I primi aiuti umanitari arrivati a Gaza dal molo statunitense sono stati consegnati alla popolazione palestinese
Dopo diversi giorni da quando erano stati sbarcati, a causa delle grosse difficoltà logistiche e della mancanza di sicurezza
Mercoledì i primi aiuti umanitari arrivati a Gaza tramite il molo temporaneo completato la settimana scorsa dagli Stati Uniti sono stati consegnati alla popolazione palestinese. Il primo convoglio umanitario era transitato dal molo venerdì scorso, ma le difficoltà logistiche avevano impedito finora le consegne: intanto gli aiuti, che comprendevano barrette nutrizionali, alimenti terapeutici per minori malnutriti e kit per l’igiene personale, erano stati portati nei magazzini delle Nazioni Unite.
Il World Food Programme, un’agenzia dell’ONU, ha confermato di aver consegnato alla popolazione palestinese un numero limitato di biscotti altamente energetici, arrivati nella Striscia di Gaza venerdì. I primi carichi di aiuti erano partiti da Cipro (dove gli Stati Uniti hanno la base delle operazioni, per la vicinanza geografica), e poi erano stati trasportati a Gaza con un sistema logistico complesso, gestito in collaborazione dall’esercito americano e dalle Nazioni Unite.
Le attività del molo si erano interrotte fra domenica e lunedì, dopo che sabato alcuni camion carichi di aiuti erano stati assaltati dalla popolazione, che si era impossessata di parte del carico di circa metà dei camion prima che fosse distribuito dalle organizzazioni umanitarie. L’incidente aveva portato alla revisione del sistema logistico, e le consegne erano riprese martedì.
Da quando il molo è operativo sono arrivati 41 camion carichi di aiuti. Gli Stati Uniti hanno detto che a pieno regime il molo dovrebbe permettere il transito di 150 camion di aiuti al giorno: un quarto dei 600 camion stimati come necessari dalle organizzazioni umanitarie. Già da prima della guerra fra l’organizzazione radicale palestinese Hamas e Israele la popolazione di Gaza dipendeva in gran parte dalle centinaia di camion umanitari che entravano quotidianamente nel territorio. Dopo la guerra il loro numero è diminuito drasticamente, causando una gravissima crisi umanitaria.
Le agenzie umanitarie che si occupano di distribuzione di aiuti nella Striscia di Gaza devono gestire sia gli atti disperati della popolazione, come quello di sabato, in un territorio in molti casi vicino a condizioni di carestia, ma anche i pericoli dovuti alle operazioni militari e alle attività di gruppi armati palestinesi e dell’esercito israeliano, e la carenza di autisti e carburante nella Striscia. Uno dei principali fattori che rallentano le consegne umanitarie sono le ispezioni delle autorità israeliane, che vogliono assicurarsi che gli aiuti non supportino le organizzazioni come Hamas: nel caso di quelli che arrivano al molo statunitense, i controlli avvengono sia a Cipro, prima della partenza, sia dopo l’arrivo a Gaza.
Attualmente la maggior parte degli aiuti entra attraverso due varchi di frontiera nel sud di Gaza, ma sono comunque aiuti limitati e insufficienti a causa dell’ostruzionismo di Israele. Israele controlla sia il varco di Rafah sul confine con l’Egitto che il varco di Kerem Shalom attraverso il quale, sempre secondo i dati delle Nazioni Unite, nelle ultime due settimane sono entrati solo 69 camion, un numero decisamente inferiore rispetto a quello di camion che entravano attraverso i due varchi prima che le truppe israeliane entrassero a Rafah. Le operazioni militari israeliane nella zona hanno reso impossibile l’attività delle organizzazioni umanitarie che supportano le centinaia di migliaia di persone che vivono ancora là.
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