La TV pubblica in Bosnia Erzegovina non ha più soldi
Da anni i finanziamenti che le spettano sono presi da altre tv regionali create per rispecchiare la complessità del paese: i dipendenti non sono sicuri di ricevere lo stipendio e c'è il rischio continuo di chiusura
Il servizio pubblico radiotelevisivo della Bosnia Erzegovina, Radiotelevizija Bosne i Hercegovine (BHRT), è in grande difficoltà finanziaria. Venerdì 17 maggio i sindacati che rappresentano i suoi lavoratori hanno annunciato che rischiano di dover interrompere le trasmissioni. Nel corso degli ultimi dieci anni BHRT è stata spesso vicina a chiudere: se dovesse succedere, la Bosnia Erzegovina resterebbe senza rete pubblica nazionale.
BHRT non ha una fonte stabile di finanziamento e la sua situazione finanziaria è peggiorata costantemente nel corso degli ultimi dieci anni. Le sue strutture e le attrezzature sono vecchie, i suoi dipendenti spesso hanno problemi a ricevere il salario e non vengono loro pagati i contributi. Questi problemi derivano in gran parte dalla complessa situazione territoriale ed etnica del paese, che si riflette sulla struttura dell’emittente pubblica, provocando distorsioni e problemi.
La Bosnia Erzegovina non può nemmeno partecipare all’Eurovision song contest, perché ogni anno gli enti di radiodiffusione membri dell’EBU devono versare un contributo che BHRT non riesce a pagare. Al momento i suoi debiti sono di circa 6 milioni di euro e l’EBU (l’ente che organizza l’evento) ha sospeso la partecipazione della Bosnia Erzegovina: l’ultimo artista bosniaco si è esibito nel 2016.
Lejla Babović, giornalista che lavora a BHRT, ha detto che «è molto difficile dire quando potremmo essere in grado di pagare il nostro debito nei confronti dell’EBU, dal momento che non abbiamo nemmeno i fondi necessari per il normale funzionamento del canale».
Le difficoltà di BHRT sono strettamente legate alla complicata struttura della Bosnia Erzegovina e ai difficili rapporti tra i gruppi nazionali che compongono la sua popolazione: i principali sono i bosgnacchi (bosniaci musulmani), i serbi e i croati.
La Bosnia Erzegovina dichiarò l’indipendenza dalla Jugoslavia nel marzo del 1992. Alla dichiarazione seguì una guerra: dal 1992 al 1995 bosgnacchi, serbi e croati si combatterono tra loro, con il coinvolgimento anche della Croazia e della Serbia. La guerra causò circa 100 mila morti e più di 2 milioni di profughi.
Gli accordi di pace del 1995 diedero al paese una struttura che rispecchia (e ha contribuito a rinforzare) le divisioni che esistevano alla fine dei combattimenti. Serbi, croati e bosgnacchi sono considerati “popoli costitutivi” del paese: semplificando un po’, significa che sono tutelati dalla Costituzione e che le istituzioni del paese sono pensate soprattutto per garantire l’equilibrio tra i tre gruppi, attraverso sistemi di quote e ampi diritti di veto (per esempio, la Bosnia Erzegovina ha tre presidenti: uno croato, uno bosgnacco e uno serbo; la camera alta del parlamento statale ha quindici rappresentanti: cinque per ogni popolo costitutivo).
Queste divisioni esistono anche dal punto di vista territoriale: quasi tutti i serbi bosniaci vivono in Republika Srpska, una delle due entità in cui è suddivisa la Bosnia Erzegovina; i croati e i bosgnacchi abitano soprattutto nell’altra entità del paese, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina (a sua volta suddivisa in dieci cantoni). La maggior parte delle competenze sono esercitate localmente e lo stato centrale ha poco potere: da una parte i bosgnacchi, che rappresentano la maggioranza della popolazione, vorrebbero rafforzarlo. Dall’altra, però, la grande maggioranza dei serbi e dei croati bosniaci continuano a chiedere maggiore autonomia, sostenendo che uno stato centralizzato finirebbe per ridurli a minoranze e a diminuire le loro tutele.
La travagliata TV pubblica bosniaca
Questa complicata situazione territoriale si riflette sulla TV pubblica. Alla fine della guerra ogni gruppo nazionale controllava una propria emittente pubblica. I paesi che gestirono il processo di transizione nei primi anni del dopoguerra, e che all’epoca avevano un notevole potere nel condizionare la politica locale, cominciarono a spingere per la creazione di un servizio di radiodiffusione pubblico a livello statale, con l’idea che un servizio unificato avrebbe favorito la coesione tra i diversi gruppi nazionali.
Nei primi anni del dopoguerra in Bosnia Erzegovina la transizione era molto influenzata dalla comunità internazionale, in particolare dai paesi europei e dagli Stati Uniti che avevano investito molto nella ricostruzione e controllavano da vicino le istituzioni bosniache: gli accordi di pace prevedevano (prevedono tuttora) la presenza di un Alto rappresentante, un funzionario internazionale nominato dai governi dei paesi che fanno parte del Consiglio di Implementazione della Pace. L’Alto rappresentante è una figura autonoma e slegata dalle istituzioni bosniache: è considerato l’interprete degli accordi di pace, e può prendere autonomamente decisioni che hanno valore di legge, se necessario anche per cambiare la Costituzione del paese.
Alla fine degli anni Novanta, l’ufficio dell’Alto rappresentante istituì un servizio pubblico di radiodiffusione a livello nazionale, BHRT, e due a livello delle entità – la Radio Televisione di Republika Srpska (RTRS) e la TV della Federazione (FTV). RTRS è di fatto controllata dal governo della Republika Srpska e i suoi programmi sono in lingua serba. FTV invece trasmette in bosniaco e in croato; non avrebbe, quindi, a priori una chiara connotazione etnica: negli anni però è diventata sempre più vicina al principale partito nazionalista bosgnacco, il Partito di Azione Democratica (SDA), e non è quindi considerata neutrale.
BHRT invece ha l’ambizione di rivolgersi a tutti gli abitanti del paese: ci lavorano giornalisti appartenenti a tutti i gruppi nazionali e i suoi programmi (diffusi dalla rete televisiva BH1) vengono prodotti alternando le tre lingue ufficiali parlate nel paese, un fatto non scontato in un paese come la Bosnia Erzegovina. Per esempio durante i suoi programmi di informazione viene usato a turno l’alfabeto latino (usato da bosgnacchi e croati) e il cirillico (usato dai serbi); i telegiornali vengono trasmessi a turno nelle tre lingue; la sua redazione che si occupa di questioni religiose tratta temi relativi a tutte e tre le principali confessioni del paese (islam, cattolicesimo e ortodossia).
Fin dal momento della sua creazione, però, BHRT ha dovuto affrontare molte difficoltà. La principale è il modo con cui si finanzia.
Secondo la legge, gli introiti derivanti dalla tassa sulla televisione (l’equivalente del nostro canone) e dalla pubblicità dovrebbero essere messi in comune e poi distribuiti alle tre emittenti: il 50 per cento a BHRT, e il 25 per cento a testa a FTV, l’emittente della Federazione, e RTRS, quella della Republika Srpska. Una legge approvata nel 2005 prevedeva anche la creazione di un’unica azienda che avrebbe dovuto incassare e gestire gli introiti. Quest’azienda però non è mai stata creata, per le resistenze della classe politica contraria a un rafforzamento di BHRT.
Nella pratica i tre canali sono rimasti autonomi: le emittenti della Federazione, FTV, e della Republika Srpska, RTRS, raccolgono indipendentemente i soldi della tassa per la radiotelevisione e non li trasferiscono a BHRT, sfruttando a loro vantaggio le inefficienze di un paese in cui poche cose sono centralizzate e dove le sentenze, anche quelle della Corte Costituzionale, sono spesso ignorate. Negli anni FTV e RTRS hanno accumulato debiti per milioni nei confronti di BHRT: sono le tasse di cui le due emittenti attive nelle entità si sono appropriate senza averne diritto. FTV, inoltre, per i propri programmi dipende dalle strutture e dai servizi tecnici di BHRT: per usarli dovrebbe pagare un compenso a BHRT, che però di fatto non versa.
Per questo motivo BHRT è da sempre in gravi condizioni economiche. Periodicamente i suoi dipendenti annunciano di essere prossimi alla chiusura delle trasmissioni; finora però questo non è mai accaduto.
«Le attrezzature usate da BHRT hanno più di quarant’anni e continuano a rompersi; più della metà degli impiegati della rete guadagna 800 marchi convertibili [circa 400 euro] al mese», ha detto Minja Eric, una dipendente di BHRT che fa anche parte del sindacato dell’emittente (il salario medio in Bosnia Erzegovina è di circa 650 euro). Eric ha spiegato che da anni ai lavoratori non vengono pagati i contributi e l’assicurazione medica, e che ci sono periodi in cui non sono nemmeno sicuri di ricevere il loro stipendio.
I problemi nella Federazione e nella Republika Srpska
Negli ultimi mesi BHRT si è trovata in grandi difficoltà, tanto nella Federazione, abitata principalmente da bosgnacchi e croati, quanto nella Republika Srpska, abitata prevalentemente da serbi bosniaci.
Nella Federazione, la riscossione della tassa sulla radiotelevisione per BHRT e per l’emittente della Federazione, FTV, era affidata a una delle imprese energetiche del paese, Elektroprivreda BiH, che la inseriva nelle proprie bollette. La procedura era basata su un accordo che però è scaduto alla fine dell’anno scorso.
A febbraio le due emittenti hanno firmato un nuovo accordo con Elektroprivreda BiH, ma la distribuzione alle emittenti delle tasse raccolte finora è ferma, perché le parti non riescono ancora a mettersi d’accordo sulla loro spartizione. BHRT sostiene che FTV debba versarle circa dieci milioni di euro e controlla i servizi tecnici da cui FTV dipende per le sue trasmissioni: in un tentativo di forzare il pagamento dei debiti ha temporaneamente oscurato il canale lo scorso 8 maggio.
Il problema è reso più complicato dal fatto che nella Federazione molti si rifiutano di pagare la tassa sulla radiotelevisione. Alcuni lo fanno come segno di protesta, perché sono insoddisfatti della qualità dei programmi dell’emittente. Ma per la parte di popolazione croata la questione è anche politica.
Molti croati si rifiutano di pagare la tassa sulla radiotelevisione perché sostengono che BHRT e l’emittente della Federazione, FTV, siano dominate dai bosgnacchi e chiedono che la televisione pubblica del paese stabilisca un ulteriore canale televisivo separato che trasmetta esclusivamente in lingua croata, sostenendo che in quanto “popolo costitutivo” ne avrebbero diritto.
I croati in Bosnia Erzegovina sono solo il 15,4 per cento della popolazione, e i leader politici e religiosi della loro comunità spesso chiedono speciali tutele e una maggiore autonomia lamentando il rischio di diventare una minoranza nei confronti della popolazione bosgnacca (che è la maggioranza nel paese e la grande maggioranza nel territorio della Federazione).
BHRT ha un credito ancora più grande nei confronti della tv pubblica della Republika Srpska, RTRS. L’entità serba del paese gode di un’ampia autonomia che è cresciuta negli ultimi anni: il presidente dell’entità, Milorad Dodik, è molto nazionalista e si oppone a ogni rafforzamento dello stato centrale. Da quando è arrivato al potere, nel 2006, ha lavorato per rendere la Republika Srpska sempre più autonoma nei confronti delle autorità bosniache. La rete televisiva RTRS ha la capacità tecnica per trasmettere autonomamente i propri programmi ed è controllata dal governo, che la sfrutta per diffondere propaganda russa e serba.
Dal 2017, RTRS ha smesso di trasferire a BHRT i fondi che le dovrebbe per legge, e organizza autonomamente il pagamento della tassa sulla radiotelevisione nel territorio dell’entità attraverso le poste, anch’esse controllate dal governo della RS. Oggi dovrebbe pagare a BHRT circa 31 milioni di euro. BHRT ha denunciato RTRS per ottenere il pagamento delle somme arretrate e attualmente ci sono undici processi in corso contro RTRS: questi però stanno procedendo molto lentamente e, anche se si dovesse arrivare a una sentenza, è molto poco probabile che RTRS accetterà di pagare le somme dovute.
La Bosnia Erzegovina è attualmente un paese candidato per entrare nell’Unione Europea. Trovare una soluzione per BHRT è parte delle priorità che il paese dovrebbe soddisfare prima di ottenere l’apertura dei negoziati con la Commissione.
Nonostante ciò, i politici locali non sono mai stati interessati a trovare un accordo per riformare il sistema, e l’ente continua a sopravvivere solamente grazie a misure temporanee: a febbraio, il Consiglio dei ministri ha approvato il pagamento di dieci milioni di marchi (circa cinque milioni di euro) per le emittenti pubbliche, dei quali circa quattro sono stati pagati a BHRT. Una vera soluzione, però, si avrà soltanto quando verrà approvata una nuova legge sul servizio televisivo pubblico nazionale. Nel frattempo, come ha spiegato il sindacato dei lavoratori di BHRT nel suo comunicato di venerdì scorso, i suoi impiegati si trovano «con le spalle al muro»: «Tutto quello che abbiamo avuto dai politici sono delle promesse».