L’NBA non è mai stata così incerta
Per il sesto anno consecutivo sarà una squadra diversa a vincere il principale campionato di basket nordamericano: c'entrano nuove regole sugli stipendi e una generazione di giocatori molto forti
Questa notte cominciano le finali di Conference della NBA, il campionato maschile di basket statunitense: nella parte Est del tabellone si affronteranno i Boston Celtics e gli Indiana Pacers, mentre a Ovest i Minnesota Timberwolves giocheranno contro i Dallas Mavericks. Le vincenti delle due serie arriveranno alle NBA Finals, che assegneranno il titolo. Comunque vada, si sa già che per il sesto anno consecutivo ci sarà una vincitrice diversa. Dal 2019 hanno vinto i Toronto Raptors, i Los Angeles Lakers (2020), i Milwaukee Bucks (2021), i Golden State Warriors (2022) e i Denver Nuggets (2023).
Negli ultimi anni, insomma, quello NBA è diventato un campionato molto equilibrato e imprevedibile, in cui non esiste una squadra dominante in grado di vincere per più anni di seguito, ma tante ottime squadre che ogni stagione sanno di avere una possibilità: la lega è diventata molto più avvincente. Minnesota, per esempio, non vinceva una serie di playoff da vent’anni, ora ha appena eliminato i campioni in carica (i Denver Nuggets) vincendo la serie 4-3 con un’incredibile rimonta in gara-7. Nelle ultime sei stagioni, peraltro, la squadra campione in carica non è mai riuscita nemmeno a raggiungere le finali di Conference.
È una situazione non frequente per il basket statunitense, che a lungo è stato abituato alle cosiddette “dinastie”, cioè a periodi più o meno lunghi in cui una squadra arrivava quasi sempre in finale, e poche altre potevano competere.
Negli anni Sessanta Boston vinse nove titoli su dieci, negli anni Ottanta ci furono cinque vittorie dei Los Angeles Lakers e tre dei Boston Celtics, negli anni Novanta i Chicago Bulls di Michael Jordan vinsero per sei volte l’NBA, negli anni Duemila ci furono di nuovo cinque vittorie dei Lakers (e tre dei San Antonio Spurs), negli anni Dieci i Golden State Warriors vinsero tre titoli e arrivarono cinque volte alle Finals. L’unica eccezione furono gli anni Settanta, quando tra il 1975 e il 1980 sei squadre diverse vinsero il titolo: non era più successo fino ad adesso.
Le ragioni di questo nuovo equilibrio sono diverse. Innanzitutto, la NBA stessa ha approvato alcune regole per favorire la competizione, come ulteriori restrizioni sul salary cap, cioè il tetto di spesa che ogni squadra non deve superare per pagare gli stipendi ai giocatori. Oggi per le squadre più forti, i cui giocatori con il passare del tempo è probabile (e legittimo) che chiedano un aumento di stipendio, è sempre più difficile fare nuove operazioni di mercato, a meno che non decidano di cedere alcuni dei loro migliori giocatori. Non possono più, come facevano fino a poco fa, usufruire di eccezioni alle regole.
Alla fine della gara-7 contro i Minnesota Timberwolves, l’allenatore dei Denver Nuggets Michael Malone ha detto che «con le regole attuali, sarà sempre più difficile confermarsi campioni».
C’è poi un discorso di livello medio del gioco, che si è molto alzato. Oggi quasi tutte le squadre hanno giocatori forti e allenatori preparati: fare due stagioni consecutive ad alta intensità, soprattutto ai playoff, è diventato più faticoso, mentalmente e fisicamente. Anche perché chi vince l’NBA l’anno precedente ha poi meno tempo per recuperare durante l’estate, rispetto a chi invece magari è uscito presto dai playoff (o nemmeno ci è andato).
Le serie di quest’anno sono state quasi tutte molto incerte e combattute, anche grazie all’affermazione di una nuova generazione di giocatori abbastanza eccezionali come Anthony Edwards, Luka Doncic (che per la verità è ormai qualche anno che viene considerato tra i più forti del campionato) e Tyrese Haliburton.
Dei venti cestisti più pagati della lega, solamente tre hanno raggiunto le finali di Conference (Rudy Gobert, Luka Doncic e Pascal Siakam), e nessuno tra i giocatori delle quattro squadre ancora in corsa ha mai vinto un titolo di MVP, a testimonianza ulteriore di questo profondo ricambio generazionale in corso (il titolo MVP viene assegnato al giocatore migliore della stagione regolare). Tra le squadre che sono state eliminate, ce ne sono alcune che di recente sono molto cresciute e nei prossimi anni potranno continuare a rendere l’NBA varia, a cominciare dai New York Knicks e dagli Oklahoma City Thunder.