Stellantis ha annunciato altre due settimane di cassa integrazione nello stabilimento abruzzese di Atessa
È uno dei più grandi d'Europa per la produzione di furgoni, sempre meno venduti: solo pochi giorni fa l'azienda aveva detto di voler rilanciare gli stabilimenti italiani
Mercoledì il grande gruppo automobilistico Stellantis, nato nel 2021 dalla fusione tra la francese PSA (Peugeot-Citroën) e l’italo-statunitense FCA (Fiat-Chrysler), ha annunciato la necessità di ricorrere alla cassa integrazione nel suo stabilimento di Atessa, in Abruzzo: per ora coinvolgerà fino a 570 operai e 30 impiegati, durerà dal 24 giugno al 7 luglio e seguirà le due settimane di cassa integrazione già previste dal 10 giugno. Lo stabilimento di Atessa è tra i più grandi in Europa per la produzione di veicoli commerciali leggeri: è lì che si fa per esempio il furgone Ducato della Fiat, che però sta vendendo meno del previsto e la cui produzione scenderà a causa della cassa integrazione a 870 veicoli al giorno, un quarto in meno rispetto allo scorso anno.
Solo lo scorso gennaio l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, aveva visitato lo stabilimento e aveva detto di puntare molto sulla sua produzione per aumentare le vendite dei veicoli commerciali. La decisione è piuttosto sorprendente anche perché è stata presa proprio nei giorni in cui il gruppo aveva detto di voler rilanciare la produzione negli stabilimenti italiani, che negli ultimi anni hanno avuto un sostanziale calo delle attività, con prospettive sempre peggiori per l’occupazione e l’indotto.
Lunedì Tavares aveva annunciato tre nuove produzioni negli stabilimenti italiani, che avrebbero dato nuove prospettive a quello di Mirafiori, a Torino, dove da mesi gli operai sono in cassa integrazione, a quello di Melfi, in Basilicata, e a quello di Cassino, nel Lazio. Tavares aveva anche parlato di nuovi obiettivi per l’Italia, come la produzione annuale di un milione di veicoli tra auto e veicoli commerciali entro il 2030 (nel 2023 ne ha prodotti 752mila) e l’avvio della ricerca, dello sviluppo e della produzione di auto elettriche in Italia in vista della transizione ecologica. Su questi obiettivi, molto ambiziosi e difficilmente raggiungibili per come sono andate le cose finora, Stellantis aveva raggiunto una certa condivisione di intenti anche con il governo italiano, nonostante fin dall’insediamento di Giorgia Meloni come presidente del Consiglio i rapporti tra le due parti siano stati tesi e ci siano stati diversi scontri espliciti.
Alla base di questo rapporto conflittuale ci sono sia ragioni politiche sia altre legate all’occupazione e all’economia. Meloni e il suo partito, Fratelli d’Italia, criticano il percorso industriale che Stellantis segue da anni e l’assetto societario che ha assunto, che secondo il governo avrebbe finito per favorire gli stabilimenti francesi, del ramo di PSA, a scapito di quelli italiani, un tempo di FCA. Stellantis è vista in Italia come l’erede diretta della Fiat, e anche per questo il governo la accusa in maniera più o meno esplicita di non tenere in debita considerazione “l’italianità” del marchio e di non puntare sugli stabilimenti italiani, dove la produzione stentata ha avuto effetti negativi sull’occupazione e sull’economia dei territori.
Di contro Tavares sostiene da tempo che il governo italiano non faccia abbastanza per incentivare le aziende automobilistiche a produrre in Italia, e che gli incentivi per l’acquisto di auto sono insufficienti, soprattutto per chi vuole spostare la produzione verso i modelli elettrici, ancora particolarmente costosi.
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