A Pozzuoli non ci sono abbastanza vie di fuga
Ne servirebbero di più e più ampie per far spostare migliaia di persone senza ingorghi: invece lunedì sera dopo il terremoto c'è stato un po' di caos
Lunedì sera, pochi minuti dopo la scossa di terremoto di magnitudo 4.4 avvenuta alle 20:10 nell’area dei Campi Flegrei, vicino a Napoli, migliaia di persone sono uscite dalle loro case per paura dei crolli. Quasi tutte non sapevano cosa fare. C’è chi ha scelto di rimanere in strada tutta la notte, chi si è spostato in altre zone della città, ospite di parenti e amici. Negli ultimi due giorni tutti gli abitanti sentiti dalla stampa hanno definito la gestione dell’emergenza caotica e improvvisata. Nelle strade si sono formate lunghe code di auto e ingorghi durati ore.
La comprensibile agitazione e la mancanza di informazioni chiare ha alimentato la confusione: le caserme dei vigili del fuoco e le sedi della protezione civile sono state subissate di chiamate e tutti i numeri di emergenza sono andati fuori uso in breve tempo. C’è stato qualche danno e non si è fatto male nessuno, ma in molti si sono chiesti cosa sarebbe successo con una scossa più forte.
Negli ultimi mesi nell’area vulcanica dei Campi Flegrei l’attività sismica è stata intensa. Secondo i dati dell’osservatorio vesuviano dell’INGV, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, ci sono stati migliaia di terremoti, di cui la maggior parte non percepita dalla popolazione. Soltanto nell’ultimo mese sono stati 450. L’attività sismica è dovuta al bradisismo, cioè alla lenta deformazione del suolo, un processo di sollevamento che riguarda in particolare l’area di Pozzuoli, la più interessata dal fenomeno.
Negli ultimi cento anni ci sono stati tre periodi di sollevamento – tra il 1950 e il 1952, tra il 1969 e il 1972 e tra il 1982 e il 1984 – e per questo molti abitanti sono abituati alle scosse, che tuttavia sono riprese in modo significativo soltanto nell’ultimo anno e mezzo. Dall’inizio del 2024 è stata registrata una velocità di sollevamento di 2 centimetri al mese, un processo più lento rispetto agli anni Settanta e Ottanta quando il suolo si sollevò di circa 3 metri in tutto. Sia l’INGV che i sindaci hanno invitato più volte a non fare allarmismo e ad attenersi ai dati, ma scosse più forti e ricorrenti hanno fatto crescere la preoccupazione.
Già 40 anni fa si discuteva della necessità di preparare piani di emergenza con istruzioni da seguire in caso di scosse particolarmente forti o peggio di un’eruzione vulcanica, al momento esclusa da tutti gli esperti che da decenni studiano il bradisismo nell’area dei Campi Flegrei. I piani di evacuazione sono due, uno per il rischio vulcanico e uno per il rischio sismico. Quest’ultimo è stato introdotto da un decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso ottobre.
In entrambi i casi con lo scenario di allerta più elevato è previsto l’allontanamento delle persone dai comuni dell’area dei Campi Flegrei. Chi decide di spostarsi in auto deve seguire i percorsi stabiliti dai piani, mentre le persone che scelgono il trasferimento in nave, treno o pullman devono raggiungere aree di attesa stabilite dalla Protezione civile di ogni comune. Da lì verrebbero poi trasferite in altre aree, fuori dalla zona rossa, per raggiungere zone sicure.
Per far funzionare i piani di evacuazione servono vie di fuga ampie e indicazioni chiare, che al momento mancano. Lo scorso gennaio è stato inaugurato il tunnel che collega l’area del porto di Pozzuoli alla tangenziale di Napoli. È stata definita un’opera strategica, conclusa però decisamente in ritardo rispetto al previsto: i lavori costati in totale 154 milioni di euro iniziarono negli anni Ottanta e il collaudo ufficiale venne fatto otto anni fa. Inoltre questa via di fuga è incompleta perché mancano due bretelle di accesso ancora in fase di progettazione. In totale devono essere trovati 7 milioni di euro, che probabilmente metterà la Regione Campania.
Tra i lavori di cui si è discusso negli ultimi anni c’è anche l’arretramento della stazione di Torregaveta, una frazione di Monte di Procida, per realizzare una nuova strada larga sette metri al posto dell’attuale che è molto stretta. La costruzione di questa strada è considerata urgente da almeno trent’anni, ma il progetto è stato presentato soltanto all’inizio di maggio. Una via di fuga di cui al momento non ci sono né progetti né fondi è la cosiddetta bretella tra Cuma e l’ospedale La Schiana di Pozzuoli, che permetterebbe di aggirare la frazione di Arco Felice. «Le strade disponibili per spostamenti in massa durante l’emergenza sono poche e le tutele di un territorio di pregio ambientale e monumentale impediscono la costruzione di altre vie di fuga», ha detto l’assessore al governo del territorio del comune di Pozzuoli, Giacomo Bandiera.
I cantieri sono un altro problema. Lunedì sera alcune delle strade indicate come vie di fuga erano ristrette o addirittura interrotte per via di lavori: a Pozzuoli negli ultimi mesi sono stati aperti cantieri per la posa della fibra ottica. È un tema di cui ha parlato anche il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi. «A Napoli non ci sono stati danni, ma bisogna garantire una viabilità scorrevole per permettere alla gente di spostarsi in auto senza trovare la strada interrotta», ha detto. «Il tema è la gestione della viabilità e, dunque, anche controllare che non ci siano cantieri che ostruiscano la circolazione e avere una task force di polizia municipale e polizia stradale che intervenga subito».
Serve poi più informazione, perché molti abitanti non conoscono i dettagli dei piani di evacuazione e non sanno come comportarsi in caso di allerta, quali strade percorrere, quali evitare, dove andare. Lo scorso aprile la protezione civile aveva annunciato una prova generale di evacuazione in caso di rischio sismico, in programma il 30 e il 31 maggio. In un certo senso sarà la riproposizione di quanto accaduto lunedì sera. In ottobre, invece, ci sarà un’esercitazione ancora più impegnativa con la simulazione di un’allerta legata all’eruzione vulcanica. In questi mesi saranno organizzate campagne di informazione per preparare gli abitanti.