Papa Francesco si è scusato per aver usato un termine omofobo durante un incontro della CEI
Un comunicato della sala stampa vaticana dice che non voleva offendere nessuno, senza citare esplicitamente il termine che avrebbe usato
Martedì la sala stampa vaticana ha pubblicato un comunicato in cui dice che papa Francesco si scusa per un termine omofobo che avrebbe usato durante un incontro informale alla Conferenza episcopale italiana (CEI), cioè l’assemblea dei vescovi italiani. Secondo diverse fonti il papa, mentre ribadiva la sua contrarietà ad ammettere uomini gay nei seminari, avrebbe usato un commento offensivo e denigratorio in un contesto descritto come molto informale e con un tono colloquiale: avrebbe detto che nei seminari «c’è già troppa frociaggine».
La sala stampa vaticana non ha smentito le accuse al papa sulla scelta del termine, ma ha scritto che Francesco «non ha mai inteso offendere o esprimersi in termini omofobi, e rivolge le sue scuse a coloro che si sono sentiti offesi per l’uso di un termine, riferito da altri». Nel comunicato è citata anche una frase attribuita direttamente al papa, che dice: «nella Chiesa c’è spazio per tutti, per tutti! Nessuno è inutile, nessuno è superfluo, c’è spazio per tutti. Così come siamo, tutti».
Il commento del papa davanti ai vescovi si inserisce all’interno di una questione di lunga data, oltre che molto complessa: la Chiesa cattolica considera l’omosessualità un peccato e da sempre ha mostrato di avere un rapporto controverso con i propri sacerdoti omosessuali.
Da una parte, infatti, varie inchieste pubblicate negli ultimi anni hanno mostrato che molti sacerdoti e vescovi che ricoprono anche cariche di potere e prestigio sono gay. All’interno della Chiesa e della CEI esistono poi persone che vorrebbero emendare il regolamento dei seminari sul territorio italiano, in modo da renderlo un po’ più permissivo nei confronti dei candidati che avessero tendenze omosessuali.
Dall’altra però, è capitato spesso che la Chiesa abbia addossato la colpa dei frequenti abusi da parte di sacerdoti o vescovi nei confronti di persone minorenni o in posizione di debolezza e vulnerabilità all’orientamento sessuale “deviante” di questi sacerdoti, ignorando però il fatto che siano stati commessi abusi anche nei confronti di donne e bambine.
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