Dovremmo essere più sereni sul dormire in letti separati
Nonostante i pregiudizi è la scelta migliore per molte coppie, ma ci sono anche quelle che dormono meglio insieme
In molte società occidentali la condivisione dello stesso letto durante le ore di sonno, oltre che una pratica ampiamente diffusa, è considerata un segno di relazioni di coppia sane e funzionali. È una convinzione molto radicata, per ragioni storiche e culturali, ma da anni è spesso messa in discussione da chi sostiene che dormire in letti separati sia in alcuni casi una scelta preferibile sotto molti aspetti. I progressi recenti nel campo della scienza del sonno – un insieme eterogeneo di discipline come la neurologia, la psicofisiologia e la pneumologia – hanno in generale esteso le conoscenze sui disturbi del sonno e ridotto l’inclinazione a pensare che dormire insieme sia necessariamente un bene per tutte le coppie.
In diverse occasioni l’abitudine di dormire in letti e in stanze separate è stata condivisa e resa ulteriormente popolare da coppie famose, tra cui Cameron Diaz e Benji Madden, e Victoria e David Beckham. E da tempo l’argomento è oggetto di tendenze sui social che riprendono l’espressione anglosassone comunemente utilizzata per definire la pratica del dormire separati: sleep divorce (“divorzio del sonno”). Secondo un sondaggio dell’istituto YouGov condotto nel 2021 su oltre 12mila adulti statunitensi, il 34 per cento delle persone preferisce non dormire nello stesso letto con il proprio o la propria partner.
Nonostante la popolarità e la ciclicità del dibattito, in ambito scientifico non esistono prove che una scelta sia in assoluto migliore dell’altra. Non esistono sia perché non sono stati condotti molti studi sul sonno di coppia, sia perché i risultati di quelli esistenti variano a seconda di diversi fattori e del campione di popolazione preso in esame. Non esiste un unico comportamento che vada bene per tutte le coppie, insomma. Ma in generale è ampiamente condivisa l’idea che dormire nello stesso letto abbia implicazioni spesso sottovalutate – e non sempre positive – sulla qualità della relazione e del sonno, e sulla salute fisica e psicologica delle persone.
Il principale vantaggio nel dormire separati è che permette di evitare che gli effetti di eventuali disturbi del sonno di una persona (problemi di respirazione, insonnia, irrequietezza) si ripercuotano su quello dell’altra persona nella coppia. La riduzione del sonno accresce peraltro sia la stanchezza che il rischio di litigi nella relazione, come mostrato da uno studio pubblicato nel 2022 su PLOS Biology. Ma è anche vero che in alcuni casi proprio la segnalazione da parte del o della partner è l’elemento che induce una persona a scoprire di avere un disturbo del sonno e può incentivarla a cercare di curarlo.
Altre persone preferiscono dormire in letti e in stanze separate indipendentemente da eventuali disturbi del sonno dell’una o dell’altra. Può trarne beneficio, per esempio, chi ha il sonno leggero e vive con una persona che va a dormire più tardi perché ha orari di lavoro o ritmi biologici diversi.
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Anche se la maggior parte delle persone lo considera ovvio per le coppie, condividere lo stesso letto per dormire non è stata una pratica costante nella storia. Il concetto di “letto matrimoniale” – espressione che contiene un’indicazione più specifica rispetto, per esempio, a “letto a due piazze” – deriva probabilmente dal letto utilizzato dagli sposi nell’antica Roma: il lectus genialis (“letto sacro al genius”, cioè al nume tutelare delle famiglie). Che però non era l’unico tipo di letto, né quello utilizzato per dormire, che invece era singolo: il lectus cubicularis (c’erano anche il lectus triclinaris, per mangiare, e il lectus lucubratorius, per la meditazione e lo studio).
L’abitudine di avere un letto matrimoniale specificamente destinato alle relazioni di intimità e ai rapporti sessuali venne meno durante il medioevo, all’aumentare degli spazi condivisi nelle case. Per le famiglie più povere era spesso una necessità condividere non solo una stessa stanza per dormire, ma anche uno stesso letto, vicino a una qualche fonte di calore in inverno. La mancanza di spazi e risorse in molte famiglie povere e del ceto medio è stata in generale, lungo la storia, una delle condizioni più importanti alla base dell’abitudine di dormire tutti e tutte insieme nell’unico letto disponibile (in alcuni casi anche con i figli o altri familiari).
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Dormire in stanze separate fu quindi innanzitutto una possibilità e una prassi delle famiglie nobiliari e reali, fin dal Rinascimento. E dormire quantomeno in letti separati, scrive la ricercatrice Hilary Hinds nel libro A Cultural History of Twin Beds, diventò una scelta comune anche tra molte famiglie benestanti nel Regno Unito e negli Stati Uniti nella seconda metà dell’Ottocento. Alcuni medici dell’epoca, tra cui il newyorkese William Whitty Hall, sostenevano peraltro che fosse una scelta più salutare. Nel secondo dopoguerra, in modo perlopiù trasversale in diversi ceti sociali, si consolidò invece l’idea che i letti separati fossero il segno di un matrimonio in crisi o fallito.
Il pregiudizio per cui dormire in letti separati sarebbe un segno di difficoltà coniugali è così radicato che anche l’espressione utilizzata per definire la scelta di dormire separati richiama il concetto di divorzio, come fatto notare su Time da Wendy Troxel, psicologa clinica e ricercatrice in medicina comportamentale del sonno. Alcune persone si trovano bene a dormire insieme: ne traggono un senso di sicurezza e di maggiore intimità. Alcune coppie tendono ad avere anche fasi di sonno REM (quelle in cui si sogna e si elaborano informazioni ed emozioni) più lunghe e stabili rispetto alle persone che dormono da sole, secondo uno studio pubblicato nel 2021 e condotto dal ricercatore danese Henning Johannes Drews e della ricercatrice norvegese Annika Drews.
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Ma per altre persone dormire insieme è causa di stress e frustrazioni. Anche quando chi dorme non sembra accorgersi di niente, «sappiamo che fattori ambientali come il rumore possono compromettere la qualità del sonno», ha detto al quotidiano dei Paesi Bassi de Volkskrant (disponibile in italiano su Internazionale) lo scienziato del sonno olandese Merijn van de Laar. A prova del fatto che il cervello rimane vigile anche durante il sonno, alcune ricerche segnalate da van de Laar indicano che ascoltare il suono di una voce estranea può far svegliare una persona prima rispetto al suono di una voce familiare.
Come scritto da Troxel, la qualità di una relazione dipende più da quanto la coppia collabora nel prendere le decisioni consapevolmente, e da quanto bene dormono entrambe le persone, che da come si sistemano per dormire la notte, se insieme o separatamente. Sia in un caso che nell’altro, possono benissimo mantenere un’intimità e avere relazioni pienamente appaganti.
Le coppie eventualmente interessate a provare a dormire in letti e in stanze separate dovrebbero darsi del tempo per capire se fa al caso loro, tenendo conto del cosiddetto «effetto della prima notte», ha detto van de Laar a de Volkskrant, riferendosi agli effetti negativi sul sonno del cambiare abitudini. Esistono infine anche vie di mezzo, come condividere il letto ma non le coperte: usare due piumini diversi è una scelta molto popolare tra le coppie svedesi, disse nel 2023 l’influencer svedese Cecilia Blomdahl. Serve a non litigare per le coperte, soprattutto alle coppie che si muovono molto durante il sonno. E dà a ciascuna persona la possibilità di decidere lo spessore della coperta a seconda dei gusti.
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