L’alta cucina e la “maledizione di Ratatouille”

Secondo un articolo dello chef Tommaso Melilli uscito su Lucy, la ricerca gastronomica oggi punta soprattutto sulla nostalgia

(Ratatouille, 2007)
(Ratatouille, 2007)
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Quando si parla di alta gastronomia spesso si pensa a piatti innovativi, audaci, che stupiscono chi li ordina. Come ha raccontato in un articolo sulla rivista online di cultura e attualità Lucy lo chef e autore Tommaso Melilli, tuttavia, da almeno quindici anni «il “nuovo”, l’eccitante, ciò che si deve assaggiare per forza, è molto spesso un piatto che conosciamo da sempre», che fa leva sulla nostalgia: nei ristoranti stellati italiani questi piatti sono spesso paste al sugo o al formaggio. Melilli la chiama la “maledizione di Ratatouille”, citando il famoso film d’animazione del 2007 in cui il piatto della tradizione francese a base di verdure stufate riesce a sorprendere il più severo dei critici gastronomici proprio perché gli ricorda l’infanzia.

Anton Ego, l’arcigno critico gastronomico di Ratatouille, esiste davvero e una volta ho cucinato per lui. È un critico gastronomico francese, forse il più importante, ma preferisco non dirne il nome, perché non gradisce essere accostato al film. Venne a cena nel primo ristorante che ho gestito, ormai dieci anni fa, a Parigi. Il suo viso non è noto, ma una cliente affezionata mi aveva detto che sarebbe venuto, quindi non dico che me l’aspettavo, ma mi permettevo di sperarci.

Una sera c’era una prenotazione per quattro persone, a nome “Vincent”. Con mezz’ora di anticipo rispetto ai suoi commensali, arriva un signore distinto, elegantissimo e molto cortese; ha una macchina fotografica. Il caso vuole che il tavolo sia accanto alla cucina, quindi a un metro e mezzo da me. Io capisco tutto, lui capisce che ho capito, scrivo un pizzino al mio collega che praticamente sviene. Ricordo ancora cosa mangiò: un piatto di rigatoni al sugo finto, un ragù vegetariano fatto di tantissimo sedano, carote, cipolle tritati e brasato con del vino rosso: il sapore delle verdure caramellate nel vino rosso ci ricorda la carne, anche se nella salsa non ce n’è. Amò molto il piatto e tutta la questione, e mi disse che era un po’ la ratatouille delle paste, e io tremavo.

Non recensì mai il mio ristorante, perché per tutta una serie di motivi in quel periodo il mio ristorante non aveva un nome, e non l’ha mai avuto perché poi è fallito. I ristoranti parigini sono spesso assediati dai topi. Non ci si può fare niente, se non stare in guardia per evitare che i clienti li vedano. Soprattutto, a volte dobbiamo comunicarci, fra colleghi, la presenza di un topo, e farlo senza che i clienti capiscano. Nella lingua segreta delle genti di bistrot, la frase in codice era: “Fais attention, Vincent est arrivé”, Stai attento, è arrivato Vincent.

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