La Nigeria ha ripristinato il suo vecchio inno nazionale, tra varie critiche
Il parlamento ha approvato piuttosto in fretta e inaspettatamente una legge per sostituire quello in vigore dal 1978 con quello scritto alla fine del periodo coloniale britannico
Mercoledì il presidente della Nigeria, Bola Tinubu, ha firmato una legge per ripristinare il vecchio inno nazionale del paese, che era stato sostituito con quello in uso finora nel 1978, quasi cinquant’anni fa. Il giorno prima la legge era stata approvata da entrambe le camere del parlamento, dove il partito di centro di Tinubu, il Congresso di tutti i progressisti, ha la maggioranza. La decisione tuttavia ha provocato ampie critiche sia perché è stata ritenuta affrettata e non necessaria, sia perché secondo alcuni critici sarebbe una distrazione tra i molti problemi economici che dovrebbe affrontare il governo.
Con quasi 217 milioni di abitanti e decine di lingue, religioni ed etnie diverse, la Nigeria è uno dei paesi più importanti dell’Africa e uno dei più popolosi al mondo. È una repubblica federale in cui il presidente è sia capo di stato che di governo e fino al 1960 era una colonia britannica.
L’inno usato negli ultimi decenni si intitola “Arise, O Compatriots” (Alzatevi, compatrioti): venne scritto da cinque persone nigeriane, musicato dalla banda della polizia nazionale e fu introdotto nel 1978 dal regime militare di Olusegun Obasanjo, al governo di un paese che si stava riprendendo da una sanguinosa guerra civile. È stato sostituito con effetto immediato da “Nigeria, We Hail Thee” (Nigeria, ti salutiamo), che invece era stato adottato il primo ottobre del 1960, il giorno in cui il paese aveva ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito: il suo testo era stato scritto da Lillian Jean Williams, una donna inglese che viveva in Nigeria, mentre la musica era stata composta da Frances Berda, un’altra inglese che aveva vinto un bando del governo federale.
Il “vecchio nuovo” inno è stato suonato per la prima volta sempre mercoledì durante una sessione congiunta delle camere a cui era presente anche Tinubu, che esattamente un anno fa aveva giurato come presidente, in seguito alle elezioni vinte nel febbraio precedente.
Alludendo ai testi delle due canzoni il presidente del Senato, Godswill Akpabio, ha commentato che «ci riferiremo gli uni agli altri non come cari compatrioti, ma come fratelli». Secondo il senatore Opeyemi Bamidele, alleato di Tinubu, il nuovo inno incoraggerà i giovani del paese; la Nigeria è un paese estremamente giovane, in cui l’età media è di 18 anni (per fare un confronto, in Italia è più di 45 anni). Altri sostenitori del cambiamento sostengono che fosse sbagliato continuare ad avere un inno risalente al regime militare.
La scelta di scegliere di nuovo l’inno introdotto nel 1960 tuttavia è stata ampiamente criticata. Intanto la proposta di legge per ripristinarlo è stata presentata e discussa in meno di una settimana, un lasso di tempo molto breve per leggi così importanti, che di solito vengono approvate in molto più tempo; in più c’è chi critica il fatto che la popolazione non sia stata consultata nella decisione. Per altre persone nigeriane ancora è un rimando alla colonizzazione del paese, motivo per cui molte hanno scritto sui social network che si rifiuteranno di cantarlo.
Tra le persone più critiche c’è l’ex ministra dell’Istruzione Oby Ezekwesili, secondo cui è stato ripristinato «senza il consenso dei cittadini un inno nazionale coloniale che usa parole denigratorie come ‘terra nativa’ e ‘tribù’». Ezekwesili, candidata alla presidenza del paese nel 2019, ha inoltre accusato il governo di non pensare ad altre questioni più prioritarie. Cheta Nwanze, dirigente dell’azienda di consulenza nigeriana SBM Intelligence, ha definito la decisione di cambiare l’inno «una perdita di tempo», aggiungendo che il governo dovrebbe occuparsi tra le altre cose del problema della sicurezza e dell’inflazione, che durante il primo anno del mandato di Tinubu ha raggiunto il 33,2 per cento, il dato peggiore degli ultimi 28 anni.
Come aveva notato in un articolo del 1960 il noto scrittore sudafricano Ezekiel Mphahlele, “Nigeria, We Hail Thee” era stato criticato da molte persone nigeriane anche al momento della sua introduzione. Non piaceva perché era stato scritto e musicato da due donne inglesi, in inglese, e sembrava rispecchiare molto poco la storia, la vita e le abitudini delle persone del paese. Secondo i critici, l’inno nazionale avrebbe dovuto essere musicato da uno dei 500 musicisti nigeriani che avevano partecipato al bando vinto poi da Berda.
Prima che la legge fosse approvata il procuratore generale della Nigeria, Lateef Fagbemi, aveva detto a una commissione del Senato di ritenere che il processo per cambiare un simbolo nazionale doveva essere «soggetto a una partecipazione più ampia della cittadinanza» ed essere «un riflesso reale del desiderio della gran parte o comunque della maggioranza dei nigeriani».
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