Com’è andato il raduno internazionale dell’estrema destra a Madrid
È stato organizzato da Vox e c'erano vari suoi alleati, fra cui Giorgia Meloni e il presidente argentino Javier Milei, le cui parole hanno causato una piccola crisi diplomatica
Domenica 19 maggio nell’arena Palacio de Vistalegre a Madrid circa 10mila persone hanno assistito a Viva24, una convention organizzata dal partito di estrema destra spagnolo Vox a cui hanno partecipato diversi leader ed esponenti di partiti dell’estrema destra europea e internazionale. La convention e le dichiarazioni dei leader sono stati riprese da moltissimi giornali internazionali anche perché mancano meno di tre settimane alle elezioni europee, alle quali è possibile che diversi partiti di estrema destra ottengano più seggi rispetto a oggi guadagnando un peso specifico che finora non hanno mai avuto.
Fra gli ospiti c’erano fra gli altri il presidente argentino Javier Milei; la presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni, che è intervenuta in videoconferenza; la leader del partito francese Rassemblement National, Marine Le Pen, il cui partito è considerato il netto favorito alle elezioni europee in Francia; il presidente del partito portoghese Chega (che significa “Basta”) André Ventura; e l’ex primo ministro polacco di Diritto e Giustizia Mateusz Morawiecki. Il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha invece inviato un breve video pre-registrato.
L’ospite di cui più si è parlato sui giornali internazionali è stato il presidente argentino ultraliberista Javier Milei, che ha partecipato in presenza alla convention. È stata la prima visita di Milei in Spagna da quando è stato eletto presidente, ma per l’occasione non ha incontrato né il re Felipe VI né il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez.
Milei, che si definisce un «anarcocapitalista» e ha posizioni di estrema destra nell’ambito dei diritti civili, ha duramente criticato il governo di sinistra spagnolo e ha poi attaccato direttamente Sánchez, definendo sua moglie Begoña Gómez come «corrotta» e criticandolo per non essersi dimesso: a fine aprile Sánchez aveva valutato se dimettersi a seguito dell’apertura di un’indagine contro la moglie per una denuncia per presunto traffico di influenze illecite presentata da un sindacato vicino all’estrema destra, Manos Limpias.
Sánchez aveva poi deciso di non farlo, sostenendo che le accuse facessero parte di una campagna più ampia di discredito contro di lui e la sua famiglia sostenuta, oltre che da Manos Limpias, anche dai partiti di destra e centrodestra, come il Partito Popolare e Vox.
Il governo spagnolo ha risposto alle accuse di Milei ritirando l’ambasciatrice spagnola in Argentina María Jesús Alonso Jiménez e pretendendo delle «scuse pubbliche». Il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares ha detto che la condotta di Milei durante la sua visita in Spagna, incluso il fatto che non abbia chiesto di organizzare alcun incontro ufficiale con il primo ministro spagnolo, ha infranto «tutte le consuetudini diplomatiche e le più elementari regole di convivenza tra Paesi».
Non è la prima volta che Milei causa con le sue parole degli incidenti diplomatici. Da quando è stato eletto presidente ha avuto problemi con i governi di Cile, Venezuela, Messico e soprattutto Colombia, dopo aver definito il presidente Gustavo Petro un «terrorista assassino».
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Quasi tutti gli ospiti europei hanno invece insistito su una futura alleanza dei partiti di estrema destra dopo le elezioni europee, in programma fra il 6 e il 9 giugno, sebbene al momento siano perlopiù divisi in due gruppi del Parlamento Europeo: i Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR) e Identità e Democrazia (ID). I due gruppi, e quindi i partiti che ne fanno parte, sono accomunati da molti punti fra cui una retorica nazionalista incentrata sulla difesa dei confini e generalmente contraria all’estensione dei diritti civili delle minoranze. Non esiste però un consenso condiviso né sulla guerra della Russia in Ucraina né sul futuro dell’Unione Europea.
ECR ha posizioni tendenzialmente ostili alla Russia. Ne fanno parte Fratelli d’Italia, Diritto e Giustizia e Vox insieme ad altri partiti più piccoli. ECR è insomma un gruppo che tiene dentro sia partiti con tendenze fortemente illiberali sia da partiti che stanno cercando di istituzionalizzarsi e apparire più moderati anche in previsione di una possibile collaborazione dopo le elezioni con il Partito popolare europeo (PPE), il principale gruppo di centrodestra del Parlamento Europeo. Rassemblement National e Chega fanno invece parte di ID, un gruppo che include anche il partito di estrema destra tedesco Alternative für Deutschland e la Lega, che ha posizioni piuttosto esplicitamente euroscettiche e filorusse. Il partito di Viktor Orban, Fidesz, al momento non fa parte di nessuno dei due gruppi.
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Queste differenze sono risultate chiare nel discorso di Meloni, che è stata molto dura su temi tradizionalmente cari all’estrema destra come la lotta all’immigrazione e alla “ideologia gender” e la protezione della famiglia “naturale” e delle «radici cristiane» europee, ma non altrettanto sull’Unione Europea. Meloni ha esortato tutti i partiti di estrema destra a mobilitarsi «per cambiare l’attuale maggioranza del Parlamento Europeo», ma a differenza degli altri leader, in particolare di Marine Le Pen, non ha mai attaccato direttamente la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen o il presidente francese Emmanuel Macron.
Da tempo Meloni, che è anche presidente del partito europeo legato al gruppo ECR, sta cercando di normalizzare i suoi rapporti con i leader europei più moderati, in particolare con von der Leyen, che oltre ad essere la presidente uscente è anche la candidata del PPE per la presidenza della Commissione Europea. Da circa un anno e mezzo c’è fra i due gruppi una convergenza sempre maggiore in materia di politiche migratorie e a febbraio von der Leyen aveva parlato di una possibile alleanza con l’ECR dopo le elezioni, a condizione che venissero lasciati fuori coloro che sono «contro lo stato di diritto» e gli «amici di Putin».
In queste due categorie rientrano i partiti di ID che si oppongono al sostegno dell’Ucraina da parte dell’Unione, come il Rassemblement National, la Lega e AfD – con cui la CDU, il partito tedesco di cui fa parte von der Leyen, non ha contatti – ma anche un importante partito che fa parte di ECR, cioè Diritto e Giustizia, e Fidesz. Entrambi i partiti negli anni in cui sono stati al governo hanno reso Polonia e Ungheria, rispettivamente, due paesi semi-autoritari.
Nonostante i moltissimi discorsi, non sono state presentate delle soluzioni su come superare queste differenze ed eventualmente formare una maggioranza di destra al Parlamento Europeo, cosa mai successa nella sua storia.
Alla conferenza era presente anche il ministro israeliano per gli Affari della Diaspora e la Lotta all’Antisemitismo Amichai Chikli, che ha duramente criticato l’intenzione del primo ministro spagnolo Pedro Sánchez di riconoscere la Palestina come stato.