non volersi alleare; ma anche tutti i partiti di Identità e Democrazia (ID), il gruppo ancora più a destra di ECR che comprende la Lega e il partito di estrema destra francese Rassemblement National (quello di Marine Le Pen). Fino al 23 maggio dentro a ID c’era anche il partito tedesco Alternative für Deutschland (AfD), poi espulso per alcune dichiarazioni sui nazisti fatte dal suo capolista, Maximilian Krah.
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In realtà Lega e Rassemblement National erano già insofferenti con AfD, a causa dei suoi legami con ambienti neonazisti e illiberali e per i continui scandali degli ultimi mesi. In particolare il Rassemblement National, con il suo popolare presidente 28enne Jordan Bardella e Marine Le Pen, sta proseguendo da tempo un processo di “normalizzazione” volto a dare un’immagine più moderata e rassicurante del partito. Questa operazione, che ricalca quella fatta in Italia da Meloni con Fratelli d’Italia, ha portato dei risultati in Francia, dove il Rassemblement National è primo nei sondaggi con il 32 per cento dei consensi.
Rassemblement National è tuttavia ancora un partito molto radicale, non solo per i suoi alleati europei, ma anche per le sue posizioni euroscettiche e filorusse: un anno fa proprio Le Pen aveva detto di considerare la regione ucraina della Crimea, annessa illegalmente dalla Russia nel 2014, come parte del territorio russo. Alla fine del 2023 un’inchiesta del Washington Post aveva dimostrato dei legami fra il partito e il governo russo e in questi anni Rassemblement National si è opposto all’invio di armi in Ucraina.
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Di questo processo di normalizzazione fa parte anche il tentativo recente di Le Pen di allearsi con Meloni, esplicitato la scorsa settimana durante un’intervista al Corriere della Sera: «Adesso è il momento di unirsi, se ci riusciamo possiamo diventare il secondo gruppo del Parlamento Europeo». Queste sue dichiarazioni sono state interpretate come una specie di proposta di Le Pen di formare un nuovo gruppo al Parlamento Europeo che comprenda sia i partiti di ECR che quelli di ID, che potrebbe superare per numero di parlamentari il gruppo di centrosinistra di S&D.
Anche se non dovesse realizzarsi questo scenario, la crescita dei partiti di estrema destra potrebbe spingere il centrodestra europeo a collaborare sempre di più con i partiti di Meloni e Le Pen, tra gli altri, spostando in generale verso destra l’orientamento delle politiche adottate nei prossimi anni dal Parlamento Europeo.