C’è tutta una questione dietro alle capre che salgono sugli alberi in Marocco
Ci si arrampicano in maniera più o meno forzata per mangiarne i frutti, e sono diventate una criticata attrazione turistica
Viaggiando nella parte occidentale del Marocco, nella zona di Agadir e Marrakech, può capitare di trovare una o più capre arrampicate sui rami degli alberi di argan, dal cui frutto si ricavano sia un olio cosmetico pregiato che un olio alimentare molto nutriente. È uno spettacolo curioso, visto che solitamente questi ruminanti si limitano a brucare a terra, e in quanto tale è diventato un’attrazione, anche perché sembrano quasi messe lì in posa. Il problema è che, come ha spiegato National Geographic, il loro è «un gesto istintivo fino a un certo punto», che ha a che fare con la crisi climatica ma non solo.
L’argan (Sideroxylon spinosum) è una specie di pianta da fiore endemica del sud-ovest del Marocco, dove cresce nelle regioni di Marrakech-Safi e di Souss-Massa. È molto resistente, vive anche più di 150 anni ed è caratterizzato da un tronco corto e da un’ampia chioma con rami spinosi. Il suo legno viene usato perlopiù come combustibile, mentre le foglie e la polpa dei suoi frutti, che maturano tra maggio e giugno, sono un’importante fonte di cibo per capre, pecore e cammelli; i frutti, che ricordano delle olive, contengono noccioli al cui interno ci sono i semi da cui si ricavano, con procedimenti diversi, l’olio cosmetico e quello alimentare.
Nel tempo le capre hanno imparato ad arrampicarsi su questi alberi per mangiare anche i frutti che crescono sui rami più alti, che arrivano fino a 8-10 metri, in parte a causa della progressiva desertificazione delle aree da pascolo. Dai primi anni Duemila però alcuni pastori hanno cominciato ad addestrare gli animali proprio per farceli salire, con l’obiettivo di guadagnare qualche soldo dai turisti, che a volte vengono accompagnati appositamente per vederli.
Uno di questi è Jaouad Benaddi, che vive nella zona di Essaouira, sull’oceano Atlantico, e ha cominciato a far salire le sue capre sugli alberi nel 2019, dopo un raccolto andato male. Al tempo per vedere le capre sugli alberi si fermavano più o meno dieci auto al giorno, ha detto al National Geographic, e lui portava a casa l’equivalente di 15-20 euro in mance (su uno stipendio medio mensile lordo dell’equivalente di circa 1.500 euro, contro i 1.700 euro netti dello stipendio medio mensile in Italia); adesso che ne ha appena comprate di nuove deve però ricominciare daccapo, visto che per addestrarle ci vogliono fino a sei mesi. Per questo c’è anche chi ricorre a strategie più discutibili.
Ci sono pastori che tagliano i rami in modo tale da far salire le capre con più facilità, e altri che cercano di attirarle sugli alberi con sacchetti di cereali o manciate di frutti, come fa anche Benaddi. Alcuni ce le mettono su di peso, e c’è poi chi le trascina su con la forza oppure a colpi di bastone. In ogni caso una guida turistica di Marrakech, Mohamed Elaamrani, ha raccontato che le capre sugli argan in quella parte del Marocco sono «dappertutto, come i funghi»: molti turisti vogliono vedere a tutti i costi queste «capre volanti» perché, a suo dire, «non c’è niente di simile nel resto del mondo».
L’olio di argan è un prodotto molto importante per l’economia marocchina, e lo producono più di 800 cooperative, gestite soprattutto da donne. La pianta e i suoi derivati sono una fonte di reddito più o meno diretta per circa 3 milioni di persone, su una popolazione totale di circa 38 milioni di abitanti. Il Marocco produce tra le 4mila e le 6mila tonnellate di olio di argan ogni anno e ne esporta tra le mille e le 1.500: viene venduto a prezzi molto elevati (in genere almeno 15 euro per 100 ml) perché per produrne un solo litro servono più di 27 chili di frutti.
Uno degli altri motivi per cui alle persone del posto fa comodo che le capre mangino i suoi frutti è che siccome non riescono a digerire i suoi semi, li disperdono attraverso le feci, il vomito o gli sputi. Questi semi possono quindi essere raccolti e lavorati per estrarre l’olio, ma secondo uno studio di alcuni ricercatori del parco naturale di Doñana, l’area protetta più grande della Spagna, possono anche attecchire e far crescere nuove piante. Il ruolo delle capre insomma è utile per la tutela dell’ecosistema locale, dove in media cadono solo 300 millimetri di pioggia all’anno.
C’è tuttavia chi accusa i pastori di sfruttare gli animali, come Liz Cabrera Holtz dell’organizzazione non profit inglese World Animal Protection, secondo cui «vengono controllati e non si spostano liberamente»; altri invece li accusano di legare i cuccioli ai tronchi degli alberi in modo da poterli prendere in braccio e fotografare con più facilità. In generale le capre rischiano di cadere e farsi male nel tentativo di scendere, e inoltre si vedono sugli alberi tra la tarda mattinata e la metà del pomeriggio, quando il traffico lungo le vie percorse dai turisti è maggiore, ma anche quando c’è più caldo.
Le capre resistono bene sia a temperature elevate che alla scarsità d’acqua, ha notato Adnan El Aji, un veterinario di Essaouira, ma farle stare sugli alberi con un caldo eccessivo può causare disidratazione o altri problemi. Il fatto che mangino molte parti della pianta, unito alla popolarità dell’olio di argan e alla crescente desertificazione provocata dalla crisi climatica globale, mette inoltre a rischio gli stessi alberi.
Nella Lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), l’ente internazionale riconosciuto dall’ONU che valuta quali specie animali e vegetali rischiano l’estinzione, l’argan è considerata una pianta vulnerabile e in declino. Lo sostengono anche le autorità marocchine e i rappresentanti dell’industria dell’olio, secondo cui le foreste di argan si sono quasi dimezzate dall’inizio del secolo, arrivando nel 2022 a una superficie totale di circa 8.200 chilometri quadrati.
Perché le piante comincino a produrre frutti ci vogliono fino a 15 anni, e come ha ricordato il ministero dell’Agricoltura del paese con l’aumento globale delle temperature e gli effetti del cambiamento climatico i periodi di siccità prolungata saranno sempre più frequenti: questo sarà un problema non solo per il ripopolamento delle foreste di argan, ma anche per il nutrimento degli animali che se ne cibano.
– Leggi anche: L’importante sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sul clima, spiegata