• Konrad
  • Mercoledì 29 maggio 2024

La Commissione Europea ha chiuso la grave procedura contro la Polonia per possibili violazioni dello stato di diritto

Era stata aperta nel 2017 a causa di alcune leggi approvate dal precedente governo di estrema destra, poi modificate dall'attuale primo ministro Donald Tusk: ora è stata formalmente abbandonata

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, si scambia un bacio sulla guancia col primo ministro polacco Donald Tusk
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, col primo ministro polacco Donald Tusk (AP Photo/Omar Havana)
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Mercoledì la Commissione Europea, l’organo esecutivo dell’Unione, ha formalizzato la chiusura di una procedura per violazione dello stato di diritto contro la Polonia, la misura più grave mai presa finora contro uno stato membro.

La procedura era stata avviata nel 2017 a causa delle violazioni dei diritti fondamentali e dell’indipendenza del sistema giudiziario causate dalle leggi promosse dal governo allora in carica, guidato dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS). Il PiS ha governato la Polonia per otto anni, dal 2017 al 2023, trasformandola in un paese semi autoritario.

La decisione di chiudere la procedura era stata annunciata già a inizio maggio, dopo una serie di misure per ristabilire lo stato di diritto, la libertà d’espressione e alcune libertà civili approvate dal governo del primo ministro Donald Tusk, di centrodestra, entrato in carica alla fine dell’anno scorso. Nel suo annuncio, la Commissione Europea aveva detto di ritenere che «non esiste più un rischio evidente di grave violazione dello stato di diritto in Polonia ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del trattato sull’Unione Europea».

La procedura contro la Polonia era stata aperta proprio ai sensi dell’articolo 7 del Trattato di Lisbona. Questo permette alla Commissione, nei casi in cui si rilevino gravi violazioni dello stato di diritto da parte di uno stato membro, di far partire un meccanismo di monitoraggio ed eventuali sanzioni nei suoi confronti. Viene utilizzata solo in momenti di estrema criticità e può portare nella sua fase finale, a cui la Polonia non è arrivata, a far perdere allo stato membro il diritto di voto nel Consiglio Europeo (l’organo che raccoglie i capi di stato e di governo dell’Unione Europea).

Subito dopo essere stato eletto primo ministro, Tusk aveva presentato diversi progetti di legge per ristabilire l’indipendenza del sistema giudiziario e dei media. Di recente il suo governo, considerato europeista e liberale, ha anche fatto un primo passo verso la reintroduzione del diritto all’aborto, che era diventato quasi completamente illegale durante gli anni di governo di Diritto e Giustizia.

Anche per questo la Commissione aveva cominciato a sbloccare vari fondi la cui erogazione era stata interrotta a causa dei provvedimenti illiberali messi in atto dal precedente governo. Dopo le prime azioni e dichiarazioni di intenti di Tusk la Commissione ha sbloccato alcune decine di miliardi di euro legate al Recovery Fund, il fondo approvato per contenere la crisi economica innescata dalla pandemia. Ha anche fatto ripartire l’erogazione dei fondi di coesione, cioè i soldi del bilancio pluriennale dell’Unione Europea che vengono distribuiti soprattutto agli stati più poveri, e che erano stati bloccati nel 2022.

Al momento l’unico stato membro che si trova in uno stato di infrazione ai sensi dell’articolo 7 è l’Ungheria.