La politica italiana è passata davanti a Bruno Vespa
Soprattutto a “Porta a Porta”, che Andreotti definì «la terza camera dello stato», ma anche nei decenni precedenti quando era inviato e direttore del TG1
Sono 55 anni che il giornalista e conduttore televisivo Bruno Vespa racconta la politica italiana in Rai, prima da inviato e poi direttore di telegiornale, poi dal 1996 con Porta a Porta, il principale talk show della televisione pubblica, e più di recente con Cinque Minuti, tutti i giorni dopo il telegiornale delle otto di sera. Oggi che compie 80 anni, Vespa è ancora uno dei conduttori più importanti della Rai, e nonostante varie critiche e controversie accumulate in decenni di carriera è la persona davanti alla quale continua a svolgersi un pezzo rilevante del dibattito politico italiano.
Vespa ha attraversato le varie fasi della storia politica italiana, da quella dominata dalla Democrazia Cristiana all’attuale governo di Giorgia Meloni, passando per i vent’anni in cui è stato centrale Silvio Berlusconi, con cui aveva peraltro un rapporto privilegiato (l’ex presidente del Consiglio partecipava spesso alle presentazioni di Vespa). In tutte queste stagioni politiche, è sempre stato considerato piuttosto filogovernativo ed è più volte stato accusato dal centrosinistra di favorire i partiti più conservatori: critiche a cui Vespa ha sempre risposto definendosi “moderato”.
Nato a L’Aquila nel 1944, Vespa entrò in Rai nel 1969, attraverso un concorso pubblico, dopo alcuni anni di collaborazioni in vari giornali e nella stessa Rai. Subito inserito nella redazione del Telegiornale, allora unico, già nel primo anno si trovò a raccontare le indagini sull’attentato di Milano di Piazza Fontana, quando 17 persone morirono per l’esplosione di una bomba nella sala principale della Banca dell’Agricoltura. In quell’occasione, considerata poi l’inizio degli “anni di piombo”, cioè di una stagione di grande attività terroristica, Vespa comunicò in diretta l’arresto dell’anarchico Pietro Valpreda, definendolo “colpevole” e non accusato (Valpreda fu poi completamente scagionato e Vespa ammise l’errore).
Negli anni successivi assunse un ruolo sempre più centrale nel telegiornale e, a partire dal 1976, nel TG1: nel 1978 condusse le edizioni straordinarie che riferirono prima del sequestro e 55 giorni dopo del ritrovamento del cadavere del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse. Nel 1980 diede la notizia che la strage della stazione di Bologna era stata causata da un attentato e dall’esplosione di una bomba (si era parlato inizialmente di un incidente); nel 1984 condusse la diretta del TG1 per i funerali del segretario del Partito Comunista Enrico Berlinguer. Dal 1978 aveva presentato un programma di interviste con politici in studio, Ping Pong, durato un paio di stagioni.
Nel 1990 fu nominato direttore del TG1: erano gli anni della fine della cosiddetta Prima Repubblica, in corrispondenza dell’inchiesta dei giudici di Milano definita dai media “Tangentopoli”. In un’intervista di quel periodo Vespa disse di ritenere le forze politiche presenti in parlamento come gli «editori di riferimento» in Rai e in particolare la Democrazia Cristiana quello del TG1. La frase suscitò molte polemiche, nonostante di fatto rappresentasse una situazione piuttosto nota e consolidata.
La sua direzione del TG1 terminò nel 1993 e due anni dopo lasciò anche quella degli Speciali del telegiornale. Vespa raccontò nel 2022 al Corriere della Sera la nascita di Porta a Porta: «Avevo lasciato la direzione del TG1 senza chiedere e trattare nulla: un idiota assoluto. Una sera, vedo lo spot di una seconda serata di Carmen Lasorella in onda dal lunedì al venerdì. Vado dalla presidente Letizia Moratti e le dico: vuole che me ne vada? Diede tre serate a Carmen e due a me».
Dal 1996 l’appuntamento quasi quotidiano con Porta a Porta alternava puntate incentrate sulla cronaca (in particolare i casi di cronaca nera), altre più leggere sullo spettacolo e molte più strettamente politiche. Vespa introdusse un racconto meno formale e spesso accondiscendente degli ospiti politici in studio: fece cucinare il risotto al segretario del Partito Democratico della Sinistra Massimo D’Alema (1997) e assicurò a un portavoce del ministro degli Esteri Gianfranco Fini, di Alleanza Nazionale, di «confezionargli addosso» una puntata, mostrandosi disponibile ad accettare ogni condizione (2005).
Fu anche la stagione dei plastici, modellini riprodotti in scala per commentare eventi di vario genere che diventarono oggetto di molte battute: quello delle Torri Gemelle dopo gli attentati del 2001; la casa di Cogne dopo il caso di cronaca dell’omicidio di un bambino di 3 anni, Samuele Lorenzi; il ponte sullo Stretto di Messina, presentato con un plastico da Silvio Berlusconi nel 2001 e da Matteo Salvini nel 2023.
La sua trasmissione, che l’ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti definì già nei primi anni «la terza camera dello stato», fu di fatto riconosciuta da tutti i principali esponenti dei partiti come un passaggio obbligato nella comunicazione politica. Anche quando nel 2014 il fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo tornò in una trasmissione televisiva dopo vent’anni lo fece a Porta a Porta, da Vespa.
Ma molti dei momenti televisivi più ricordati del conduttore sono legati alla figura di Berlusconi, che fu frequentemente ospite della sua trasmissione: nel 2001 il candidato del centrodestra firmò a Porta a Porta il cosiddetto “contratto con gli italiani”, una serie di promesse elettorali siglate in diretta in presenza di un notaio, e nel 2006 chiuse un confronto televisivo con il candidato del centrosinistra Romano Prodi annunciando il taglio dell’ICI sulla prima casa, con il famoso «Sì, avete capito bene».
Vespa ha condotto alcuni dei pochi confronti televisivi fra i principali leader politici: l’ultimo fu quello del 2019 fra Matteo Renzi e Matteo Salvini, che non arrivava prima di una consultazione elettorale, ma dopo la fine del governo “Conte I” e dopo l’uscita di Renzi dal PD e la nascita di Italia Viva. Avrebbe dovuto condurre anche quello fra Giorgia Meloni e Elly Schlein in vista delle Europee, annullato dopo che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) aveva sollevato questioni relative alla par condicio.