La Cina ha terminato le esercitazioni militari intorno a Taiwan
Dopo due giorni di bombardamenti e minacciose dichiarazioni del governo cinese, le decine di aerei e navi da guerra hanno lasciato le aree di mare intorno al paese
Nella notte tra venerdì e sabato, la Cina ha terminato le proprie esercitazioni militari intorno all’isola di Taiwan, iniziate lo scorso giovedì come «punizione contro le forze separatiste che cercano l’indipendenza» secondo il governo cinese. Taiwan è un paese democratico e di fatto indipendente, che però viene rivendicato dalla Cina come parte del proprio territorio. La conclusione delle esercitazioni è stata confermata dalla televisione di stato cinese, concludendo due giorni di attività come annunciato all’avvio delle operazioni, mentre il ministero della Difesa cinese non ha fornito informazioni.
Nel corso di due giorni, la Cina ha condotto diverse simulazioni nelle acque intorno a Taiwan, con prove di attacchi con aerei da guerra e trasferimenti di truppe tra varie imbarcazioni. Secondo il governo di Taiwan, sono stati impiegati almeno 60 aerei e 27 navi da guerra cinesi, con alcuni superamenti della linea mediana dello stretto di Taiwan che convenzionalmente fa da confine tra i due paesi. Taiwan ha fatto sapere che nei due giorni di esercitazioni alcuni aerei hanno volato fino al canale di Bashi, che divide il paese dalle Filippine.
In precedenza il governo della Cina aveva già disposto esercitazioni militari intorno a Taiwan, ma le ultime si sono distinte per essere state avviate pochi giorni dopo l’insediamento del nuovo presidente Lai Ching-te, che con il Partito Progressista Democratico (DPP) aveva vinto le elezioni politiche e presidenziali lo scorso gennaio. Lai con il suo partito è da sempre molto critico nei confronti delle ingerenze politiche cinesi ed è considerato un «pericoloso separatista» dal governo della Cina.
Taiwan è di fatto uno stato pienamente sovrano: ha un parlamento e un governo, una moneta e un esercito, e controlla inoltre i propri confini e commerci. È anche una democrazia estremamente vivace, probabilmente la più libera di tutta l’Asia, come hanno dimostrato le recenti elezioni. La Cina, governata dal Partito Comunista, ritiene che Taiwan sia una propria provincia ribelle che deve essere riunita al resto del paese, in maniera pacifica o violenta. Per questa ragione ha un atteggiamento estremamente aggressivo nei confronti di chiunque vada contro questa impostazione, tanto che per evitare attriti o conflitti la maggior parte dei paesi del mondo non lo fa, e adotta stratagemmi ed espedienti per continuare ad avere rapporti politici e commerciali con Taiwan.
Lo fanno anche gli Stati Uniti, mantenendo un certo equilibrio tra la vicinanza a Taiwan e i buoni rapporti con la Cina. Al tempo stesso gli Stati Uniti tradizionalmente difendono le istanze democratiche di Taiwan, fornendo al paese armi e aiuti per tutelarne la stabilità economica.
Il 20 maggio nel corso del proprio discorso di insediamento Lai aveva chiesto alla Cina di mettere fine «agli attacchi verbali e alle intimidazioni militari» e di «assumersi responsabilità globali insieme a Taiwan, impegnarsi a mantenere la pace e la stabilità nello stretto di Taiwan e nella regione e garantire che il mondo sia libero dalla paura della guerra».
Lai ha 65 anni e fa politica a Taiwan da quasi 40 anni, è stato per breve tempo primo ministro (tra il 2017 e il 2019) e in seguito vicepresidente, prima di assumere l’attuale carica. Ha sempre fatto parte dell’ala più progressista del partito, quella che spinge per il massimo livello di autonomia di Taiwan dalla Cina e perfino per dichiarare l’indipendenza dell’isola. Fino a qualche anno fa, era un esplicito sostenitore dell’indipendenza di Taiwan, e si definiva «un lavoratore pragmatico a favore dell’indipendenza»; negli ultimi anni, tuttavia, Lai ha moderato la propria posizione.
Nella capitale Taipei, intanto, negli ultimi giorni ci sono state proteste contro una nuova legge in fase di discussione per espandere le capacità investigative del parlamento. Secondo numerosi gruppi di attivisti, la nuova legge darebbe poteri eccessivi e metterebbe a rischio la democrazia e le libertà dei cittadini di Taiwan.