Il festival di Cannes di “Pulp Fiction”
Trent'anni fa il secondo film di Quentin Tarantino vinse la Palma d'oro spiazzando la critica, che si rese conto subito di aver assistito a qualcosa di speciale
La mattina del 21 maggio del 1994, trent’anni fa, l’allora critica cinematografica di Entertainment Weekly Anne Thompson entrò nel Palais des Festivals per assistere alla presentazione di uno dei film in concorso della 47esima edizione del festival del cinema di Cannes. Si chiamava Pulp Fiction ed era diretto da Quentin Tarantino, un regista trentunenne che due anni prima aveva ricevuto grandi attenzioni dalla critica internazionale grazie al suo film di debutto Le iene, un b-movie ispirato in buona parte a City on Fire, un thriller del 1987 di Ringo Lam.
Oggi è considerato uno dei film più importanti degli anni Novanta, e di sicuro quello che ha contribuito a definire lo stile con cui Tarantino è diventato famoso in tutto il mondo, come la ricercatezza dei dialoghi, la violenza ostentata di molte scene, la predilezione per le narrazioni non lineari e la tendenza a infilare nei film molte delle sue fissazioni con un citazionismo estremo, pieno di rimandi al cinema e alla cultura pop degli anni Sessanta e Settanta. All’epoca però non lo sapevano ancora. «Non ricordo altro che applausi entusiasti. Era elettrizzante, c’era la sensazione di avere assistito a qualcosa di straordinario», ha detto Thompson ricordando la reazione della platea subito dopo la prima proiezione di Pulp Fiction.
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Insieme a Thompson assistettero alla prima del film a Cannes anche Roger Ebert e Todd McCarthy, due dei più prestigiosi critici cinematografici statunitensi. Furono entrambi molto entusiasti del film. Ebert assegnò a Pulp Fiction il massimo del punteggio (quattro stelle su quattro), lodando la stramba sceneggiatura scritta da Tarantino e Roger Avary («è scritta benissimo, ma in modo trasandato»), la struttura narrativa non lineare che consentiva di guardare il film «dozzine di volte, senza ricordare cosa viene prima e cosa dopo» e la gestione degli attori da parte di Tarantino, in particolare l’intuizione di assegnare a John Travolta, la cui carriera ai tempi era in forte declino, il ruolo di Vincent Vega.
McCarthy apprezzò l’audacia narrativa di Tarantino e la sua capacità di giocare con le sequenze temporali, e descrisse Pulp Fiction come un film «caratterizzato da dialoghi deliziosi e diverse performance superbe».
La struttura di Pulp Fiction è incentrata sull’intreccio di tre linee narrative: la prima inizia con i due sicari Vincent Vega (John Travolta) e Jules Winnfield (Samuel L. Jackson) che vengono incaricati di recuperare una valigetta rubata al loro capo Marsellus Wallace (Ving Rhames) e finisce con il famoso appuntamento tra Vega e Mia Wallace (Uma Thurman), la moglie di Marsellus Wallace, in un ristorante stile anni Cinquanta, culminato in un’overdose sventata grazie a un’iniezione di adrenalina.
La seconda introduce il personaggio di Butch (Bruce Willis), un pugile che sta scappando dalla città dopo avere infranto una promessa stipulata con Wallace (truccare un incontro di boxe), ma che a un certo punto è costretto a tornare al suo appartamento per recuperare un orologio d’oro dal grande valore affettivo. Nella terza Vega e Winnfield devono pulire la loro macchina dopo l’uccisione di un ostaggio, e per farlo chiedono aiuto a un certo Jimmie Dimmick (interpretato da Tarantino).
Per certi film si deve stare a cercare quali sono i momenti o le scene che si sono davvero fatti ricordare anche dopo anni: in Pulp Fiction quelle scene e quei momenti sono così tanti che si farebbe prima a dire quali non lo sono. Ci sono decine di video che analizzano le opere a cui Tarantino si è ispirato e quelle che a sua volta sono state ispirate da Pulp Fiction, decine di aneddoti sulle scene e sui loro significati, decine di piccoli dettagli che sono stati raccontati e analizzati.
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Anche la giuria di Cannes si rese conto che Pulp Fiction era un film eccezionale, uno di quelli destinati a rimanere: il 23 maggio, due giorni dopo la prima, premiò infatti Tarantino con la Palma d’oro, smentendo le previsioni della maggior parte delle riviste di settore, che avevano pronosticato la vittoria di un film più impegnato: Tre colori – Film rosso, del regista polacco Krzysztof Kieślowski.
Anche le persone che avevano lavorato alla realizzazione di Pulp Fiction rimasero spiazzate quando Clint Eastwood, che in quell’edizione presiedeva la giuria, pronunciò la frase «The Palm d’or goes to Pulp Fiction» («La Palma d’oro va a Pulp Fiction»). Lawrence Bender, il produttore del film, ha raccontato che lui, Tarantino e gli altri membri della troupe non immaginavano non soltanto di poter vincere la Palma d’oro, ma neanche di poter ottenere uno qualsiasi dei premi che vengono assegnati a Cannes.
Lo stesso Tarantino fu piuttosto sorpreso di ricevere il premio. «Non mi aspetto mai di vincere qualcosa quando una giuria deve decidere, perché non faccio quel tipo di film che unisce le persone», disse nel discorso d’accettazione.
Anche se la critica lodò il film in maniera unanime, una parte della platea non prese benissimo la vittoria di Pulp Fiction, giudicandolo un film troppo frivolo e d’evasione per il festival di Cannes, che soprattutto in quegli anni aveva la fama di un evento in cui venivano premiati film più concettuali e meno rivolti all’intrattenimento. Quando Eastwood pronunciò il vincitore dal pubblico partirono alcuni fischi, a cui Tarantino rispose mostrando il dito medio, in quello che è diventato uno dei momenti più ricordati del festival.
A Tarantino l’idea per Pulp Fiction era venuta a fine anni Ottanta, prima di scrivere e dirigere Le iene, quando ancora lavorava come commesso di Video Archives, un videonoleggio della periferia di Los Angeles. Insieme a lui in quel negozio lavorava il collega e amico Roger Avary. I due passavano il loro tempo parlando di film e avevano deciso di mettersi anche a scriverli. «Non fu una grande differenza», ha raccontato Avary: «dovevamo solo scrivere quello che tanto già ci dicevamo».
Inizialmente il film avrebbe dovuto chiamarsi Black Mask, in omaggio a una vecchia rivista di storie “pulp” (storie di scarso valore, spesso di criminali e detective: chiamate così perché stampate su una carta brutta, detta appunto “pulp”).
Pulp Fiction costò relativamente poco: 8 milioni di dollari, 5 dei quali usati per pagare il cast. Furono tutti recuperati nel primo weekend di uscita del film. Prima delle riprese il cast era molto diverso da quello che poi avrebbe effettivamente recitato nel film: per il ruolo di Mia Wallace si era parlato di Michelle Pfeiffer, Meg Ryan, Isabella Rossellini e Daryl Hannah; per quello di Vincent Vega di Daniel Day-Lewis e Michael Madsen; per quello di Butch, invece, di Mickey Rourke e Matt Dillon.
Oltre alla Palma d’oro, nel marzo del 1995 Tarantino e Avary furono premiati anche con l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale. Non è ben chiaro come e quanto Avary contribuì alla sceneggiatura di Pulp Fiction e negli anni i due hanno anche litigato a riguardo. Quel che è certo è che un pezzo di Pulp Fiction è tratto da una storia pensata e inizialmente scritta da Avary, che però lasciò il progetto di Pulp Fiction prima ancora che la sceneggiatura fosse completata del tutto, per dedicarsi a un film che aveva in mente di girare da qualche anno, Killing Zoe.