Nessuno degli aiuti sbarcati a Gaza dal molo costruito dagli Stati Uniti è stato consegnato alla popolazione palestinese
E le Nazioni Unite hanno annunciato la sospensione della distribuzione di cibo a Rafah, a causa della mancanza di rifornimenti e delle condizioni troppo insicure
Gli aiuti partiti dal molo temporaneo costruito dall’esercito degli Stati Uniti davanti alla costa della Striscia di Gaza per alleviare la crisi provocata da circa otto mesi di bombardamenti e operazioni militari di Israele non sono stati distribuiti alla popolazione palestinese da nessuna organizzazione umanitaria. Lo ha detto durante una conferenza stampa il generale Patrick S. Ryder, portavoce del Pentagono, il ministero della Difesa statunitense. Le 569 tonnellate di aiuti comprendevano barrette nutrizionali, alimenti terapeutici per minori malnutriti e kit per l’igiene personale.
I primi carichi di aiuti erano arrivati al molo da Cipro (dove gli Stati Uniti hanno la base delle operazioni, per la vicinanza geografica), e poi erano stati trasportati a Gaza con un sistema logistico complesso, gestito in collaborazione dall’esercito americano e dalle Nazioni Unite. Secondo Ryder una parte di quegli aiuti potrebbe essere stata trasportata nei magazzini, ma alla domanda se fossero stati consegnati alla popolazione il generale ha detto: «Ad oggi, non credo».
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Nel frattempo martedì sera l’agenzia delle Nazioni Unite responsabile per i rifugiati palestinesi, l’UNRWA, ha annunciato la sospensione della distribuzione di cibo a Rafah, città nel sud della Striscia di Gaza da settimane assediata dall’esercito israeliano, citando in modo generico la mancanza di rifornimenti e di sicurezza. Il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric ha aggiunto che il centro di distribuzione dell’UNRWA e i magazzini del Programma alimentare mondiale (WFP) delle Nazioni Unite a Rafah sono «inaccessibili a causa delle operazioni militari in corso». Alla domanda sulle conseguenze della sospensione della distribuzione, Dujarric ha risposto: «La gente non mangia». L’UNRWA ha anche dichiarato che il progetto del molo potrebbe fallire a meno che Israele non inizi a fornire le condizioni di cui i gruppi umanitari hanno bisogno per operare in sicurezza.
Abeer Etefa, portavoce del WFP, ha detto che «le operazioni umanitarie a Gaza sono vicine al collasso» e che se cibo e altre forniture non riprenderanno a entrare in quantità massicce «si diffonderanno condizioni simili alla carestia». Il generale Ryder ha comunque affermato che sono in corso negoziazioni tra Israele e le Nazioni Unite per cercare vie di distribuzione alternative e che altri aiuti sono in arrivo: «Prevediamo che verranno distribuiti nei prossimi giorni, ovviamente, condizioni permettendo».
Il molo temporaneo costruito dagli Stati Uniti (il cui nome ufficiale è JLOTS: Joint Logistics Over-the-Shore, che si può tradurre con “logistica coordinata sulla costa”) è composto da due parti: una grande piattaforma galleggiante ancorata al largo della Striscia e il molo vero e proprio, che è collegato direttamente alla costa con una lunga passerella, fatta in modo che i camion possano transitarci sopra. Gli aiuti umanitari arrivano da Cipro tramite grandi navi da carico, che attraccano alla piattaforma galleggiante al largo. Gli aiuti vengono scaricati sulla piattaforma e caricati su navi militari più piccole, che li trasportano al molo ancorato alla costa. Da lì vengono infine caricati su camion che li portano sulla terraferma, dove sono consegnati alla missione del Programma alimentare mondiale dell’ONU, che si occupa della distribuzione.
La costruzione del molo era stata decisa dall’amministrazione di Joe Biden per cercare di alleviare la gigantesca crisi umanitaria della popolazione civile provocata dalla guerra nella Striscia e si era resa necessaria perché dall’inizio della guerra Israele ha imposto limitazioni massicce all’ingresso degli aiuti nella Striscia via terra, che sarebbe secondo le Nazioni Unite il metodo migliore e più efficiente per distribuire generi alimentari e altri beni di prima necessità alla popolazione.
Attualmente la maggior parte degli aiuti entra attraverso due varchi di frontiera nel sud di Gaza, ma sono comunque aiuti limitati e insufficienti a causa dell’ostruzionismo di Israele. Israele controlla sia il varco di Rafah sul confine con l’Egitto che il varco di Kerem Shalom attraverso il quale, sempre secondo i dati delle Nazioni Unite, nelle ultime due settimane sono entrati solo 69 camion, un numero decisamente inferiore rispetto a quello di camion che entravano attraverso i due varchi prima che le truppe israeliane entrassero a Rafah.
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