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Con chi siedono e che peso hanno i politici italiani eletti al Parlamento Europeo, ora che dobbiamo rinnovarli

(DAINA LE LARDIC/ufficio stampa del Parlamento Europeo)
(DAINA LE LARDIC/ufficio stampa del Parlamento Europeo)

Fra il 6 e il 9 giugno nei 27 paesi che fanno parte dell’Unione Europea si terranno le elezioni per eleggere i 720 membri del Parlamento Europeo, uno dei due organi dell’Unione che detengono il potere legislativo (l’altro è il Consiglio dell’Unione, in cui siedono i rappresentanti dei 27 governi). Ogni paese eleggerà un numero di parlamentari proporzionale alla sua popolazione, ma una volta eletti i parlamentari non si riuniscono fra loro in base alla nazionalità. Quasi tutti invece entrano nei gruppi parlamentari formati sulla base delle convinzioni e degli ideali che accomunano tra loro i membri di diversi paesi, e che fin dalla sua prima sessione nel 1979 indirizzano i lavori del Parlamento Europeo.

A queste elezioni l’Italia eleggerà 76 parlamentari e nella scorsa legislatura tutti i principali partiti appartenevano a uno dei sette gruppi parlamentari esistenti, tranne il Movimento 5 Stelle: dopo le ultime elezioni europee del 2019 non era infatti riuscito a entrare in nessun gruppo politico e negli ultimi cinque anni i parlamentari hanno fatto parte del gruppo dei cosiddetti “non iscritti”, in sostanza l’equivalente del “gruppo misto” nel parlamento italiano.

Far parte di un gruppo riconosciuto porta molti vantaggi, sia pratici che politici. Nella prima categoria rientra ad esempio la possibilità di assumere dei dipendenti e accedere a fondi messi a disposizione per il funzionamento dei lavori parlamentari. Far parte di un gruppo, specialmente di uno con molti parlamentari, significa soprattutto incidere nel processo legislativo: tutti i principali negoziati politici avvengono a livello di gruppo, e in queste condizioni un singolo parlamentare ha pochissime possibilità di incidere. Per essere ufficialmente riconosciuto un gruppo politico deve avere almeno 25 parlamentari provenienti da almeno un quarto dei paesi membri.

Ogni gruppo è collegato ad almeno un partito europeo, che riceve fondi dall’Unione Europea per fare, ad esempio, campagna elettorale a livello transnazionale. Nonostante capiti che i singoli partiti nazionali votino in modo contrario rispetto al loro gruppo, spesso per delle logiche che riguardano la politica interna, sapere a quale gruppo e partito europeo appartengono i principali partiti italiani può aiutare a capire quale sia il loro posizionamento politico sul piano europeo.

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Da sempre il Parlamento Europeo è stato guidato da una larga coalizione europeista formata dal gruppo del Partito Popolare Europeo, di centrodestra (di cui fa parte Forza Italia, fra i partiti italiani), dai Socialisti e Democratici, di centrosinistra (di cui fa parte il Partito Democratico) e da un gruppo di partiti liberali, che dal 2019 sono riuniti nel gruppo di Renew Europe (di cui al momento fanno parte Azione e Italia Viva).

Gli altri partiti italiani rientrano in gruppi più piccoli: il gruppo progressista e di ispirazione ambientalista dei Verdi, il gruppo della Sinistra, che comprende i principali partiti della sinistra europea, e due gruppi che riuniscono i partiti di destra ed estrema destra, ossia quello dei Conservatori e dei Riformisti Europei (la sigla è ECR, e ne fa parte anche Fratelli d’Italia) e Identità e Democrazia (dove siede la Lega).

L'aula vuota dove si tengono le sedute plenarie del Parlamento Europeo a Strasburgo

La sede principale del Parlamento Europeo, a Strasburgo (ANSA/EPA/RONALD WITTEK)

Il gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE) è il più vecchio gruppo politico europeo e il principale gruppo di centrodestra. È il più grande in assoluto per dimensioni da più di vent’anni: al momento ne fanno parte 176 deputati provenienti dai principali partiti di centrodestra degli stati membri. Del PPE hanno fatto parte gli ultimi tre presidenti della Commissione Europea, fra cui l’attuale, Ursula von der Leyen, e l’attuale presidente del Parlamento, Roberta Metsola.

Fra i partiti principali di questo gruppo ci sono da sempre l’Unione Cristiano-Democratica di Germania (CDU), il partito dell’ex cancelliera tedesca Angela Merkel, e il Partito Popolare spagnolo, ma ne fanno anche parte molti partiti al momento al governo in Europa: il partito del primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis, Nuova Democrazia, quello del nuovo primo ministro della Polonia Donald Tusk, Piattaforma Civica, e il Partito Popolare Austriaco, al governo nel paese ininterrottamente dalla fine degli anni Ottanta. Fanno parte del PPE anche i Repubblicani, il partito dell’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, il cui potere all’interno del gruppo è però diminuito negli ultimi anni.

Il principale partito italiano che fa parte del PPE è Forza Italia, che per anni è stato uno dei partiti più influenti del gruppo. Il suo più importante politico nelle istituzioni europee è stato Antonio Tajani, attuale ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e leader di Forza Italia dopo la morte di Silvio Berlusconi nel 2023. Tajani è stato parlamentare europeo per 22 anni, due volte commissario europeo e presidente del Parlamento Europeo dal 2017 al 2019, oltre che a lungo fra i vicepresidenti del PPE. Negli ultimi anni l’importanza di Forza Italia all’interno del PPE, come per i Repubblicani francesi, si è però ridotta per via del calo dei consensi per il partito: al momento Forza Italia esprime dieci parlamentari, nessuno dei quali è vicepresidente del Parlamento (ce ne sono 14, 3 dei quali espressi dal PPE).

Potreste non aver sentito mai nominare il parlamentare di Forza Italia più alto in grado al Parlamento Europeo: è Salvatore De Meo, dirigente di Forza Italia molto noto nella provincia di Latina, che attualmente è presidente della commissione per gli Affari costituzionali (AFCO).

Da sinistra a destra: Manfred Weber, presidente del Partito Popolare Europeo; Kyriakos Mitsotakis, primo ministro greco; Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea; Roberta Metsola, presidente del Parlamento Europeo, alla fine del congresso annuale del PPE a Bucarest, in Romania, a marzo del 2024 (AP Photo/Andreea Alexandru)

Il secondo principale gruppo del Parlamento Europeo è l’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D), che riunisce i principali partiti di centrosinistra ed europeisti dei 27 paesi membri. È composto al momento da 139 parlamentari ed è guidato da tre partiti: il Partito Socialista Spagnolo, guidato dal primo ministro Pedro Sánchez, il Partito Socialdemocratico tedesco, del cancelliere Olaf Scholz, e il Partito Democratico italiano.

Il PD ha una considerevole influenza sull’S&D sin da quando è entrato a farne parte nel 2009: al tempo infatti il gruppo si chiamava Gruppo del Partito del Socialismo Europeo, e cambiò il nome in quello che ha ancora oggi proprio su richiesta dal Partito Democratico. Faceva parte del PD anche l’ultimo presidente del Parlamento Europeo prima di Metsola, ossia David Sassoli, morto nel 2022 mentre ricopriva questo incarico.

Fra il 2014 e il 2019, in seguito alla larghissima vittoria alle elezioni europee del 2014, il PD ha di fatto dominato l’S&D: durante i negoziati sulle nomine delle principali cariche europee riuscì persino a far nominare una propria esponente, Federica Mogherini, come Alto rappresentante degli affari esteri dell’Unione. Dal 2019 a oggi invece le politiche del gruppo sono orientate dai socialisti spagnoli, che nel 2019 ottennero un buon risultato diventando la componente più ampia all’interno del gruppo.

L’ultimo gruppo che da sempre fa parte della maggioranza del Parlamento Europeo è quello dei liberali, che in questa legislatura ha assunto il nome di Renew Europe (RE). È il successore del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (ALDE), che era stato fondato nel 2004.

RE è composto da 102 parlamentari ed è nato da un accordo fra i partiti che formavano il partito europeo dell’ALDE (che esprimeva l’omonimo gruppo) e il Partito Democratico Europeo, e il partito fondato dal presidente francese Emmanuel Macron, che allora si chiamava La République En Marche (LREM, ora chiamato Renaissance). La modifica del nome fu richiesta proprio da LREM affinché venisse eliminato il termine “liberale”, che in Francia ha una connotazione negativa.

Oltre a Renaissance e agli altri partiti più piccoli francesi che sostengono Macron, il principale partito di RE è il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia dei Paesi Bassi, quello del primo ministro uscente Mark Rutte, che ha governato il paese dal 2010 a oggi. Di Renew Europe fanno parte anche Azione e Italia Viva, che però alle elezioni europee di giugno si candideranno in due liste diverse soprattutto per divergenze personali dei loro leader, rispettivamente Carlo Calenda e Matteo Renzi. Azione si presenta da sola, mentre Italia Viva nella lista Stati Uniti d’Europa, che comprende anche +Europa. Se entrambi supereranno la soglia di sbarramento, che in Italia è al 4 per cento, siederanno comunque nello stesso gruppo.

Europarlamentari votano a favore della modifica del regolamento di Dublino, il 10 aprile 2024 (AP Photo/Geert Vanden Wijngaert)

Pur con diverse sfumature, questi gruppi sono accomunati da posizioni mediamente europeiste: sono favorevoli a una sempre maggiore integrazione politica ed economica dell’Unione Europea e sostengono la necessità di aiutare l’Ucraina contro l’invasione da parte della Russia. Tutti i progetti e le maggiori decisioni prese a livello europeo degli ultimi vent’anni sono state raggiunte tramite un accordo fra questi tre gruppi.

Negli ultimi anni però lo spostamento a destra del PPE ha portato a un generale spostamento a destra delle misure approvate: ad aprile per esempio questa maggioranza ha approvato una riforma del cosiddetto “regolamento di Dublino”, rendendo più severe le regole dei richiedenti asilo all’interno dell’Unione. La riforma, approvata in via definitiva a maggio, è stata votata dalla maggior parte dei deputati del PPE, S&D e RE, con qualche defezione, fra cui quella di molti parlamentari europei del PD, che hanno votato contro alla maggior parte dei provvedimenti.

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A destra del PPE si trovano i due gruppi che raccolgono i partiti di destra ed estrema destra europei: il Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR) e, ancora più a destra, Identità e Democrazia (ID). I partiti che fanno parte di ID ed ECR hanno molte idee in comune, ma fra di loro e anche al loro interno persistono grosse differenze. Sono accomunati da una retorica nazionalista incentrata sulla difesa dei confini e generalmente contraria all’estensione dei diritti civili delle minoranze. Tuttavia, sia al loro interno che fra i due gruppi non esiste un consenso riguardo alla posizione sulla guerra della Russia in Ucraina.

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Il Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR), che al momento include 69 parlamentari, è formato sia da partiti che stanno cercando di istituzionalizzarsi e apparire più moderati, come Fratelli d’Italia, sia da partiti con tendenze fortemente illiberali, come Reconquête! dell’intellettuale e politico di estrema destra francese Éric Zemmour, e il partito spagnolo Vox. Il gruppo è guidato perlopiù da Fratelli d’Italia e dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS), che ha governato la Polonia in maniera semi-autoritaria fino alla fine del 2023, quando le opposizioni di allora vinsero le elezioni parlamentari.

ECR si oppone alla costruzione di istituzioni europee più forti di quelle attuali ma diversi dei suoi partiti sono favorevoli al sostegno all’Ucraina e nell’ultimo anno e mezzo hanno anche cercato di avvicinarsi e collaborare con il PPE. Un’alleanza più stabile fra ECR e PPE è però ostacolata dallo scarso rispetto dei pesi e contrappesi democratici da parte di partiti come Diritto e Giustizia e dalle posizioni piuttosto estremiste di Vox. Il partito del primo ministro ungherese Viktor Orbán, Fidesz, è stato espulso dal PPE per la radicalità delle sue posizioni: al momento non fa parte di alcun gruppo, ma vorrebbe entrare in ECR.

A destra di ECR si trova Identità e Democrazia (ID), un gruppo composto da partiti di estrema destra apertamente euroscettici, molti dei quali sono sempre più popolari nei loro paesi. Fino a pochi giorni fa ID era guidato soprattutto da tre partiti: la Lega, che grazie all’ottimo risultato alle europee del 2019 ha espresso anche il capogruppo, Marco Zanni; il partito francese di Marine Le Pen, Rassemblement National, di cui fa parte il vicepresidente del gruppo Jordan Bardella e che attualmente è primo per distacco nei sondaggi nazionali; e il partito di estrema destra tedesco Alternative für Deutschland (AfD), con il suo vicepresidente Gunnar Beck.

Tuttavia il 23 maggio il gruppo ha annunciato di aver espulso AfD con effetto immediato per via di alcune dichiarazioni sui nazisti fatte da Maximilian Krah, capolista del partito alle elezioni europee. Dopo dure critiche da parte dei suoi alleati europei, anche AfD aveva preso le distanze da Krah, ma questo non era bastato a evitare la rottura.

Già da tempo la Lega e Rassemblement National erano diventati insofferenti nei confronti di AfD, per via dei molteplici scandali in cui è coinvolto e per la vicinanza di molti suoi esponenti ad ambienti neonazisti e illiberali. Secondo i sondaggi comunque AfD è il secondo partito più popolare in Germania, era andato abbastanza bene anche nel 2019 e al momento la sua uscita da ID ha causato un notevole ridimensionamento del gruppo. Non è ancora chiaro quindi se i partiti rimanenti cercheranno di attrarne altri che per ora non fanno parte di un gruppo, come il partito ungherese Fidesz o quello euroscettico e ultranazionalista rumeno Alleanza per l’unità dei rumeni, oppure se proporranno a ECR una fusione (assai difficile, viste le distanze soprattutto sulla Russia).

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Matteo Salvini e Marine Le Pen a un comizio nel 2023 (ANSA / MICHELE MARAVIGLIA)

A sinistra dell’S&D al Parlamento Europeo ci sono invece il gruppo dei Verdi/Alleanza Libera Europea e quello della Sinistra.

Il gruppo dei Verdi/Alleanza Libera Europea (Verdi/ALE) è di ispirazione ambientalista e progressista, esiste dal 1999 ed è il quarto del Parlamento Europeo per numero di deputati, al momento 72: fra questi ci sono tre europarlamentari italiani indipendenti, che erano entrati al Parlamento Europeo in un gruppo diverso e si sono uniti ai Verdi solo in un secondo momento. Sono Ignazio Corrao, Rosa D’Amato e Piernicola Pedicini, tutti e tre eletti nel 2019 col Movimento 5 Stelle. Il principale partito nazionale di Verdi/ALE è quello dei Verdi tedeschi, che da soli rappresentano un terzo degli europarlamentari del gruppo. Negli ultimi anni il gruppo ha fatto sentire il suo peso principalmente durante i negoziati per le varie misure del Green Deal europeo.

A sinistra di S&D si trova invece il gruppo della Sinistra (GUE/NGL) che comprende i maggiori partiti di sinistra ed è al momento formato da 37 eurodeputati. Il paese più rappresentato al suo interno è la Francia, con i 6 deputati di La France Insoumise, il partito di Jean-Luc Mélenchon. È seguito dalla Spagna, con 5 europarlamentari del partito di sinistra radicale Podemos e del partito di sinistra Izquierda Unida. Il terzo paese della coalizione è l’Irlanda, che al momento esprime due dei deputati più noti del gruppo, soprattutto per le loro iniziative sopra le righe: Clare Daly e Mick Wallace di Independents 4 Change.

Alleanza Verdi e Sinistra (AVS), cioè il principale partito della sinistra italiana, al momento non ha legami con la GUE. Nel 2019 nessuno dei due partiti fondatori, Sinistra Italiana ed Europa Verde, era riuscito a superare la soglia di sbarramento. Dall’inizio del 2024 AVS è però rappresentato al Parlamento Europeo dal deputato Massimiliano Smeriglio, che nel 2019 era stato eletto con il Partito Democratico (all’epoca era considerato vicinissimo al segretario Nicola Zingaretti). Smeriglio al momento siede fra i parlamentari “non iscritti”.

Se AVS riuscirà a superare la soglia di sbarramento è possibile che i candidati espressi da Sinistra Italiana entrino nel gruppo GUE/NGL, mentre quelli dei Verdi italiani si uniscano con gli eurodeputati del gruppo dei Verdi.

Infine, bisognerà capire cosa faranno i parlamentari del Movimento 5 Stelle dopo cinque anni di quasi totale ininfluenza al Parlamento Europeo, essendo rimasti fra i non iscritti: negli anni hanno provato a entrare in diversi gruppi, dall’S&D ai Verdi passando per RE. Nessuna di quelle trattative però era andata a buon fine.

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