Secondo diverse fonti il papa avrebbe detto che nei seminari «c’è già troppa frociaggine»
Lo hanno confermato vescovi e altre persone presenti a un incontro informale con la CEI, durante il quale il papa ha ribadito la sua contrarietà ad ammettere uomini gay nei seminari
Aggiornamento del 28 maggio: Martedì la sala stampa vaticana ha fatto sapere in un comunicato che papa Francesco si scusa per un termine omofobo che aveva usato
Lunedì scorso, il 20 maggio, papa Francesco ha fatto una visita informale alla Conferenza episcopale italiana (CEI), cioè l’assemblea dei vescovi italiani. La visita non era pubblica, ma varie persone e vescovi presenti hanno poi raccontato a diversi siti e giornali italiani che in quell’occasione il papa avrebbe chiesto in modo piuttosto netto di non ammettere uomini omosessuali al seminario, ovvero l’istituzione della Chiesa cattolica dedicata alla formazione dei candidati al sacerdozio. Nel parlarne poi il papa avrebbe fatto anche un commento offensivo e denigratorio, stando a quanto riferiscono più fonti, in un contesto descritto come molto informale e con un tono colloquiale: avrebbe detto che nei seminari «c’è già troppa frociaggine». L’ammissione delle persone omosessuali al seminario è una questione che la CEI dibatte da mesi.
La frase del papa, già molto discussa e commentata, era stata riferita alcuni giorni fa dal sito di gossip Dagospia, ed è stata poi confermata da vari giornali nazionali, tra cui il Corriere della Sera, che dice di aver ricevuto conferme da «alcuni vescovi», e Repubblica, che cita «più fonti concordanti». È un commento che cozza in modo evidente con l’immagine pubblica di maggiore apertura e comprensione nei confronti delle persone della comunità LGBT+ che è stata attribuita a papa Francesco e che lui stesso ha cercato di costruirsi da quando è diventato pontefice nel 2013. Secondo le fonti di Repubblica il commento sarebbe stato fatto «a mo’ di battuta», mentre i vescovi con cui ha parlato il Corriere dicono che il papa avrebbe usato la parola «frociaggine» in modo un po’ inconsapevole, non essendo italiano, pensando che fosse semplicemente un termine scherzoso.
Il commento si inserisce all’interno di una questione di lunga data, oltre che molto complessa. Ha a che fare sia con la posizione della Chiesa cattolica nei confronti dell’omosessualità – che è considerata un peccato – sia con il rapporto controverso che la Chiesa ha mostrato di avere nei confronti dei propri sacerdoti omosessuali. Da una parte, infatti, varie inchieste pubblicate negli ultimi anni hanno mostrato che molti sacerdoti e vescovi che ricoprono anche cariche di potere e prestigio sono gay. Dall’altra, è capitato spesso che la Chiesa abbia addossato la colpa dei frequenti abusi da parte di sacerdoti o vescovi nei confronti di persone minorenni o in posizione di debolezza e vulnerabilità all’orientamento sessuale “deviante” di questi sacerdoti, ignorando però il fatto che siano stati commessi abusi anche nei confronti di donne e bambine.
Anche all’interno della Chiesa cattolica (e della CEI) esistono comunque varie correnti ideologiche più o meno conservatrici o progressiste. Lo scorso novembre durante l’assemblea autunnale i vescovi italiani avevano cominciato a discutere della possibilità di emendare la Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, ovvero il regolamento dei seminari sul territorio italiano, in modo da renderlo un po’ più permissivo nei confronti dei candidati che avessero tendenze omosessuali, a patto che rispettassero l’obbligo di celibato che esiste per tutti i seminaristi e che quindi non mettessero in atto quelle tendenze. Dal 2005, infatti, era stato stabilito che «la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay». L’emendamento era stato contestato da vari vescovi, ma alla fine era stato approvato da una maggioranza. Il testo, comunque, non è ancora entrato in vigore.
Durante l’assemblea primaverile della settimana scorsa, a papa Francesco è stato domandato cosa fare in caso uno dei candidati si dichiari apertamente omosessuale. Il pontefice, che nel 2016 aveva confermato la linea contraria all’ammissione delle persone omosessuali nei seminari istituita nel 2005, avrebbe risposto in modo molto negativo, dicendo che è importante evitare di formare sacerdoti che potrebbero poi continuare a «vivere una doppia vita» continuando ad avere rapporti omosessuali in segreto. Esprimendo queste considerazioni avrebbe quindi aggiunto la frase sulla «troppa frociaggine» già presente all’interno dei seminari italiani. Repubblica dice che la scelta del termine ha stupito anche molti dei vescovi presenti.
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