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  • Domenica 19 maggio 2024

La sinistra spagnola ha paura di fare la fine della sinistra italiana

Per convincere i suoi che sia una buona idea evitare la frammentazione dei partiti, il nuovo leader di Izquierda Unida Antonio Maíllo parla spesso del rischio di «italianizzazione»

Una manifestazione di vari movimenti di sinistra a Siviglia a febbraio (Contacto via ZUMA Press)
Una manifestazione di vari movimenti di sinistra a Siviglia a febbraio (Contacto via ZUMA Press)
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Antonio Maíllo è stato eletto in settimana nuovo coordinatore nazionale di Izquierda Unida (Sinistra Unita), il partito politico di sinistra in cui è entrato nel 1986 il Partito Comunista spagnolo e che nelle ultime elezioni ha fatto parte della coalizione di sinistra Sumar. Maíllo ha vinto le primarie presentando una linea favorevole a restare nella coalizione che raccoglie le maggiori forze di sinistra (un tema dibattuto nel partito), sottolineando i rischi dell’isolazionismo e di quella che ha definito una “italianizzazione” della sinistra spagnola.

Il rischio di «fare la fine della sinistra italiana» è un concetto che Maíllo ha ripetuto spesso negli ultimi tempi: i partiti della sinistra italiana sono presi a esempio di «disarticolazione» ed eccessiva frammentazione, che portano all’irrilevanza politica. Maíllo ha convinto i propri compagni di partito dei pericoli di fare gli stessi «errori autodistruttivi», sottolineando come sia già accaduto in un paese come l’Italia, in cui il Partito Comunista era «centrale», molto più di quanto lo sia mai stato in Spagna.

Izquierda Unida è una coalizione politica nata nel 1986 dalla fusione di varie forze politiche a sinistra del Partito Socialista: nelle elezioni fra il 1989 e il 1996 ha preso circa il 10 per cento dei voti, dimezzando (a grandi linee) i suoi consensi nei vent’anni successivi. Nelle elezioni del 2019 si è presentata in coalizione con Podemos, partito di sinistra radicale nato cinque anni prima, e nel 2023 nella coalizione Sumar, che riuniva tutte le forze di quell’area politica. Sumar ha ottenuto un risultato tutto sommato positivo, risultando la quarta forza più votata ed eleggendo 31 deputati. All’interno di Izquierda Unida c’è però un certo malcontento per gli spazi e la visibilità concessi al partito all’interno della coalizione, ritenuti troppo ridotti, e per la composizione delle liste elettorali per le elezioni europee. Una parte del partito sosteneva l’opportunità di uscire dalla coalizione e ritornare a essere una forza politica indipendente.

Antonio Maíllo in una foto del 2015 (EPA/JOSE MANUEL) VIDAL

Maíllo, che è un professore di liceo ed è stato coordinatore del partito in Andalusia, ha contrastato questa volontà “isolazionista” citando prima su  X (Twitter), poi nei comizi e in un’intervista al quotidiano El Pais il rischio di una italianizzazione: «Sappiamo che fine ha fatto l’Italia, con una sinistra frammentata, quando era la più potente dell’Occidente, e un’estrema destra senza più complessi, dove governano i nipoti politici di Mussolini. Il ruolo del partito è assumersi questa responsabilità».

Il pericolo di “italianizzazione” ha animato un dibattito all’interno della sinistra spagnola e sui giornali, che hanno fatto ricerche su quello che è successo in Italia, ed è stata generalmente sottolineata la poca influenza delle forze politiche nate e succedutesi alla sinistra del Partito Democratico in Italia. El Pais per capire meglio per esempio ha sentito Andrea Donofrio, professore di Storia politica all’Università Complutense di Madrid esperto di politica italiana, che ha detto: «Se oggi chiedete per strada [in Italia] quale sia il partito che si presenta a sinistra del PD, la stragrande maggioranza non ne ha idea. È impossibile starci dietro. E questo in un paese in cui il PCI era quasi tutto. C’è un intero elettorato di sinistra che è apatico e disilluso, orfano».

Maíllo ha invece suggerito come modello alternativo e positivo per una federazione delle forze politiche di sinistra la confederazione sindacale spagnola Comisiones Obreras, che conta su oltre un milione di iscritti e che secondo il neoeletto coordinatore di Izquierda Unida garantisce al tempo stesso unità e pluralità, perché «chi perde un congresso non se ne va e fonda un altro sindacato e chi vince sa fare la maggioranza, rispettando le minoranze».