È morto il giornalista Franco Di Mare
Aveva 68 anni e un mesotelioma, tumore raro associato soprattutto all’esposizione all’amianto
Venerdì è morto a Roma il giornalista italiano Franco Di Mare, che aveva 68 anni ed era malato da tempo di mesotelioma, un tumore raro che colpisce più frequentemente gli uomini ed è associato soprattutto all’esposizione all’amianto. Lo ha comunicato la famiglia con una nota.
Nelle scorse settimane Di Mare aveva collegato la propria malattia all’attività che svolse da inviato di guerra tra la fine degli anni Novanta e la prima metà degli anni Duemila, criticando la Rai, azienda per cui ha lavorato per molti anni, che avrebbe mostrato una certa indifferenza nei confronti di alcune sue richieste relative alla malattia.
Franco Di Mare, il cui vero nome era Francesco, era nato a Napoli il 28 luglio del 1955. Aveva iniziato la sua carriera negli anni Ottanta, lavorando come cronista giudiziario per L’Unità e Radiocor, l’agenzia stampa del Sole 24 Ore. Nel 1991 era entrato nella redazione esteri del Tg2, per cui si era occupato di guerre in varie parti del mondo, fra cui la Bosnia, il Kosovo e l’Afghanistan. Dopo aver condotto vari programmi, tra cui Unomattina, Unomattina Weekend e La vita in diretta, dal maggio 2020 al giugno del 2022 era stato direttore di Rai 3.
A Di Mare era stata diagnosticata la malattia nel 2021, ma ne aveva parlato per la prima volta in pubblico lo scorso 28 aprile con una intervista al Corriere della sera. Poche ore dopo ne aveva parlato in diretta come ospite al programma Che tempo che fa, in onda su Nove e condotto da Fabio Fazio.
Parlando della propria malattia e di come l’aveva collegata al suo lavoro, aveva detto al Corriere: «Da inviato di guerra sono stato a lungo nei Balcani, tra proiettili all’uranio impoverito, iper-veloci, iper-distruttivi, capaci di buttare giù un edificio». Aveva aggiunto: «Ogni esplosione liberava nell’aria infinite particelle di amianto. Ne bastava una. Seimila volte più leggera di un capello. Magari l’ho incontrata proprio a Sarajevo, nel luglio del 1992, la mia prima missione. O all’ultima, nel 2000, chissà».
Parlando della Rai, Di Mare aveva raccontato di aver chiesto l’elenco delle missioni svolte «per supportare la diagnosi», e di aver mandato almeno dieci mail a diversi dirigenti, dall’amministratore delegato in giù, senza ricevere risposta: «Con alcuni prendevo il caffè ogni mattina. Ero un dirigente come loro, direttore ad interim di Rai 3. Gli ho scritto messaggi sul cellulare chiamandoli per nome: “Ho una malattia terminale”. Mi hanno ignorato».
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