L’inchiesta per corruzione e le grandi opere di Genova

L'indagine che ha portato all'arresto del presidente ligure Giovanni Toti rischia di avere conseguenze su molti cantieri attesi da anni

Una delle gallerie del terzo valico
Una delle gallerie del terzo valico (ANSA/TINO ROMANO)
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Nelle ultime due settimane il sindaco di Genova Marco Bucci si è dato molto da fare per limitare le conseguenze dell’inchiesta che ha portato all’arresto per corruzione di Giovanni Toti, il presidente della Liguria. Bucci ha parlato più volte dei cantieri già aperti, dei risultati raggiunti grazie al cosiddetto “modello Genova”, delle opere che i genovesi aspettano da decenni, e sta cercando di trasmettere l’idea che l’inchiesta sia un semplice incidente di percorso. Il sindaco, e come lui molti imprenditori genovesi, teme infatti che le accuse possano rallentare e in alcuni casi compromettere tutto il lavoro fatto finora. «C’è una città da portare avanti e 7 miliardi da investire», ha detto.

Dopo il crollo del ponte Morandi, nell’agosto del 2018, lo Stato diede molti soldi e poteri a Genova e alla Liguria. Un mese e mezzo dopo la tragedia il governo approvò il decreto chiamato “Genova” che assicurò soldi per la ricostruzione del ponte e regole speciali per aprire i cantieri nel più breve tempo possibile. Erano le basi per un modello di gestione che prese anche questo il nome della città, fatto di procedure meno rigorose rispetto al resto d’Italia gestite da un commissario con molta libertà d’azione. Il modello “Genova” prevede meno autorizzazioni, tempi degli appalti più brevi e una serie di deroghe alle norme che possono rallentare i cantieri, ad eccezione di quelle relative a possibili reati, alle disposizioni antimafia e alla sicurezza sul lavoro.

Grazie a queste nuove regole il ponte Morandi fu abbattuto e ricostruito in soli due anni e furono autorizzate e finanziate opere di cui si parlava da lungo tempo come la diga foranea, il terzo valico, la gronda, il tunnel sotto al porto, lo scolmatore. Il PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza che contiene riforme e sovvenzioni nell’ambito del Next Generation EU, di cui l’Italia beneficia per quasi 200 miliardi di euro, ha aggiunto altri soldi e snellito ulteriormente le procedure.

Molte delle persone arrestate per l’inchiesta hanno gestito o almeno avuto a che fare con molte di queste opere. L’attenzione degli investigatori si è concentrata in particolare sulla gestione degli spazi commerciali del porto, i terminal, assegnati ad aziende private per far approdare le navi e gestire le merci. Oltre a Toti, tra gli arrestati ci sono anche l’imprenditore portuale Aldo Spinelli e l’ex presidente dell’autorità portuale Paolo Emilio Signorini, accusato di aver accettato tangenti in cambio di favori nell’assegnazione delle concessioni degli spazi del porto. È quindi inevitabile che l’opera più interessata dall’inchiesta sia la costruzione della nuova diga foranea del porto di Genova, uno dei progetti più costosi del PNRR.

Fino a quando è stato a capo dell’autorità portuale, Signorini ha gestito direttamente le procedure per la costruzione della diga, di cui sono iniziati i lavori un anno fa. La nuova diga permetterebbe alle grandi navi portacontainer di entrare nel porto con più facilità. Secondo le stime costerà 1,3 miliardi di euro, di cui 500 milioni stanziati dal fondo complementare del PNRR finanziato con risorse nazionali, 100 milioni di euro dal fondo per le infrastrutture portuali, 264 milioni dalla banca europea degli investimenti (BEI) e 86 milioni di euro dall’autorità portuale e dalle amministrazioni locali. L’appalto per la costruzione è stato vinto da un consorzio di imprese guidato dal gruppo Webuild, la stessa azienda che ricostruì il ponte di Genova.

Nell’agosto del 2023 la procura di Genova aveva già aperto un’inchiesta sull’appalto di quest’opera. I reati ipotizzati erano abuso di ufficio, turbativa d’asta e attentato alla sicurezza della navigazione, mentre la Corte dei Conti aveva parlato di un possibile danno erariale per il mancato rispetto di alcune norme.

Intervistato dal Corriere della Sera, l’amministratore delegato di Webuild Pietro Salini ha assicurato che i lavori andranno avanti senza problemi nonostante l’inchiesta che ha portato agli arresti di Toti e Signorini. «Negli ultimi anni a Genova abbiamo ricostruito il ponte in tempi record, lavorando fianco a fianco con le istituzioni della città», ha detto Salini. «Chi amministra Genova e la Liguria ci ha sempre rappresentato le esigenze di una realtà che considera il porto un’infrastruttura vitale. E tutti dicono questo, non solo Toti e Bucci».

– Leggi anche: I progetti intorno al porto di Genova che hanno portato agli arresti in Liguria

Un altro cantiere molto complesso e costoso è quello del Terzo Valico, la rete ferroviaria ad alta velocità che dovrebbe collegare il porto di Genova a Tortona per poi allacciarsi alle due reti già esistenti che da Tortona o da Novi Ligure, entrambi in Piemonte, proseguono verso Milano o verso Torino. Del progetto del Terzo Valico si parlava già a metà degli anni Novanta, quando l’Italia iniziò a investire sull’alta velocità ferroviaria. Nel 2001 il secondo governo Berlusconi inserì l’opera nell’elenco delle «infrastrutture strategiche», e negli anni successivi continuarono le fasi di studio e progettazione.

Tra il 2016 e il 2018 il progetto finì al centro di alcuni scandali legati a presunte tangenti e favori personali, e diverse persone coinvolte nel progetto furono indagate per corruzione, concussione e turbativa d’asta. Il processo di primo grado si è concluso nel 2022: su 27 persone imputate 20 sono state assolte «perché il fatto non sussiste», e le altre hanno ricevuto condanne inferiori ai due anni. Tra gli imputati c’era anche l’amministratore delegato dell’azienda Webuild, Pietro Salini, che è stato assolto.

La nuova tratta sarà lunga 53 chilometri, di cui 37 in galleria, e i treni potranno viaggiare con una velocità massima di 250 chilometri all’ora. L’obiettivo è di finire i lavori entro due anni.

Lo scorso novembre si è discusso della possibilità di togliere il progetto dal PNRR, in modo da evitare problemi nel caso in cui i lavori non dovessero essere completati in tempo. La questione causò uno scontro tra il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, favorevole all’eliminazione del Terzo Valico dal PNRR, e il ministro per i Trasporti e le Infrastrutture Matteo Salvini, secondo cui invece era necessario mantenerlo tra gli obiettivi europei. E il presidente della Liguria, Toti, era d’accordo con Salvini.

Anche della Gronda si parla da quasi 30 anni. È il nome dato a un progetto che ha lo scopo di rendere più agevole il traffico autostradale che da nord e da ovest della città di Genova si muove verso est. Nel 2009 cinque progetti di tracciato per la Gronda furono sottoposti a un dibattito pubblico con la cittadinanza e, al termine della consultazione, iniziò il complesso e lungo percorso di autorizzazione, contestato da un piccolo gruppo di attivisti, i “Nogronda”, sostenuti anche da alcuni consiglieri locali del Movimento 5 Stelle. In questo caso i lavori non sono ancora iniziati: servono le ultime autorizzazioni da parte dei ministeri delle Infrastrutture e dell’Ambiente, ma i lavori preparatori al cantiere, che in teoria dovrebbe durare una decina d’anni, sono già stati completati.

La Regione Liguria ha un ruolo di primo piano in tutte queste opere e l’arresto di Toti non può che avere conseguenze, almeno sui tempi. «Genova è un territorio che ha ricevuto un grande numero di finanziamenti e non vorrei che questa fosse un’altra occasione persa», ha detto il presidente di Confindustria Genova, Umberto Risso. «Ci sono procedure autorizzative, decisioni che devono essere prese, riunioni che, a causa dell’inchiesta, potrebbero ritardare e questo è un danno perché i tempi sono stretti».

Le opere che rischiano i rallentamenti maggiori sono le due di cui Toti è commissario straordinario: lo scolmatore e il rigassificatore a Vado Ligure.

Lo scolmatore è una grande galleria che dovrebbe alleggerire il principale torrente della città, il Bisagno, in caso di grandi afflussi provocati dalla pioggia. È un’opera essenziale, e la storia di Genova lo dimostra: negli ultimi 50 anni ci sono state molte alluvioni che hanno causato morti, feriti e danni a case e strade. Secondo le previsioni, la nuova galleria garantirà lo smaltimento in mare di 450 metri cubi d’acqua al secondo, mentre la copertura del torrente, i cui lavori sono già conclusi, permetterà lo smaltimento di altri 850 metri cubi d’acqua al secondo, per un totale di 1.300. È sufficiente per una quantità d’acqua che, secondo i modelli statistici, cade su Genova mediamente una volta ogni 200 anni.

I lavori sono ripresi lo scorso 4 aprile dopo il provvedimento della Corte d’Appello di Salerno che ha sospeso l’interdittiva antimafia nei confronti del consorzio Research, a cui erano stati affidati i lavori. Research è uno dei maggiori consorzi italiani di ditte edili: 120 società e in totale 5mila dipendenti. L’interdittiva antimafia è un provvedimento amministrativo con cui si limitano le attività di società che, secondo le verifiche della prefettura, sono infiltrate o rischiano di essere infiltrate dalla criminalità organizzata. Queste società non possono lavorare con la pubblica amministrazione.

– Leggi anche: Genova aspetta il suo “scolmatore”

Nel giugno dello scorso anno il governo nominò Toti commissario straordinario per l’installazione di una nave rigassificatrice in Liguria. Una nave rigassificatrice serve a riportare allo stato gassoso il gas naturale liquefatto (spesso indicato con le sigle GNL o LNG): è uno stabilimento industriale indispensabile per poter utilizzare gas proveniente da paesi non collegati all’Italia da gasdotti, come possono essere gli Stati Uniti o il Qatar. Nel luglio del 2023 Toti annunciò che il rigassificatore installato nel porto di Piombino, in Toscana, sarebbe stato spostato in Liguria nel 2026, per la precisione al largo della costa di Vado Ligure. Secondo le previsioni, una volta installato in Liguria potrà continuare a trattare circa 5 miliardi di metri cubi di gas all’anno, più o meno il 7 per cento del fabbisogno nazionale.

Sia nel caso dello scolmatore che del rigassificatore, tuttavia, l’incarico commissariale di Toti è caduto in seguito all’arresto e al momento è vacante perché non può essere passato automaticamente al vicepresidente della Regione Alessandro Piana. La Liguria ha quindi chiesto al ministero dell’Ambiente di nominare un nuovo commissario per non interrompere le procedure che nel caso del rigassificatore sono state finora gestite da Roma, al riparo da possibili ripercussioni.

Queste sono solo le conseguenze dirette a cui se ne aggiungono molte indirette, come gli effetti del clima di incertezza e sospetto all’interno degli uffici della Regione Liguria. Il timore del presidente di Confindustria Genova Umberto Risso è che le pratiche saranno più lente e soggette a intoppi. «Chi la vorrà più mettere una firma, assumendosi la responsabilità da qui in avanti? Temo l’esercito di burocrati», ha detto Risso al Foglio. «Ecco perché il mio auspicio è che non ci si fermi, che non si rallentino le occasioni di sviluppo della città. Prepariamoci a reagire».