La storia di Seif Bensouibat, che rischia di essere espulso per alcuni messaggi pro Palestina
È un educatore algerino che vive in Italia da dieci anni con lo status di rifugiato: per quanto ha scritto in una chat privata è stato licenziato e ha passato quattro giorni in un CPR
Il 16 maggio Seif Bensouibat, un educatore algerino che vive in Italia da dieci anni con lo status di rifugiato, è stato prelevato a casa sua dalle forze dell’ordine, a Roma, e trasferito nel Centro di permanenza per i rimpatri (CPR) per migranti irregolari di Ponte Galeria, poco fuori città: gli è stata notificata l’espulsione immediata dal territorio italiano e il ritiro dello status di rifugiato, per via di alcune frasi che nei mesi scorsi aveva pubblicato in una chat privata in cui aveva criticato Israele per la guerra a Gaza, esprimendo solidarietà con il popolo palestinese e con Hamas.
Bensouibat è tornato in libertà lunedì 20 maggio, dopo che il giudice di pace non aveva convalidato la sua detenzione amministrativa al CPR. Sul decreto di espulsione nei suoi confronti però non è ancora stata presa una decisione, quindi Bensouibat rischia il rimpatrio, e inoltre è indagato per istigazione all’odio etnico, religioso e razziale.
Bensouibat ha 38 anni e fino a pochi mesi fa lavorava come educatore (anche detto assistente didattico) nel liceo francese Chateaubriand di Roma, che è gestito dall’Agenzia per l’istruzione francese all’estero, controllata dal ministero degli Esteri francese. Della sua vicenda si sta parlando molto in queste ore perché secondo alcuni, tra cui Ilaria Cucchi, senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra, «quello contro Bensouibat è un provvedimento eccessivo rispetto ai fatti contestati e una violazione del diritto fondamentale alla libertà di manifestazione del pensiero».
I messaggi contestati a Bensouibat sono di gennaio, scritti in una chat privata su WhatsApp. Nella chat, in cui erano inclusi alcuni amici e colleghi della scuola, aveva commentato con toni molto duri i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza ed espresso sostegno ad Hamas. Tra le altre cose aveva pubblicato una foto del portavoce di Hamas, e aveva paragonato il gruppo alla resistenza algerina che aveva combattuto per l’indipendenza del paese. Una collega lo aveva quindi segnalato al preside del liceo, che a sua volta volta aveva avvertito l’ambasciata francese e poi la polizia.
Come ha raccontato Bensouibat a Fanpage, il 17 gennaio la Digos (la Divisione investigazioni generali e operazioni speciali della polizia) era andata a casa sua per fare una perquisizione alla ricerca di armi o esplosivi (che non erano stati trovati), e lo stesso giorno il direttore della scuola lo aveva chiamato per avvertirlo che sarebbe stato sospeso per qualche giorno. Dopo una settimana però era stato licenziato, convocato in questura e informato dell’avvio contro di lui di un’indagine penale, del procedimento di revoca dello status di rifugiato e della convocazione davanti alla commissione territoriale incaricata del riconoscimento della protezione internazionale.
Bensouibat aveva chiesto scusa pubblicamente per i messaggi, che comunque erano conversazioni private, dicendo di essersi «espresso male» e di aver «sbagliato». Il 16 maggio, dopo due mesi in libertà, la polizia è tornata in casa sua per notificargli il provvedimento di revoca dello status di rifugiato e la sua espulsione dal territorio nazionale perché ritenuto persona pericolosa per la sicurezza dello Stato italiano, con conseguente detenzione amministrativa nel CPR di Ponte Galeria.
L’avvocato di Bensouibat, Flavio Rossi Albertini, ha detto che il provvedimento «motiva la pericolosità attraverso una lettura comparata dei post con il pericolo del terrorismo religioso di matrice jihadista, con il fenomeno dei “lupi solitari”, della radicalizzazione solitaria. Evidentemente ritenendo che i moti di sdegno, anche scomposti, urlati e rabbiosi per quanto avviene in Palestina possano essere ricondotti all’ISIS». Rossi Albertini è anche l’avvocato del detenuto anarchico Alfredo Cospito.
Ora Bensouibat è libero, ma rischia comunque di essere espulso dall’Italia. I suoi legali hanno annunciato che presenteranno ricorso contro la revoca dello status di rifugiato, sostenendo che le frasi che gli sono state contestate erano «espressioni non pubbliche, senza neanche il carattere propagandistico, senza elementi associativi né predisposizione a compiere atti di violenza, una reazione al momento magari non misurata, ma più di questo non è».
Intanto anche genitori e studenti del liceo Chateaubriand hanno fatto due raccolte firme online in sostegno dell’educatore algerino. «È stato sempre apprezzato da bambini e da genitori, esprimiamo tutta la nostra solidarietà a Seif in questo incubo che sta vivendo e chiediamo che possa beneficiare di tutti i suoi diritti previsti dalla legge (immigrazione, libertà di espressione e lavoro). Il rischio di espellere un rifugiato nel paese è un’azione sproporzionata che mette in serio pericolo la vita di un giovane», si legge in una di queste.