Forse c’è uno sviluppo importante nelle indagini sull’Unabomber italiano

Secondo alcuni giornali locali sarebbero state trovate tracce di DNA sui reperti degli attentati commessi in Veneto e Friuli Venezia Giulia, tra gli anni Novanta e Duemila

La polizia scientifica al lavoro nel luogo dove nel 2005 era stato lasciato un ordigno nascosto in un ovetto Kinder, a Treviso
La polizia scientifica al lavoro nel luogo dove nel 2005 era stato lasciato un ordigno nascosto in un ovetto Kinder, a Treviso (FOTOFILM/LaPresse)
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Domenica i giornali locali del Nord-Est del gruppo NEM hanno scritto, citando fonti della procura di Trieste, di una novità nelle indagini sugli attentati attribuiti al cosiddetto “Unabomber italiano”, cioè l’attentatore che tra il 1994 e il 2006 posizionò oltre 30 ordigni esplosivi in Veneto e Friuli Venezia Giulia. La procura di Trieste aveva riaperto le indagini nel gennaio del 2023, e ora dopo più di un anno gli investigatori avrebbero trovato tracce di DNA su alcuni vecchi reperti. Al momento non ci sono state conferme né smentite da parte della procura.

In base a quanto scritto domenica dai giornali, sarebbero state rilevate tracce di DNA su alcuni peli che erano su una bomboletta di stelle filanti inesplosa trovata il 6 marzo del 2000 a San Vito al Tagliamento, in provincia di Pordenone; su un “uovo-bomba” inesploso trovato il 31 ottobre del 2000 in un supermercato di Portogruaro, in provincia di Venezia; sul nastro isolante utilizzato per chiudere un tubetto di pomodoro concentrato esploso in mano a una donna nello stesso supermercato di Portogruaro il 6 novembre del 2000; e sul nastro isolante dell’ordigno inesploso e nascosto in un tubetto di maionese a Roveredo in Piano, in provincia di Pordenone, il 17 novembre 2000. Sono state inoltre trovate tracce di impronte digitali su diversi altri ordigni.

Secondo i giornali, gli investigatori starebbero ora comparando le tracce di DNA rilevate con i profili genetici delle undici persone che sono indagate, e con quelle di altre venti persone che non sono indagate ma che si sarebbero dette disponibili a collaborare alle indagini.

Le indagini erano state riaperte dopo che nel novembre del 2022 era stato presentato un esposto da parte del giornalista Marco Maisano, autore del podcast Fantasma – Il caso Unabomber, e da due delle vittime delle bombe, Francesca Girardi e Greta Momesso. Maisano aveva spiegato che nella realizzazione del podcast era riuscito a entrare nel luogo dove sono conservati i reperti delle indagini a Trieste e di aver trovato vari elementi, tra cui capelli e peli, che all’epoca non erano stati sottoposti a esami genetici.

Dopo la riapertura delle indagini, la procura di Trieste aveva chiesto al giudice delle indagini preliminari (gip) di poter effettuare un incidente probatorio su alcuni reperti tra gli oggetti sequestrati nell’ambito delle indagini che furono fatte negli anni scorsi. L’incidente probatorio, che era stato poi effettuato nel marzo del 2023, è il procedimento con cui si anticipa e si acquisisce la formazione di una prova nel corso delle indagini preliminari: serve cioè a “cristallizzare”, come si dice in gergo, eventuali prove che potrebbero essere utilizzate nel corso di un processo.

– Leggi anche: La storia dell’Unabomber italiano, che non è mai stato scoperto

La notizia del ritrovamento delle tracce di DNA diffusa dai giornali è stata molto criticata dagli avvocati difensori delle persone indagate nell’inchiesta. Maurizio Paniz, che difende Elvo Zornitta, ingegnere di Azzano Decimo che fu tra i principali indagati nella prima inchiesta archiviata nel 2009, ha detto che «né il gip, né la procura e nemmeno i suoi consulenti mi hanno reso edotto di una notizia che, se davvero è stata fatta filtrare all’esterno, rappresenterebbe una grave falla in un sistema democratico e di diritto». Paniz ha aggiunto che sarebbe «felicissimo se davvero ci fosse qualsiasi approfondimento in grado di individuare il responsabile» degli attentati, ma che «come ho sempre detto, nutro più di qualche perplessità sulla corretta conservazione dei reperti, dalla quale dipende la garanzia delle prove».