La fine non fu la fine, per Bonnie e Clyde
Ancora oggi i nomi dei due criminali statunitensi, uccisi novant'anni fa, sono sinonimo di una coppia complice e spericolata
La mattina del 23 maggio del 1934 sei agenti della polizia del Texas e della Louisiana erano appostati dietro ad alcuni cespugli lungo una strada di campagna vicino alla località di Sailes, in Louisiana. Avevano organizzato un piano per incastrare Bonnie Parker e Clyde Barrow, due dei criminali più noti e ricercati al tempo, passati alla storia semplicemente come Bonnie e Clyde. Aspettavano da quasi due giorni che si facessero vivi, e quando finalmente passarono in auto, non fecero nemmeno in tempo a rallentare: gli agenti spararono contro la loro Ford V8 una raffica di proiettili che li uccise all’istante.
Per la polizia Bonnie e Clyde erano i leader di una pericolosa banda di criminali, che in pochi anni fu al centro di numerose rapine e oltre dieci omicidi. Ma per la gente erano qualcosa di più: anche a novant’anni dalla sua cruenta fine questa coppia inseparabile e i suoi crimini efferati continuano ad affascinare generazioni di persone e fanno parte della cultura popolare anche al di fuori degli Stati Uniti. I loro nomi oggi sono diventati un’espressione a sé, che indica quelli che in inglese vengono definiti “partner in crime”, cioè una coppia di persone complici e spericolate.
Bonnie e Clyde erano originari del Texas, dove erano nati rispettivamente il primo ottobre del 1910 e il 24 marzo del 1909. Lei, Bonnie, era una brava studentessa, che a 16 anni lasciò la scuola per sposarsi e poi fare la cameriera a Dallas; lui, Clyde, era nato da una famiglia di agricoltori e faceva il bracciante. Si conobbero all’inizio del 1930, probabilmente tramite un’amica in comune, quando lui aveva 20 anni e lei 19: si innamorarono e anche se lei non divorziò mai dal marito non si lasciarono più.
Negli Stati Uniti era il periodo della Grande depressione, la più grande crisi economica del Novecento, ed era anche il periodo dei cosiddetti “public enemies”, l’espressione con cui l’FBI chiamava gangster, assassini e pericolosi criminali come John Dillinger, “Baby Face Nelson” e “Machine Gun Kelly”. Clyde si manteneva scassinando casseforti, rubando automobili e rapinando negozi: era stato arrestato per la prima volta nel 1926 per non aver restituito un’auto presa a noleggio e fu arrestato ancora pochi mesi dopo per possesso di tacchini rubati. Nell’aprile del 1930 finì in carcere per furto d’auto, ma riuscì a evadere usando un’arma che proprio Bonnie era riuscita a fargli avere; finì di nuovo in prigione per poi ottenere la libertà condizionale nel 1932.
Diventarono “nemici pubblici” anche Bonnie e Clyde, che nella stessa primavera cominciarono a rapinare negozi, distributori di carburante e banche con l’aiuto di alcuni complici, tra cui Raymond Hamilton, il fratello di Clyde, Buck Barrow, e sua moglie Blanche.
I due si diedero alla fuga dopo l’omicidio del proprietario di un negozio a sud di Dallas, durante una rapina compiuta assieme a Hamilton. La Barrow gang attirò l’attenzione dei giornali di tutti gli Stati Uniti, anche perché una delle persone coinvolte era una donna. La stampa descriveva Clyde come un gangster ribelle e Bonnie come la sua complice innamorata: la sua immagine e la sua reputazione poi però cambiò, anche grazie a una foto piuttosto famosa in cui la si vedeva con un sigaro in bocca e una pistola nella mano destra.
Bonnie e Clyde erano ricercati per le loro rapine violente dal Texas al Minnesota, dal New Mexico all’Oklahoma. Nel giro di due anni alla gang furono attribuiti almeno 13 omicidi, tra cui nove di agenti di polizia. Dopo una sparatoria nel marzo del 1933 a Joplin, in Missouri, uccisero due agenti di polizia e si lasciarono dietro numerose armi, una poesia scritta da Bonnie (che teneva un diario in cui parlava della sua solitudine e della noia di una vita trascorsa in una piccola città di provincia) e una macchina fotografica con pellicola non ancora sviluppata. Le foto furono poi pubblicate dal giornale locale, il Joplin Globe. Pochi mesi dopo Buck fu ucciso e Blanche arrestata, come un altro dei loro complici.
Alla fine del 1933 le autorità di Dallas emisero un mandato di arresto per entrambi. La polizia andò vicino a fermarli, ma senza successo. Un altro mandato fu emesso all’inizio del 1934 in seguito all’assalto della prigione texana dove era detenuto Hamilton, in cui fu uccisa una guardia carceraria. Bonnie e Clyde fuggirono prima in Oklahoma e poi in Louisiana, dove si concentrarono le ricerche dell’FBI, che nel frattempo aveva cominciato ad assistere le forze di polizia statali.
L’FBI in particolare cominciò a tenere d’occhio un altro loro complice, Henry Methvin, che aveva parenti nella zona della Louisiana in cui i due furono poi uccisi. La polizia contava che prima o poi si sarebbero nascosti a casa sua, e quando ne ebbe il forte sospetto convinse il padre di Methvin a fare da esca. La sera del 21 maggio gli agenti si appostarono nell’area, dove in effetti Bonnie e Clyde arrivarono con la loro Ford V8, naturalmente rubata, attorno alle 9:15 di due giorni dopo. Uno di loro raccontò che cominciarono a sparare contro la coppia prima con i fucili automatici, fino a esaurire i colpi, e poi con altre armi: «Non volevamo correre alcun rischio».
Clyde fu ucciso da un colpo di arma da fuoco che lo colpì alla testa e Bonnie subito dopo. Lei venne colpita da 26 colpi e lui da 17. Lei aveva 23 anni, lui 25. «Entrambi avevano in mano pistole», precisava l’articolo del New York Times che dava notizia della loro morte. In seguito nell’auto furono trovati «tre mitra, sei pistole automatiche, un revolver, due fucili semiautomatici e abbastanza munizioni per un assedio».
La morte di Bonnie e Clyde fu una notizia enorme, che contribuì a rendere ancora più notevole la loro vita. Molte persone si diressero sul luogo dell’uccisione, dove si dice che un uomo rubò dei brandelli dell’abito di Bonnie insanguinato e un altro cercò di tagliare un orecchio di Clyde. Più di 20mila persone parteciparono al funerale della donna, che fu seppellita a Dallas, come il suo compagno, ma non accanto a lui, visto che la sua famiglia si oppose. L’auto in cui erano stati uccisi, crivellata dai fori di proiettile, fu mostrata in giro per il paese per poi finire in un hotel di Primm, in Nevada.
La fuga e la storia d’amore fra Bonnie e Clyde ispirarono già nel 1937 il film Sono innocente di Fritz Lang, con Henry Fonda e Sylvia Sidney. Trent’anni dopo uscì invece Gangster Story di Arthur Penn, con Warren Beatty e Faye Dunaway, che ottenne dieci candidature ai premi Oscar e ne vinse due, per miglior attrice non protagonista e miglior fotografia. Nel tempo alla coppia sono stati dedicati altri musical, spettacoli teatrali, libri, canzoni, tra cui “The Ballad of Bonnie & Clyde” di Georgie Fame e “Bonnie & Clyde”, scritta da Serge Gainsbourg e cantata con Brigitte Bardot. La storia ha ispirato anche il film del 2019 Highwaymen – L’ultima imboscata, con Kevin Costner, Woody Harrelson, Kathy Bates e John Carroll Lynch.
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