Forse torneremo a mangiare le ostriche solo nei mesi “con la R”
Negli ultimi decenni le cosiddette “quattro stagioni” hanno ampliato il mercato dei molluschi, ma si sta scoprendo che sono più vulnerabili alle ondate di calore a cui contribuisce il cambiamento climatico
Fino a qualche decennio fa in Francia si diceva che le ostriche vanno mangiate solo nei mesi “con la R” nel nome, che in francese sono tutti tranne maggio, giugno, luglio e agosto. In italiano funziona, ma va aggiunto ai mesi buoni gennaio, che in francese si dice janvier. D’estate infatti le ostriche selvatiche si riproducono e per questo producono uova e sperma, che in ambito culinario sono chiamati “latte”: una sostanza lattiginosa che ingrossa il corpo dei molluschi e ne modifica il gusto, rendendoli sgradevoli anche per molte delle persone a cui piacciono. Il detto era diventato meno significativo negli ultimi decenni con la diffusione delle ostriche triploidi, una varietà sterile ottenuta con un processo di selezione artificiale che non produce “latte” nemmeno d’estate ed è allevata in gran parte del mondo, Italia compresa.
Tuttavia di recente negli Stati Uniti si è visto che le triploidi sono più vulnerabili alle ondate di calore marino: uno studio pubblicato l’anno scorso sulla rivista Global Change Biology dice che le temperature più alte della media registrate nell’estate del 2021 lungo le coste dell’oceano Pacifico occidentale causarono una moria di ostriche molto più grave tra le triploidi che tra le altre popolazioni di ostriche. Per questo, dato che anche le ondate di calore marino sono favorite dal cambiamento climatico in atto, c’è chi si sta chiedendo se in futuro non torneremo a mangiare questi molluschi solo nei mesi con la R.
Le ostriche triploidi, chiamate anche “ostriche quattro stagioni”, vennero selezionate dalla fine degli anni Settanta negli Stati Uniti a partire da due specie di ostriche originarie delle coste asiatiche del Pacifico, e in particolare da quella generalmente chiamata Crassostrea gigas («generalmente» perché sulla sua classificazione scientifica non c’è unanimità).
Devono la sterilità e il loro nome al fatto di avere tre, e non due, cromosomi sessuali. Per ottenerle si sfrutta una caratteristica comune dei molluschi bivalvi: sottoponendo le loro uova a forti sbalzi di temperatura, o esponendole a certe sostanze, come la caffeina, si possono ottenere individui con un numero di cromosomi sessuali superiore a due. In particolare si possono ottenere molluschi maschi con quattro cromosomi sessuali (tetraploidi) e fertili, che accoppiati con femmine con due cromosomi (diploidi), generano individui con tre cromosomi, non fertili.
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Le triploidi sono vantaggiose per l’ostricoltura perché crescono in fretta e hanno lo stesso sapore tutto l’anno, ragioni per cui sono state adottate da tantissimi ostricultori del mondo. Il primo brevetto statunitense risale al 1995, al 2007 invece quello delle ostriche triploidi francesi, selezionate dall’Istituto di ricerca francese per lo sfruttamento del mare (Ifremer). In anni recenti circa la metà delle ostriche prodotte nel nord-ovest degli Stati Uniti era triploide, e anche in Francia, il primo paese europeo per produzione di ostriche, una buona parte della produzione è “quattro stagioni”.
La diffusione delle triploidi ha permesso di estendere i periodi dell’anno in cui si mangiano le ostriche e fatto sviluppare il consumo estivo, che negli Stati Uniti è diventato quello principale per questi molluschi.
Gli effetti delle ondate di calore marino degli ultimi anni però rischiano di mettere in crisi la produzione e dunque questa usanza, come racconta un articolo pubblicato sulla rivista statunitense Hakai per cui sono stati intervistati scienziati e ostricultori. Uno è Matthew George, che lavora per il dipartimento per il Pesce e la Natura dello stato di Washington ed è il primo autore dello studio pubblicato su Global Change Biology. In laboratorio George e i suoi collaboratori hanno verificato che se sottoposte a stress termici le ostriche triploidi muoiono in quantità significativamente maggiori delle diploidi.
A causa delle morie vari ostricultori statunitensi stanno riducendo la propria produzione di triploidi, o ci stanno rinunciando. C’entra anche il costo più elevato del “seme” delle ostriche triploidi, cioè delle larve degli animali, che gli ostricultori generalmente acquistano da aziende specializzate. Vari ostricultori hanno detto ad Hakai di essere passati dal 70 per cento di triploidi nella propria produzione al 20 per cento.
Dato che però ora negli Stati Uniti le ostriche sono maggiormente richieste d’estate nel settore dell’ostricoltura si sta pensando a nuove strategie, che potrebbero riguardare anche la Francia perché anche in Europa ci sono stati effetti nefasti sulle produzioni di ostriche per via delle ondate di calore. Una possibilità è fare ricerca per provare a ottenere ostriche triploidi più resistenti, come hanno cominciato a fare cinque anni fa l’azienda Taylor Shellfish Farms e alcuni genetisti del dipartimento dell’Agricoltura statunitense. L’altra è usare gli strumenti del marketing, o per tentare di aumentare la domanda nei mesi con la R (la via più percorsa in Francia finora), o per proporre ai consumatori le ostriche lattiginose, ad esempio evitando di menzionare uova e sperma.
Infatti al di là del futuro delle ostriche quattro stagioni, ci si potrebbe abituare a mangiare le ostriche lattiginose. Sono edibili tanto quanto le altre, anche se il gusto è un po’ diverso.
È peraltro possibile che in origine la “regola” sui mesi con la R non fosse dovuta a una questione di sapore, ma ad altre ragioni. Non si sa con esattezza quando e come sia nato il detto. Nella zona di Arcachon, una località della Gironda nota per la produzione di ostriche, si dice che fu coniato all’inizio del Novecento quando l’ostricoltura francese venne danneggiata da un virus o da un parassita che sterminò quasi interamente la popolazione di Ostrea edulis, la specie di ostrica locale. In quel periodo si sarebbe evitato di mangiare le ostriche nei mesi estivi per favorirne la riproduzione e così la crescita del loro numero.
In Normandia, un’altra regione francese dove si allevano ostriche, il modo di dire viene ricondotto a un periodo precedente e cioè al Seicento, quando servivano quattro giorni di viaggio per fare arrivare le ostriche alla corte del re a Parigi. Le temperature estive impedivano di conservarle tanto a lungo e dunque era sconsigliato mangiarle in quel periodo.