A Viggiano con i soldi del petrolio si fa tutto
Il piccolo comune della Basilicata è ricchissimo grazie al suo giacimento, il più grande d'Europa sulla terraferma, e tutta la campagna elettorale per le amministrative di giugno gira intorno a quello
di Angelo Mastrandrea
Il 4 maggio a Viggiano, un comune di 3.500 abitanti in provincia di Potenza, in Basilicata, è stato inaugurato il nuovo campo di padel, uno sport a metà tra il tennis e lo squash che ormai da qualche anno va di moda in tutta Italia. La struttura è stata costruita con i soldi che la multinazionale petrolifera italiana Eni (partecipata dal ministero dell’Economia) e quella britannica Shell versano ogni anno al Comune per il petrolio che estraggono nel suo territorio.
Quel giorno il sindaco Amedeo Cicala, di Fratelli d’Italia, ha detto che «un altro obiettivo è stato raggiunto» e ha annunciato che «a breve» cominceranno i lavori per un campo da tennis coperto, uno di tiro con l’arco e un altro di bocce. Anche questi saranno pagati con i proventi delle estrazioni petrolifere. Pochi giorni dopo Cicala si è ricandidato alle elezioni comunali dell’8 e del 9 giugno per quello che sarebbe il suo terzo mandato consecutivo da sindaco, con una lista civica di centrodestra.
A Viggiano c’è il giacimento di petrolio sulla terraferma più grande d’Europa. Dei 27 pozzi di petrolio dati in concessione all’Eni e alla Shell in Basilicata, venti si trovano nel territorio del comune, che è molto esteso e vario. Nella valle ci sono il Centro Olio Val d’Agri (Cova), dove vengono trattati gli idrocarburi estratti, una zona industriale dove molte imprese lavorano nell’indotto del petrolio, e numerose aziende agricole che, tra le altre cose, producono un vino che ha la Denominazione d’origine controllata (Doc) e il latte per alcuni grandi marchi italiani. Il centro storico si trova sulla collina, a 900 metri di altitudine, mentre sulla Montagna Grande, a 1.400 metri, ci sono due impianti sciistici e ancora più in alto, a 1.725 metri, il santuario della Madonna nera, proclamata «protettrice della Basilicata» da papa Giovanni Paolo II nel 1991. Quest’ultimo ogni anno a settembre attira decine di migliaia di fedeli provenienti soprattutto dal sud Italia.
Il paese è stato rifatto con i soldi del petrolio. Sono state costruite panchine e fioriere, strade e marciapiedi, piazze e centri sportivi, stazioni di ricarica per le auto elettriche e piste ciclabili. Sono state finanziate sagre, feste religiose ed eventi sportivi e sono stati dati contributi a fondo perduto fino a 50mila euro alle piccole imprese. «Abbiamo perfino fatto il Superbonus prima del governo, rimborsando il 75 per cento delle spese a chi aveva messo il cappotto termico alle facciate degli edifici per renderli più efficienti dal punto di vista energetico», dice il sindaco Cicala. Il logo dell’Eni è dappertutto, negli impianti sportivi e all’ingresso dei parcheggi pubblici, persino davanti a un centro diurno per anziani.
Amedeo Cicala ha costruito la sua carriera politica sulla capacità di spendere le royalties pagate dalle compagnie petrolifere per compensare i danni ambientali e il consumo di suolo. L’opposizione gli contesta il modo in cui ha deciso di spendere questi soldi, giudicato molto visibile dal punto di vista delle opere urbanistiche e dei servizi, ma insufficiente ad appianare le disuguaglianze sociali e a convincere le persone a restare nel paese per evitare lo spopolamento. Ci sono poi molte contestazioni su quel che è stato fatto fin qui per valutare e attenuare i rischi per la salute degli abitanti dovuti alla presenza dei giacimenti.
Cicala fu eletto per la prima volta nel 2014 con una lista civica sostenuta anche dal Partito Democratico, poi passò alla Lega e ora è finito in Fratelli d’Italia insieme a suo fratello Carmine, che alle elezioni regionali di aprile è stato il candidato più votato di tutta la Basilicata ed è stato eletto presidente del consiglio regionale. Appena insediato, Cicala trovò nelle casse del Comune 60 milioni di euro che non erano stati utilizzati. «Il mio predecessore dichiarò che arrivavano talmente tanti soldi che non sapeva come spenderli», dice.
A quasi dieci anni di distanza elenca fieramente le opere realizzate con quei soldi e con le altre decine di milioni di euro pagate dalle multinazionali petrolifere negli anni successivi, con una media che va dai 9 ai 15 milioni all’anno, a seconda di quanto gas e petrolio sono stati estratti e del loro prezzo di mercato in quel momento. Tra le opere più importanti e costose ci sono una cittadella dello sport con piscina, palestre e campi di calcetto, un teatro da 90 posti ricavato all’interno della chiesa della Buona Morte (detta anche dei «morticielli» perché vi venivano portati a morire o sepolti i bambini). C’è anche un conservatorio musicale «che ci costa 80mila euro all’anno solo per mantenerlo», dice il sindaco, con all’interno una scuola dove si insegna a suonare l’“arpicedda”, la tipica arpa viggianese che i musicisti emigranti hanno portato in giro per il mondo.
Sono state costruite anche due nuove piazze: la prima, enorme, si trova all’ingresso del paese ed è stata intitolata a papa Giovanni XXIII, la seconda è una sorta di terrazza che dà sulla Val d’Agri, davanti al municipio. Lì hanno anche messo, come una sorta di installazione che simboleggia «la resilienza del popolo lucano», un portale in marmo sopravvissuto a un terremoto che nel 1857 distrusse il paese. Cicala ha poi candidato i 58 chilometri di sentieri che portano verso il santuario della Madonna nera a patrimonio mondiale dell’Unesco e ha dato la cittadinanza onoraria al cantante dei Green Day Billie Joe Armstrong, i cui trisavoli paterni erano emigrati negli Stati Uniti proprio dal paesino lucano.
Secondo il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, nel 2023 in Basilicata è stato estratto il 36 per cento del gas e l’80 per cento del petrolio italiani. I due terzi di questi provengono dai pozzi di Viggiano. L’Eni e la Shell, che hanno rispettivamente il 60 e il 40 per cento della concessione, ogni anno versano il 7 per cento dei guadagni delle estrazioni lucane alla Regione Basilicata e ai comuni in cui si trovano i pozzi.
La grandissima parte di questa somma (l’85 per cento) va alla Regione. Tra il 1996 e il 30 giugno del 2023 le compagnie petrolifere hanno versato complessivamente 2,29 miliardi di euro alla Basilicata, che li ha utilizzati per ristrutturare scuole e centri storici, per costruire strade e per migliorare i servizi pubblici locali. Il resto finisce ai comuni, in particolare a quello di Viggiano. Nel 2023 la sola Eni ha pagato 90,6 milioni di euro alla Regione Basilicata e 9,6 milioni ai comuni. Sei milioni sono finiti a Viggiano, che ha ricevuto in più anche altri otto milioni dalla Shell, tre dei quali sono stati destinati alla realizzazione di opere pubbliche. In totale, il piccolo comune lucano nel 2023 ha ricevuto 14 milioni di euro, un’enormità in relazione alle esigenze di un posto del genere. In più si è visto finanziare dalla Regione, sempre con i fondi del petrolio, altre opere come la ristrutturazione delle scuole, mentre le tribune dello stadio e l’asilo nido saranno costruiti con i fondi del PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato dalla Commissione europea per risollevare l’economia dei paesi dopo la pandemia.
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Le compagnie petrolifere inoltre versano un altro 3 per cento a un fondo che fino al 2013 è stato impiegato per ridurre il prezzo dei carburanti nella regione e in seguito è stato destinato alla promozione di misure di sviluppo economico e di coesione sociale, e all’attivazione di una social card per i residenti. Con un accordo firmato alla fine del 2022, Eni e Shell hanno garantito pure agli undici comuni lucani in cui si trovano i pozzi altri 22,5 milioni di euro in cinque anni, cioè quattro milioni e mezzo all’anno, per rimborsare ai cittadini le bollette energetiche e per la manutenzione degli impianti. Con tutti questi fondi il Comune finanzia borse di studio da mille a tremila euro all’anno per i giovani che vanno all’università, rimborsa le bollette dell’elettricità e del gas e perfino i costi del pellet per il riscaldamento delle case.
«Siamo il Comune più ricco d’Italia in rapporto alla popolazione, è innegabile che il petrolio ci abbia portato benessere e prosperità», dice il sindaco. Questa apparente situazione di enorme prosperità però ha anche molti risvolti problematici, il modo in cui vengono spesi i soldi è stato spesso criticato e il sindaco accusato di puntare più alla grandiosità fine a se stessa che non ai bisogni reali delle persone.
I dati dell’Istat, l’istituto italiano di statistica, segnalano per esempio una forte disparità tra le casse comunali e quelle dei cittadini. A Viggiano il reddito medio è di appena 15mila euro lordi a persona, poco più di mille euro al mese, e la disoccupazione è all’8 per cento, in linea con la media regionale nonostante 421 persone siano impiegate al Centro Olio e altre 2.571 nel centinaio di aziende dell’indotto. Il costo di un’abitazione è di circa 700 euro al metro quadrato contro i mille del resto della regione, segno che non c’è una grande richiesta di case, e i giovani continuano ad andare via per cercare lavoro o per studiare.
Inoltre, secondo una Valutazione di impatto sanitario delle estrazioni petrolifere elaborata dal Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) di Pisa con alcuni medici della Val d’Agri, nell’area del Centro Olio di Viggiano ci si ammala di più e si muore di più di patologie cardiache e respiratorie rispetto al resto della regione. Lo studio è stato finanziato dal Comune con un milione di euro delle royalties del petrolio, è durato dieci anni ed è stato pubblicato su riviste scientifiche internazionali. Poi «lo hanno messo in un cassetto e non l’hanno più tirato fuori», riassume Giambattista Mele, medico di Viggiano che ha coordinato la raccolta dei dati. Ora si attende l’avvio di un nuovo progetto per valutare l’impatto ambientale e sanitario del petrolio, finanziato dalle compagnie petrolifere con 25 milioni di euro in cinque anni.
«Con tutti i soldi che arrivano nessun politico osa criticare le estrazioni, nessuno dice quanti posti di lavoro si sono persi nei settori dell’agricoltura e della zootecnia a causa delle trivellazioni e neppure l’inquinamento è un tema della campagna elettorale», dice Camilla Nigro, un’attivista dell’associazione antimafia Libera, che insieme all’Osservatorio popolare per la Val d’Agri controlla «come vengono spesi i soldi del petrolio». Le associazioni denunciano la scarsa trasparenza nelle spese effettuate e la «politica del cemento», cioè la costruzione di piazze e strade con marciapiedi e panchine nuovissime in zone di periferia disabitate, che Nigro definisce «cattedrali nel deserto destinate a rimanere abbandonate».
La sera del 22 maggio gli oppositori di Cicala si sono radunati in piazza Plebiscito per presentare la lista alternativa a quella del sindaco, chiamata Vince Viggiano. Il candidato sindaco Luca Caiazza, del Partito Democratico, ha detto che «negli ultimi dieci anni non c’è stata una crescita reale e neppure un aumento dell’occupazione», e si è impegnato a «eliminare tutte le spese pazze, come i 14mila euro di buoni carburante da 50 euro» per i mezzi del Comune, e a «redistribuire tutta la ricchezza del petrolio nella nostra comunità, migliorando i servizi e cercando di aiutare tutti». «Alcuni costi, come quelli per mantenere la piscina, sono insostenibili e vanno rivisti, anche perché dobbiamo cominciare a pensare a come finanziarli quando il petrolio non ci sarà più», dice. Pure il bonus energetico, a suo parere, andrebbe assegnato in base alle esigenze e alla situazione economica e non in maniera uguale a tutta la popolazione, per esempio privilegiando le persone anziane e i più fragili.
Secondo alcuni oppositori, il sindaco Cicala ha perseguito una politica «Dio, petrolio e famiglia», riempiendo il paese di crocifissi, statue di papi, riferimenti alla Madonna nera e altri simboli religiosi, e approvando misure per incentivare la natalità come un bonus bebè o un contributo di 5mila euro per il terzo figlio. Altri contestano le scritte enormi con il nome del paese, i monumenti come quello ai portatori della Madonna o la Colonna del viggianese nel mondo che per alcuni ricordano il ventennio fascista e per altri sono solo «eccessivamente kitsch», come le ha definite uno dei contestatori. Nigro dice che le associazioni locali hanno preparato una lettera aperta per entrambi i candidati, nella quale chiedono di dire in anticipo con chiarezza come intendono utilizzare d’ora in poi le royalties pagate dalle compagnie petrolifere.