I primi aiuti partiti dal molo temporaneo costruito dagli Stati Uniti sono arrivati nella Striscia di Gaza
Grazie a un sistema logistico complesso messo in piedi dopo mesi di lavori e alti costi: sarà l'ONU a gestire gli aiuti sulla terraferma
Venerdì mattina sono arrivati nella Striscia di Gaza i primi aiuti umanitari partiti dal molo temporaneo costruito dall’esercito degli Stati Uniti davanti alla costa della Striscia. Il molo, che era stato annunciato all’inizio di marzo, è stato costruito in un paio di mesi e ancorato definitivamente giovedì.
I primi carichi di aiuti sono arrivati da Cipro (dove gli Stati Uniti hanno la base delle operazioni, per la vicinanza geografica), e poi sono stati trasportati a Gaza con un sistema logistico complesso, gestito in collaborazione dall’esercito americano e dalle Nazioni Unite. Il primo carico che ha raggiunto la costa comprende barrette nutrizionali per 11 mila persone, alimenti terapeutici per 7.200 minori malnutriti e kit per l’igiene personale per 30 mila persone. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere che sperano di riuscire a trasportare tramite il molo 90 camion di aiuti al giorno, che a regime dovrebbero diventare 150. È un aiuto importante, ma non sufficiente: prima dell’inizio della guerra, a Gaza entravano via terra circa 500 camion al giorno di generi alimentari e altri beni.
Il molo temporaneo costruito dagli Stati Uniti (il cui nome ufficiale è JLOTS: Joint Logistics Over-the-Shore, che si può tradurre con “logistica coordinata sulla costa”) è composto da due parti: una grande piattaforma galleggiante ancorata al largo della Striscia e il molo vero e proprio, che è collegato direttamente alla costa con una lunga passerella, fatta in modo che i camion possano transitarci sopra. Gli aiuti umanitari arrivano da Cipro tramite grandi navi da carico, che attraccano alla piattaforma galleggiante al largo. Gli aiuti vengono scaricati sulla piattaforma e caricati su navi militari più piccole, che li trasportano al molo ancorato alla costa. Da lì, vengono infine caricati su camion che li portano sulla terraferma, dove sono consegnati alla missione del Programma alimentare mondiale dell’ONU, che si occupa della distribuzione.
È un procedimento piuttosto articolato, come hanno riconosciuto anche i funzionari del dipartimento di Stato che ne hanno parlato giovedì ai giornalisti: «Consegnare aiuti umanitari via mare è un’operazione eccezionale e complicata», ha detto il vice ammiraglio Brad Cooper, uno dei responsabili, che dopo aver spiegato ai giornalisti tutti i numerosi passaggi ha aggiunto: «Quello che possiamo dire per ora è che il procedimento funziona».
La costruzione del molo era stata decisa dall’amministrazione americana di Joe Biden per cercare di alleviare la gigantesca crisi umanitaria della popolazione civile provocata dalla guerra nella Striscia. La costruzione si è resa necessaria, secondo l’amministrazione Biden, perché dall’inizio della guerra Israele impone limitazioni massicce all’ingresso degli aiuti nella Striscia di Gaza via terra, che sarebbe ovviamente il metodo migliore e più efficiente per distribuire generi alimentari e altri beni di prima necessità alla popolazione.
Ad aprile, secondo le Nazioni Unite, erano entrati nella Striscia di Gaza 189 camion al giorno in media, contro i 500 che sarebbero necessari (aprile peraltro è stato il mese migliore da questo punto di vista: nei mesi precedenti i camion che riuscivano a entrare a Gaza erano molti meno). L’inizio delle operazioni militari a Rafah a maggio ha però complicato ulteriormente le cose, al punto che per qualche giorno tutto il sud della Striscia di Gaza è rimasto isolato, e senza possibilità di ricevere aiuti.
Questa situazione di emergenza, già a marzo, aveva convinto gli Stati Uniti che era necessario far arrivare gli aiuti via mare, pur sapendo che sarebbe stato estremamente costoso e inefficiente. Secondo fonti di Reuters, la costruzione del molo temporaneo è costata 320 milioni di dollari, e il suo funzionamento deve essere garantito da circa 1.000 soldati, tra le persone che si occupano della logistica e quelle che si occupano della sicurezza. Il molo rischia di essere danneggiato o distrutto dalle intemperie, e ovviamente costringe i soldati americani a operare molto vicino a una zona pericolosa come la Striscia di Gaza.
Il governo americano ha per questo ribadito che nessun soldato americano metterà piede nel territorio della Striscia, e rimarrà sulla piattaforma e sul molo: della consegna degli aiuti si occuperanno le Nazioni Unite.
Gli Stati Uniti avevano avviato il progetto nonostante i dubbi del governo israeliano, che per anni ha impedito la costruzione di moli e porti a Gaza, ritenendoli un pericolo per la sicurezza. In seguito i funzionari americani hanno detto tuttavia che Israele ha collaborato al progetto del molo temporaneo. Alla consegna di aiuti umanitari tramite il molo partecipano anche altri paesi, come Cipro, che ospita il centro di smistamento degli aiuti, il Regno Unito e altri.