Le condanne nel più importante processo contro gli attivisti per la democrazia a Hong Kong
I 16 imputati erano accusati di sedizione per aver organizzato delle primarie: 14 sono stati giudicati colpevoli e ora rischiano dai tre anni di carcere all’ergastolo
Giovedì l’Alta corte di Hong Kong ha giudicato colpevoli di aver violato la contestata legge sulla sicurezza nazionale 14 dei 16 attivisti per la democrazia coinvolti nel più importante processo di sempre contro il movimento democratico nella città semiautonoma cinese. I 16 imputati erano accusati di associazione a delinquere per sovversione e di aver organizzato elezioni primarie non autorizzate: la pena non è stata ancora comunicata, ma i 14 condannati rischiano dai tre anni di carcere all’ergastolo.
Il processo, che è stato molto seguito anche a livello internazionale, è ritenuto una prova dell’erosione delle libertà civili a Hong Kong, che fino a qualche anno fa godeva di un ampio grado di libertà dalla Cina, con stampa libera e un sistema giudiziario indipendente, prima di una grossa ondata di repressione portata avanti dal governo filocinese di Hong Kong, che ha di fatto eliminato ogni forma di dissenso. Tra gli imputati nel processo di questi giorni non ci sono soltanto politici pro democrazia, ma anche giornalisti, professori, sindacalisti.
I 16 imputati erano stati arrestati assieme ad altre decine di persone nel febbraio del 2021, nel corso di un’ampia retata contro molti dei principali leader del movimento democratico della città. A Hong Kong era in corso in quegli anni – e poi non si è di fatto più fermata – una forte repressione cominciata con l’approvazione nel 2020 di una legge sulla sicurezza nazionale voluta dal regime della Cina. Questa legge diede alle autorità della città ampi poteri per reprimere gli attivisti per la democrazia, che dal 2019 avevano organizzato enormi proteste contro il regime.
La ragione dell’arresto furono le primarie non ufficiali che gli attivisti per la democrazia avevano organizzato nel luglio del 2020, con l’intenzione di individuare i candidati più forti per partecipare alle elezioni del parlamento locale di Hong Kong, che si sarebbero dovute tenere di lì a breve. Le primarie si svolsero normalmente e pacificamente, e furono un successo: parteciparono 600 mila persone. Ma le autorità cittadine ritennero l’organizzazione di queste primarie un atto di sedizione contro il governo, tra le altre cose perché alcuni articoli di un giornale pro democrazia parlarono della necessità di intensificare le proteste e le azioni contro il governo una volta vinte le elezioni (il giornale in questione, l’Apple Daily, fu costretto a chiudere nel 2021).
John Lee, il governatore della città vicino al regime, disse che le primarie degli attivisti democratici erano «un piano premeditato per gettare Hong Kong nell’abisso». Qualche mese dopo cominciarono gli arresti.
Delle 47 persone arrestate e rimaste in carcere, tra cui accademici, politici, ex parlamentari e manifestanti, 31 si erano dichiarate colpevoli, più che altro per cercare di ottenere sconti di pena. Sedici invece avevano continuato a dichiararsi innocenti, e sono quindi state processate da un tribunale scelto appositamente dal governo per gestire casi come questo, dopo aver trascorso più di 1.000 giorni in custodia cautelare.
Tra le persone accusate c’erano per esempio il noto politico Leung Kwok-hung, l’ex professore di legge Benny Tai e Joshua Wong, uno dei più importanti esponenti del movimento a favore della democrazia. Tra quelle giudicate colpevoli giovedì ci sono appunto Leung, il politico Lam Cheuk-ting e la ex giornalista Gwyneth Ho. I due assolti sono invece l’ex procuratore Lawrence Lau e l’attivista Lee Yu-shun. Wong, che è coinvolto anche in altri processi, si era detto colpevole.
Il processo è stato molto seguito, sia per l’importanza degli imputati sia per ragioni simboliche. Alle udienze, tra le altre cose, hanno partecipato come spettatori i diplomatici degli Stati Uniti e di alcuni paesi europei. Ciò a cui tutti guarderanno tuttavia sarà la gravità della pena. Quelli che saranno identificati come i leader del movimento rischiano infatti l’ergastolo.
– Ascolta Globo: La fine di Hong Kong
Le elezioni del parlamento locale di Hong Kong (quelle per cui erano state organizzate le primarie) si sarebbero dovute tenere a settembre del 2020, e molti prevedevano una vittoria dei partiti pro democrazia. Il governo però le rimandò di più di un anno, usando come motivazione la pandemia da coronavirus. Si tennero infine nel dicembre del 2021, ma a quel punto gli arresti e la repressione erano diventati così forti che non fu eletto nemmeno un deputato democratico.
Nel frattempo, dopo la prima legge sulla sicurezza nazionale del 2020, il governo di Hong Kong a marzo di quest’anno ne ha approvata un’altra, ancora più repressiva. I primi arresti sulla base della nuova legge sono avvenuti giusto martedì.
– Leggi anche: Le promesse tradite di Hong Kong