Il dibattito tra candidati presidenti alla Commissione Europea, oggi pomeriggio
Non ce ne saranno altri prima delle elezioni di giugno: l'unica partecipante da tenere d'occhio davvero sarà Ursula von der Leyen
Oggi pomeriggio a Bruxelles, in Belgio, i candidati di cinque partiti politici europei alla presidenza della Commissione Europea parteciperanno a un dibattito televisivo organizzato dall’ente di radiodiffusione europea, l’EBU. Il dibattito inizierà alle 15 ora italiana e verrà trasmesso in streaming qui. Sarà l’unico dibattito ufficiale fra i candidati presidenti prima delle elezioni europee, previste tra il 6 e il 9 giugno.
Fra le persone che parteciperanno però ce n’è una sola che ha davvero qualche possibilità di diventare presidente nelle settimane successive, cioè la presidente uscente Ursula von der Leyen. Per questo il dibattito conta fino a un certo punto. È possibile però che emerga qualche notizia: in un recente dibattito non ufficiale per esempio von der Leyen aveva accennato per la prima volta in maniera esplicita alla possibilità di allargare verso destra la maggioranza che la sostiene (all’inizio del suo mandato ciascun presidente della Commissione deve ottenere un voto di fiducia a maggioranza dal Parlamento). Von der Leyen è la candidata ufficiale del Partito Popolare Europeo (PPE), il principale partito europeo di centrodestra.
Gli altri politici che parteciperanno al dibattito sono Nicolas Schmit dei Socialisti e dei Democratici, Terry Reintke dei Verdi, Sandro Gozi di Renew Europe e Walter Baier della Sinistra europea. Nessuno di loro ha davvero delle possibilità di diventare presidente della Commissione.
Secondo i trattati dell’Unione Europea la presidente o il presidente della Commissione viene nominato dal Consiglio Europeo (cioè dai capi di Stato e di governo dei paesi membri) a maggioranza qualificata, «tenendo conto dei risultati delle elezioni europee»: un’indicazione, a dire il vero, abbastanza vaga. Il candidato poi deve essere eletto dal Parlamento Europeo con il voto della maggioranza dei membri che lo compongono: non è possibile, quindi, nominare un candidato che non vada anche bene alla maggioranza dei parlamentari; a parte questo vincolo, però, il Consiglio Europeo ha il potere di nominare sostanzialmente chiunque.
Dal 2014, in un tentativo di rendere più democratica l’elezione della Commissione e di legarla alle elezioni del parlamento europeo, i partiti europei hanno ottenuto di poter nominare dei “candidati di punta” (per usare un’espressione tedesca, degli Spitzenkandidaten) per il ruolo di presidente della Commissione: il partito che ottiene più parlamentari dopo le elezioni di giugno ha, teoricamente, il diritto a proporre il proprio candidato al Consiglio Europeo. Si tratta, comunque, di un meccanismo informale. Nei fatti il Consiglio Europeo rimane comunque molto libero nella propria scelta.
La prassi degli Spitzenkandidaten ha avuto fortune alterne dopo le elezioni europee: da quando è stata introdotta, nel 2014, entrambe le volte il Consiglio ha scelto un candidato appartenente al partito europeo che aveva effettivamente ottenuto più seggi alle elezioni, cioè il Partito Popolare Europeo, che stando ai sondaggi continuerà a esserlo anche durante il prossimo mandato. Nel 2014 il lussemburghese Jean-Claude Juncker era effettivamente stato nominato come Spitzenkandidat dal PPE, e dopo le elezioni venne indicato dal Consiglio e votato dal Parlamento come nuovo presidente della Commissione Europea.
Nel 2019 invece, quando fu nominata alla guida della Commissione, Ursula von der Leyen era una politica della CDU – il principale partito tedesco di centrodestra, molto influente nel PPE – ma non era una Spitzenkandidatin: era anzi ministra della Difesa in carica nel governo tedesco e la sua nomina fu il frutto di complicati negoziati tra i paesi membri. Lo Spitzenkandidat del PPE era Manfred Weber, che però non ottenne l’incarico perché ritenuto da alcuni capi di stato e di governo non adatto a un ruolo così importante (nella sua carriera politica Weber ha fatto sempre e solo il parlamentare europeo).
Dopo la nomina di von der Leyen nel 2019 molti commentatori parlarono di “morte” del sistema degli Spitzenkandidaten. Jean-Claude Juncker criticò la scelta di von der Leyen sostenendo che mancasse di trasparenza e rivendicò di essere stato «il primo e unico Spitzenkandidat».
Prima delle elezioni europee di quest’anno in molti hanno criticato il sistema degli Spitzenkandidaten. Il partito bavarese affiliato della CDU, l’Unione Cristiano-Sociale (CSU), l’anno scorso ha proposto di abolire il sistema.
Quest’anno i partiti dell’estrema destra che stanno al Parlamento Europeo riuniti nel Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR) e in Identità e Democrazia (ID) hanno rinunciato a presentare un proprio candidato per la presidenza della Commissione. Gli esponenti di ECR hanno chiaramente detto che il sistema degli Spitzenkandidaten è «inutile». È una posizione che dipende non solo da considerazioni pratiche ma anche dalle convinzioni dei partiti di destra ed estrema destra: se il sistema dei candidati di punta diventasse la norma rafforzerebbe il legame tra il mandato della Commissione Europea e il voto degli elettori alle europee, aumentando la legittimazione democratica delle istituzioni comunitarie. Una circostanza alla quale i partiti rappresentati in ECR e ID sono sempre stati contrari, in quanto nazionalisti e spesso euroscettici.
Il legame tra i candidati che parteciperanno al dibattito di oggi e le elezioni è molto, molto sfumato: gli elettori dei paesi membri votano solamente per eleggere i parlamentari europei e non potranno votare direttamente per gli Spitzenkandidaten. Inoltre, per l’appunto, il Consiglio Europeo non è tenuto in alcun modo a nominare uno di loro alla guida della prossima Commissione. Perché, allora, decidono di proporsi come candidati e di organizzare (come stanno facendo Ursula von der Leyen e Nicolas Schmit) una campagna elettorale? E perché organizzare un dibattito come quello di oggi?
Negli ultimi mesi Schmit e soprattutto von der Leyen sono stati molto attivi per cercare di promuovere la propria candidatura alla guida della Commissione. Von der Leyen ha addirittura creato uno slogan e un sito per la propria campagna elettorale: «Ursula 2024». Von der Leyen ha anche partecipato a molti eventi organizzati dai partiti politici di centrodestra che aderiscono al PPE.
È una strategia che serve, da una parte, a sostenere e a dare visibilità ai propri alleati politici nelle loro campagne elettorali nazionali. Dall’altra, però, è anche un modo per creare una specie di inerzia che aiuti a fare prendere sul serio la propria candidatura: nel caso di Ursula von der Leyen non c’è nessuna assicurazione che sarà nominata per un secondo mandato. Ma dopo tutti questi mesi di “campagna” da parte sua, è quanto meno probabile che i membri del Consiglio Europeo partiranno dal suo nome, quando discuteranno su chi nominare alla guida della Commissione (sempre se il PPE otterrà davvero la maggioranza relativa dei seggi).
Il dibattito di oggi, nonostante si svolga di pomeriggio e tra candidati che non hanno possibilità di essere scelti come presidente, può avere comunque dei motivi di interesse. Le elezioni europee si svolgono separatamente in ogni singolo paese membro, e significa che spesso sono dominate da temi nazionali. Il dibattito tra Spitzenkandidaten sarà una delle poche occasioni in cui i partiti politici europei, ai quali appartengono anche quelli italiani (Forza Italia è nel PPE; il Partito Democratico in S&D; Azione e Italia Viva in Renew Europe; Europa Verde nei Verdi; e Sinistra Italiana nella Sinistra), si discuterà effettivamente di temi che riguardano l’Unione Europea e la direzione che dovrà prendere in futuro.
Verosimilmente però nei prossimi mesi e anni saranno altri a portare avanti quelle idee: esclusa von der Leyen, gli altri candidati hanno poche possibilità di ricoprire ruoli apicali nella prossima Commissione o nel prossimo Parlamento.